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Dopo che la porta ha sbattuto
«Tu con quante ragazze sei stato? »
«Vediamo... una... sei... nessuna. »
«Non ci credo. »
«Te lo giuro. »
Il sapore disgustoso della sigaretta continua a girarmi nel palato. Ma come si fa a fumare? Che sapore immondo. Cielo. Le cinque e mezza. Sono ancora in piazza. Solo.
Un barlume di sole. Nascosto ogni tanto da un cielo un po' geloso. Come nella canzone di Sting.
Ho lasciato il lettore a casa. Cazzo.
- Dove cazzo eri finito?
Mi giro. Gli occhi sono ancora un po' indolenziti. Claudia.
Canotta verde di cotone. Pantaloni a tre quarti grigi con il cavallo un po' basso. Converse bordeaux. Senza trucco. Capelli lisci e una piccola frangetta che copre la fronte. Ma non gli occhi. Quegli occhi enormi pieni di dolce infanzia e dolce futuro. Bellissima. E incazzata.
Io sono seduto e lei in piedi, con le braccia incrociate, assumendo la posizione della mamma arrabbiata. Per aumentare lo stereotipo ogni tanto batte il piede destro per terra, in attesa della mia giustificazione.
Fa caldo.
Non parlo. Non sorrido. Eppure vorrei farlo. Eppure vorrei lanciarmi su di lei. Eppure vorrei prendere il primo autobus e lasciarmi alle spalle tutto. Eppure non sono codardo.
- Allora?
È la prima volta che la vedo così severa. Così protettiva?
- Ero a casa. Un po' di casini. Tu come stai?
- Io sto bene, benissimo. Se non fosse per un coglione che ha deciso di sparire per un paio di giorni potrei stare anche meglio. Adesso dimmi cosa sta succedendo.
La guardo. Bellissima. La canotta, i pantaloni, gli occhi, un po' di terra, le mani. Bellissima. Da quanto stiamo insieme? Un paio di settimane. Colpo di fulmine? Alla mia età non posso pretendere altro. Forse devo pretendere solo questo. Un bel ragazzo, una bella ragazza. Mi piaci. Ti piaccio. Bacio. Siamo insieme. Mano per mano. Si studia insieme. Mano per mano. Mano per mano. Bellissima. Claudia.
- Sai cosa ti dico? Vaffanculo. Non mi chiamare. Ciao.
Si gira e se ne va verso nessun luogo. Mi tocca immedesimarmi nella parte. Istinto. Recitazione. Istinto. Mi alzo e la seguo. La afferro per un braccio.
- Non mi toccare.
Sta per piangere. La abbraccio. Oppone una debole resistenza. Si abbandona al mio corpo. Scoppia in un pianto furioso. Per fortuna che non è truccata. Ho addosso la maglietta nuova.
- Dimmi dove sei finito, ti prego, sono impazzita, ti chiamavo e il tuo telefono era sempre spento.
La bacio. Un piccolo bacio a stampo sulle sue labbra carnose. Si è calmata? Gli occhi sono grossi come quelli di una rana. Claudia. La invito a sedersi con me sui gradini della fontana. Fa caldo.
Mano per mano.
Le racconto dell'inferno.
Le racconto di tutti i gironi.
Le racconto di quello che mi passa per la testa.
Le racconto del mio odio.
Le racconto della mia rabbia.
Non le racconto della mia tristezza, della mia paura, della mia delusione, della mia illusione. Perché sono storie che non esistono.
Mano per mano.
Mi ascolta in silenzio, rompendolo ogni tanto con qualche piccolo singhiozzo.
Mano per mano.
Mia mamma che esce di casa sbattendo la porta. Mio papà che mi dice che la mamma va per un po' dalla zia. Divorzio. Un pensiero.
Uno schifo.
Un inferno.
- Qual è il problema? Loro che si separano o loro che non si amano?
Rimango un attimo in silenzio. Claudia. Intelligente. Sveglia. Stronza. Sa dove colpirmi. L'istinto.
- Sono insieme da diciotto anni, Claudia. Che senso ha separarsi dopo tanto tempo? Diciotto anni di amore. Diciotto anni di progetti. Che significa? Sono due codardi. Basterebbe parlarne. Sembrano due bambini di otto anni.
- Se due persone non si amano più è giusto che si lascino. Io la penso così.
Una tonnellata di mattoni mi investe, sotterrandomi in me stesso. Orgoglio. Presunzione. Istinto.
Mi incazzo. Mi erigo a Dio onnipotente e comincio una filippica sul perché ho ragione io, sul perché ho ragione soltanto io, sul perché ho ragione assolutamente io.
Un idiota.
Lei mi guarda. Gli occhi sono rossi. La smorfia esprime disgusto e pietà. Sono un idiota.
- Scusami.
- Non ti preoccupare. Non posso dirti che capisco. Però posso immaginare la merda che hai nel cervello, nel cuore, nell'anima.
- Cioè. Come può finire tutto? Due si amano e poi... due si lasciano. Si fanno promesse, si fanno giuramenti e poi un ciao, una porta che sbatte e fanculo a tutto. Io... non capisco.
- Anche io non le capisco. Ma succede. So che succede.
Il mio orgoglio. La mia superbia. Il mio lato oscuro. Forse quello più vero. Forse quello più normale. Devo scappare devo scappare devo scappare.
No.
No.
Devo rimanere. Posso rimanere. Devo rimanere perché posso. Posso perché devo.
È la prima volta che discuto qualcosa con Claudia.
Siamo diversi. Eppure siamo insieme. Mano per mano. Da due settimane.
- È per questo che non voglio mai prometterti che non ti lascerò. Perché neanche io so cosa succederà, tra una settimana, tra sei mesi, tra vent'anni. So solo che ora voglio stare con te. Mi piaci. Mi piaci soltanto tu. Voglio stare con te. Sento un qualcosa di strano che mi spinge a stare con te.
- Amore?
- Potrebbe essere.
Rimaniamo in silenzio. Ancora il silenzio. Ci guardiamo dritti negli occhi. Io forse sorrido perché vedo che lei sorride. Cosa sta succedendo?
Là fuori l'inferno.
Qui dentro il paradiso?
- Ti va di venire a casa mia?
Mi chiede.
Mi sveglio. Deve essere sera inoltrata. Fuori è buio. Sento un leggero mal di schiena.
Istinto. Mano per mano.
Mi giro. Lei è lì. Dorme. Sembra che sorrida. Il suo buffo pigiama. Fa un caldo atroce.
Sono a casa sua, sul letto matrimoniale dei suoi genitori. Un sogno. Un sogno. Per un attimo gli occhi mi si gonfiano. Ho sete, vado in cucina, sperando di ricordarmi dove si trova.
Apro il frigorifero ed estraggo una bottiglia di succo al pompelmo. Lo rimetto a posto. Prendo una lattina di Moretti. Prima o poi dovrò assaggiarla. Questo mi sembra il momento migliore.
Sorseggio.
Goduria.
È amara.
Ma è una goduria.
La scolo praticamente in un fiato, non preoccupandomi della possibile congestione che potrebbe scaturirne.
Quando oggi pomeriggio siamo venuti qui abbiamo passato un breve lasso di tempo sul divano del soggiorno. Lei mi ha chiesto con quante l'avessi fatto. Ho dovuto giurare su ogni cosa esistente e non che ero vergine, dalla testa ai piedi. Non mi credeva.
Un bacio. Un lungo bacio.
Le ho sfiorato il seno, imbarazzato. Un piccolo gemito. Il sudore. Altri piccoli gemiti. Le tocco il fondoschiena, lo afferro. Le bacio il collo. Tutto d'istinto. Piccoli morsi. La canotta oltre il divano. Perseo che la annusa e poi torna a dormire. Mano per mano. In camera dei suoi.
Mi scappa una lacrima.
Piango come un coglione.
Piango di felicità.
Una giornata pazzesca.
Ne devo trarre qualcosa. Forse devo scendere dal mio albero della saggezza. Capire meglio gli altri. Ma ho paura. Io ho degli ideali. Io voglio stare con Claudia per sempre. Abbiamo solo sedici anni. il mondo ci insegna che prima o poi tutto finisce. Succede anche a persone di quarant'anni. Ma perché? Perché?
Perché l'amore si esaurisce?
Se due si lasciano non c'è stato il vero amore. Sono dell'idea che il vero amore, quello animale, quello più grezzo ti porti a rinunciare a tutto tranne che alla persona che ami. Il mio è vero amore? Rinuncerei a tutto per Claudia. Cazzo sì. Cazzo no. Non lo so.
Prendo un'altra birra. Lei è di là che dorme. Lo abbiamo fatto. Ci siamo tatuati sui cuori i nostri nomi. La nostra prima volta. In amore. Nel sesso.
Cosa innescherà la bomba che ci farà lasciare?
Come potremo lasciarci?
Perché mamma e papà si separano?
Perché nei film americani si vede tutto quel sesso e lo dipingono come giusto e legittimo? E perché alla fine il "vero amore" trionfa sempre? È giusto provare, testare, fare mille giri? Per avere un confronto? Per andare sul sicuro? Non è più bello rischiare? Forse no.
Io combatterò. Sempre.
Non ho sonno.
Ma tornerò a letto. La abbraccerò e le darò un bacio.
Domattina faremo colazione.
Scambieremo altre quattro chiacchiere.
Chissà dove sono mamma e papà.
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