Sembrerebbe il titolo di una canzoncina da festival di Sanremo invece é il risultato di una profonda riflessione introspettiva da cui si evince sia la causa di almeno il 50% di tutti gli errori umani, grandi o piccoli che siano.
Spesso è un vizio congenito a se stante che l'uomo si porta dietro sin dalla nascita come un marchio di carattere che lo accompagna per tutta la vita, inconsapevolmente, che costringe il prossimo, quelli molto prossimi, a prendere le naturali contromisure pur senza scalfire minimamente il trasporto affettivo nei confronti dell'ignaro portatore sano.
Altre volte ancora, ed è questa la maggioranza dei casi, è la componente di varie cause: intempestività, ovviamente fretta, falsa sicurezza nei propri mezzi, vanitosa presunzione e, soprattutto, l'ottusità di non prestare la dovuta attenzione a ciò che si sta facendo perché la mente, infarcita di tutti i difetti sopraccitati, viaggia su binari diversi, incurante di quanto avviene sotto i propri occhi.
Quante volte, proprio per questi motivi, da studenti sbagliamo il compito in classe pur avendo studiato?
Quante volte diciamo di si a specifiche richieste che ci vengono fatte direttamente senza aver sentito una sola parola del contenuto che ci viene richiesto?
Quante volte credendo di aver capito una cosa prendiamo le migliori cantonate?
L'elenco sarebbe lungo a morire se ad accorciarlo non subentrasse una panacea palliativa, più che altro una scusante che la mente elabora per ridimensionare gli errori commessi. Allora sotto con i luoghi comuni più stupidi e scontati quali <<ma sì, tanto non è la fine del mondo!>>, <<ma poi non è nulla di grave!>>>, <<su con la vita che tutto passa!>> e via dicendo...
Personalmente, essendo uno che di cantonate ne vado prendendo a iosa, mi sono fatto una personale giustificazione risalente a molti anni fa quando conoscevo un ragazzo molto timido. Questi si era preso una spaventosa cotta per una ragazza verso la quale non riusciva a spifferare alcuna parola. Alla fine, però, dopo molti anni di eroica sofferenza passionale, riuscì a esprimersi e grande fu la sua gioia quando lei gli disse di sì. Senza badare ad alcun particolare o sentire ragioni fissò la data delle nozze. Quel giorno sull'altare la sposa si presentò con un trio di paggetti che la chiamavano mamma. Invano si cercò di far aprire gli occhi all'infatuato sposo poiché questi, per tutta risposta, asseriva: "se bado a tutte queste piccolezze non me la sposerò mai!".
Ecco, io potrei essere come quello sposo e forse in qualche modo lo sono, si sa che chi è colpito dalla malattia della superficialità mal s'avvede dei disastri che va combinando, però ufficialmente ci rido sopra e tiro avanti con una bella scrollata di spalle. Però la sera... Cazzo se non mi risparmio almeno una dozzina di imbecille!