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La vita
All'incrocio tra via Mazzini e Piazza Trento Trieste i loro sguardi si incrociarono.
In quell'eterno istante tutto si fermò.
Poi successe qualcosa ed ecco che l'inseguitore incominciò a inseguire l'inseguito.
Uno dietro l'altro di corsa su per via Mazzini poi giù per Pelagio Pelagi e in fondo a sinistra per via Massarenti.
Tra i due la distanza rimaneva sempre costante: 20 metri che diventavano a volte 12 e a volte 33.
Ogni tanto l'inseguito si voltava indietro per guardare l'inseguitore, per vedere se nei suoi occhi continuasse a esserci quella voglia di inseguire.
L' inseguitore, a sua volta, approfittava di quei momenti per guardare gli occhi dell'inseguito, voleva capire se in essi c'era l' intenzione di continuare a scappare dall'inseguitore.
Arrivarono a porta San Vitale.
Entrambi erano stanchi e sudati ma ciò era l'impressione che poteva avere qualcuno che li guardava da fuori poiché in loro non c'era il minimo segno di stanchezza.
Era da tanto tempo che aspettavano questo momento e adesso che erano così vicini dal raggiungerlo avevano perso contatto con il mondo reale. Erano entrati in un mondo tutto loro (dove la fatica e i problemi non esistevano) e in esso avevano scoperto energie mai immaginate prima.
Nel frattempo erano arrivati in piazza Aldrovandi dove l'inseguitore aveva svoltato a destra, giù per Giuseppe Petroni.
Le persone per strada non si rendevano conto di cosa stesse succedendo. Vedevano correre un uomo e quando passava l'altro si erano già dimenticati di aver visto passare il primo.
In Piazza Verdi l'inseguitore stava per girare a sinistra in via Zamboni ma vedendo che c'era una manifestazione decise di proseguire dritto fino a via Indipendenza dove una volta arrivato la tagliò imboccando via riva Reno.
L'inseguitore aveva perso terreno, non lo vedeva più ma sapeva benissimo dove era passato.
Sapeva che non era andato su per via Zamboni a causa della manifestazione ma sapeva che era arrivato in via Indipendenza e poi che aveva proseguito per via Riva Reno e che adesso si trovava all'altezza di via Marconi.
Era come se stesse seguendo una traccia invisibile, forse era l'odore dell'inseguito che l'inseguitore riusciva a sentire come un cane da segugio.
Oppure era semplicemente la simbiosi che si era creata tra i due.
Sarebbero stati tre anni a Dicembre che l'inseguitore cercava di rintracciare l'inseguito, e che l'inseguito cercava di nascondersi dall'inseguitore.
In questi tre anni ogni mattina appena alzato, dopo colazione, pranzo o cena, dopo aver fatto una doccia o un bagno; dopo aver fatto l'amore o dopo aver litigato, c'era sempre, costante, il pensiero di prendere l'inseguito, di trovarlo e di raggiungerlo.
Non era un meccanismo autonomo che faceva parte dell'inseguitore, come respirare, bensì era una necessità, come mangiare.
Da quasi tre anni questo scopo aveva condizionato la sua vita e adesso che era così vicino a raggiungere l'inseguito se ne rendeva conto.
Capiva quanto importante fosse per lui raggiungere l'inseguito.
Oppure no? Forse l'importante non era raggiungerlo ma inseguirlo.
Il labbro inferiore si inclinò verso il basso ma nessuno lo riuscì a vedere.
(Era questa la vita che voleva? Ormai non poteva tornare indietro: anche stasera nessun buon odore lo avrebbe aspettato a casa, eppure continuava a correre)
In tanto forse per la troppa foga nel correre non si rese conto di una signora che attraversava la strada con una carrozzina e inciampò cadendo rovinosamente per terra.
In quel istante 33 metri più avanti, già in via della Grada l'inseguito si fermò, si era voltato indietro e non percepiva più quell'energia, quello sguardo che anche se non veniva dagli occhi lo poteva sentire.
Così si mise a pensare agli ultimi tre anni passati a nascondersi, a evitare di dare traccie di sé, a rimanere come un'ombra nel buio.
Aveva vissuto?
L'idea di avere un' inseguitore alle proprie spalle lo accompagnava ogni volta che si alzava, quando faceva colazione pranzo o cena, quando faceva l'amore, quando litigava, quando faceva la doccia o il bagno.
Sempre lo aspettava dietro l'angolo l'ombra di un inseguitore pronto a prenderlo.
Eppure, adesso che era così vicino a essere raggiunto da quell'ombra si rese conto di quanto non potesse più farne a meno.
Capì che forse i primi tempi aveva avuto paura di essere catturato ma adesso, dopo tre anni vissuti con qualcuno costantemente alle spalle, non era più spaventato, anzi non poteva più farne a meno.
Ma finalmente ecco tornare quella sensazione, quell'energia. Poi riapparve l'inseguitore, ormai a pochi metri.
L'inseguito riprese a correre e adesso si trovava già sui viali di circonvallazione, dove appena arrivato incominciò a risalire in direzione di porta Saragozza.
L'inseguitore adesso era a pochi metri e lo poteva vedere bene.
Se lo immaginava più basso e grasso. Adesso che era a così pochi metri di distanza e poteva vedere anche i nei che aveva sul collo provò dispiacere a vedere che era diverso da come se lo aveva immaginato.
Il tempo di arrivare a porta Saragozza e già proseguivano per San Mamolo.
Nella testa dell'inseguito la fine che incalza. Nella testa dell'inseguitore la fine che scappa.
L'inseguitore intanto era risuscito a riconquistare i 20 metri di margine e adesso che proseguiva in direzione dei giardini Margherita non sentiva più il fiato sul collo dell'inseguitore.
Entrambi correvano bene, si erano allenati parecchio sapendo che questo giorno sarebbe arrivato e quando entrarono ai giardini Margherita mentre l'inseguito si trovava già a correre la piccola salita in direzione delle Fortuzzi, (nessuno distolse lo sguardo dal suo gelato) l'inseguitore ebbe come la sensazione di aver già passato questo momento, di averlo già vissuto tante volte.
Anche l'inseguito ebbe l'impressione di un deja-vu, di aver già vissuto questa sensazione, di correre su per quella strada con qualcuno che gli correva dietro.
Tutti e due però non ricordavano lo stato di eccitazione misto a dispiacere che li accompagnava in questo momento.
L'inseguito uscì a porta Santo Stefano e proseguì per via Murri.
L'inseguitore imperterrito a 18 metri continuava a inseguirlo.
Prima uno poi l'altro attraversarono la strada facendo attenzione a non essere investiti. (Sembrava che l'inseguito facesse attenzione che anche l'inseguitore non rischiasse di essere investito.
L'inseguito svoltò rapido giù per via Laura Bassi, e ad un tratto nella sua testa sorse un dubbio tremendo:
"Era inseguito o stava inseguendo?"
Così continuando a correre, più per inerzia che per comando, nella sua testa si districava un labirinto fatto di dubbi e di domande.
"E se io fossi l'inseguitore? Si chiedeva senza trovare una risposta.
Questa domanda lo assillava e in tanto si trovava già a svoltare a sinistra in via Leandro Alberti.
L'inseguitore 24 metri più indietro, ancora in via Laura Bassi, correva rapido per recuperare terreno quando gli balenò in testa un dubbio esistenziale: "Ma sto inseguendo o sono inseguito?"
Svoltò anche lui a sinistra per via Leandro Alberti senza trovare una risposta.
Così nella testa di entrambi labirinti di interrogativi senza risposta si andavano formando.
Era in dubbio la loro esistenza, tutto ciò che avevano fatto negli ultimi tre anni.
Ogni colazione fatta, pranzo o cena, ogni doccia o bagno, ogni volta che avevano fatto l'amore o che avevano litigato, tutto adesso era macchiato da questo dubbio atroce.
Così quasi simultaneamente entrambi smisero di correre.
L'inseguito aveva 30 metri di vantaggio sull'inseguitore che era rimasto indietro e non lo vedeva più.
L'inseguitore smise di correre e tormentato dai dubbi perse la capacità di segugio che gli aveva permesso di inseguire l'inseguito e si ritrovò perso a girovagare per via Mazzini senza una meta.
L'inseguito si trovava in via Piazza Trento Trieste, anche lui perso nei suoi dubbi atroci.
Poi dopo minuti che sembravano anni successe qualcosa ed ecco che l'inseguito incominciò a inseguire l'inseguitore di corsa su per Via Mazzini.
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