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Antichrist VIII
Push. Sapevo che lo avrei trovato qui. Sapevo che lo avrei trovato così. Cerco di riprenderlo come posso ma è davvero troppo fatto. Guardo Gabriele dietro il bancone, vestito da "angelo" alieno, seminudo a servire alcool puro come liquido inebriante, innocente come una sfida alla bellezza, stronzo e bastardo come l'ultimo dei vermi, gli chiedo se può aiutarmi con Push e lui mi dice che lo farebbe se io lo facessi con lui.
Ghigna divertito.
Una volta tanto mi servo dell'influenza di venere per ammiccare e promettere, pur di andar via da lì, pur di aiutare Push.
Ma il demonio è sospettoso, non ci crede, mi fa cenno di andare affanculo, ma poi mi aiuta lo stesso urlando in quell'inferno"siamo all'Antichrist, Chiarina, qui tutto è possibile, ma so che non mi darai mai la soddisfazione d'infilarti la mano tra le gambe e farti sentire donna per davvero. Ti mando a cagare per l'ennesima volta e cazzo, mica ce l'hai solo tu. E muoviti con quello stronzo, cerca di tirarlo su, mi fa pena il bastardo, mi fa proprio schifo, non ha ritegno, non ha vergogna" ride mostrando i denti da vampiro che si sarà fatto innestare, canini affilatissimi, rivoltanti, proprio rivoltanti.
Entriamo in un corridoio dietro il bancone, c'infiliamo in un tunnel e il rimbombo dell'inferno ancora ci raggiunge, vibrazioni che viaggiano più veloci di noi, che ci inseguono, che forse ci fanno da sottofondo anche quando non le sentiamo, perché è così che viviamo, come scoppi, come lampi sonori, luce e suono a rincorrersi..
Entriamo in una porta rossa, dentro c'è un salotto e le luci soffuse. Portiamo Push in bagno, continua a vomitare, a farfugliare sulla morte, Big Mat, la figlia di qualcuno, poi vomita ancora, poi sta per collassare.
Gabriele arriva con una siringa in mano, lo guardo come per fulminarlo, non capisco, gli chiedo cosa sia, lui mi risponde che gli farà bene, che lo riprenderà, che è una specie di antidoto alle caramelle, l'unico antidoto che può salvarlo.
Non mi fido, non so perché ma non mi fido, mi metto tra lui e Push, Push che non da più segno di vita.
Ci vogliono pochi secondi, Gabriele cerca di togliermi di mezzo, lo capisco al volo, mi fa male un braccio, il viso, sono stanca ma ho la forza di prendere qualcosa dal tavolino accanto, non so, uno scatto felino, come quello che faceva il mio gatto quando lo prendevo alla sprovvista, l'istinto era sveglio, ero in adrenalina pura senza prendere niente.
Gabriele è a terra. Si lamenta come un bambino, ha un taglio sulla fronte, profondissimo.
Mollo per terra quella specie di candeliere di cristallo, mi giro verso Push e lui è seduto sul divano, catatonico, con l'ago infilato nel braccio, l'ha fatto da solo, che stronzo, stronzo, perché, perché?
"lo sapevi Chiara... Chiara, lo sapevi che voglio morire?" e cerca di ridere ma cambia espressione.
Resto impietrita e Gabriele sta per rialzarsi e qui si mette male e devo pensare e devo fare qualcosa.
La mano di Gabriele mi cala fredda sul collo, stringe quel tanto che basta per convincermi a restare ferma.
Push cerca di tirarsi su, Gabriele fa scivolare la mano sulla mia schiena.
Push si tira su del tutto, Gabriele mi tocca le natiche mentre mi dice che è meglio che stia ferma perché è incazzato davvero e mi spezza il collo se mi muovo e poi... Il caos!
Push e le luci, il rimbombo, Gabriele, il sangue urlo, urlo, qualcuno mi spinge, sono nel tunnel, Push mi urla"corri corri cazzo corri!"
Siamo dietro il bancone, è quasi buio, comincia un pezzo da depressione post adrenalinica, poi cambia e si trasforma, noi siamo quasi all'uscita, non so come abbia fatto Push, non so cosa c'era in quella siringa ma ora lui mi teneva il polso e mi trascinava fuori dall'inferno.
Una mano grande come una casa, si appoggia sulla sua spalla "hey, dove credi di andare, non mi saluti, eh, stronzo di uno sbirro" . Big Mat, la sua delicatezza d'elefante. Push gli si avvicina all'orecchio.
Big Mat mi guarda, mi fa l'occhiolino, che gli viene proprio male, ci fa passare, ci fa uscire.
L'aria è aria finalmente. Push mi guarda come se ricordasse, finalmente. Abbassa gli occhi e mi porta via da lì. Mi giro un attimo. Fuori c'è Big Mat, che ci osserva, immobile.
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1 recensioni:
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- Un'opera piena di dinamismo e ritmo: mi ha molto ricordato il linguaggio del fumetto e del cinema:esistono altre parti di quest'opera?
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