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Guittone da Montcuiex (prima parte)
Le origini di Montepiano vengono sbrigativamente raccontate asserendo che trattasi di un antico centro lucano sorto in epoca normanna. Originariamente sotto la potente diocesi di Tricarico è passato di mano per diverse famiglie nobili eccetera eccetera. Ma alla scarna storia ufficiale vi è la leggenda che vuole sia stato creato da un umile scudiero di nome Fabriciano al servizio di un errante cavaliere normanno Guittone da Montcuiex.
Come tutte le leggende dovrei iniziare questo racconto con "c'era una volta", invece sono sicuro che la leggenda si fonda su fatti veri e perciò uso un taglio più diretto, quasi giornalistico.
Guittone, il cavaliere normanno, nasce ottavo figlio di un piccolo nobile della bassa Normandia che regna indiscusso su un piccolo villaggio di nome Montcuiex.
Come usanza dell'epoca il piccolo regno privato non viene smembrato tra i figli ma ereditato solo dal primogenito e tutti gli altri, maschi ovviamente, devono darsi da fare per crearsi la propria fortuna. Guittone, al compimento dei sedici anni, in compagnia dell'unica concessione paterna, un pressappoco coetaneo apprendista maniscalco di nome Fabriciano, armato di quel poco che possedeva, coraggio incluso, prende la via raminga.
Passano pochi giorni e incontra un lontano cugino, sesto figlio ecc. ecc., di nome Ottone da Cotentin, una contrada limitrofa a quella di Montcuiex, che in compagnia di scudiero e cinque fanti si sta avviando a percorrere tutte le strade d'Europa in direzione del tanto agognato paradiso terrestre creato da certi lontani parenti normanni originari della marca d'Auteville ed ora addirittura casa regnante di Altavilla nel sud Italia.
I nostri due avventurieri impiegano quasi due anni per raggiungere il regno normanno impiegando tutto il tempo a guerreggiare al servizio ora di uno ora di un altro temporaneo padrone per procacciarsi i mezzi di sostentamento.
Infine raggiungono Melfi, la capitale degli Altavilla. Qui Ottone, ventiseienne, si accasa impalmando un giovane vedova sua quasi coetanea con un figlio e signora di mezzo contado in Mottola, nelle Puglie. Il cugino Guittone, solo diciottenne, dovrà provvedere diversamente.
Al servizio diretto della potente famiglia dei Sarzin trascorre i successivi dieci anni della sua vita a combattere per ogni contado tra Puglie, Campania e Calabria, ivi compresa la Lucania che ancora non ha una definizione territoriale ben definita.
Per tre anni successivi combatte come marinaio su una galea regia contro i pirati illirici che infestano le coste adriatiche pugliesi poi, quando oltre al fido Fabriciano ha al suo servizio una piccola armata composta da otto cavalieri e una ventina di fanti, viene mandato, da re Ruggero in persona, in Palestina a dar man forte al cugino re Baldovino di Gerusalemme.
Per nove lunghi anni Guittone combatte una guerriglia davvero strana, fatta di imboscate e fughe tra le dune del deserto arabico per il solo possesso delle poche oasi presenti lungo i percorsi carovanieri.
Una guerra sotto il cocente sole a oltre trenta gradi che arrostisce i cavalieri grigliati nella loro lunga cotta. Trascorrono così nove lunghi anni senza gloria né onore fin quando nei pressi della sorgente di Kerak la vita di Guittone subisce un trauma indelebile.
La banda di Guittone, che insieme a quella di Jocelin di Haifa supera i cinquanta cavalieri, è da alcuni giorni sulle tracce di una grossa carovana segnalata in partenza da Gaza e diretta ad Aleppo, in Siria. Secondo fidati informatori trasporta ogni ben di Dio in oro e argento ed è scortata da soli trenta armati travestiti da pacifici berberi. La carovana, composta da circa quaranta cammelli, deve passare per le sorgenti di Kerak, sosta obbligata per far rifiatare uomini e bestie.
Gli uomini di Guittone e Jocelin si sono appostati tra le dune a circa un miglio dalla sorgente e aspettano impazienti l'arrivo della carovana che puntualmente arriva nel tardo pomeriggio.
I due capi crociati attendono che l'intera carovana sia arrivata e tutti gli uomini intenti a gestire la sosta quando danno il segnale di attacco.
Cinquanta cavalieri piombano sulle figure ammantellate cogliendoli di sorpresa. Con le spade sguainate fanno orrenda strage, anche Guittone non è da meno. Quando gli si para davanti una figura che voltandogli le spalle corre disperata in cerca di improbabile salvezza egli la raggiunge e issatosi sulle staffe per meglio vibrare il colpo cala un gran fendente sulla figura umana.
In un attimo avviene ciò che non si sarebbe mai aspettato. Il fuggitivo arresta improvvisamente la propria corsa spaventato dall'improvvisa apparizione davanti a sé di un secondo cavaliere e di colpo devia la sua corsa verso destra quel tanto di evitare direttamente la spada di Guittone che, invece trancia di netto un piccolo fagotto che quello stringeva tra le braccia.
Qualcosa si stacca dal fagotto e rotola sulla sabbia mentre la figura umana rimane immobile a guardare inorridita. Il cavallo di Guittone ha uno scarto e il cavaliere lo costringe a fare un giro su se stesso di trecentosessanta gradi preparandosi a calare un secondo fendente. Allora si avvede dell'oggetto rotondo che rotola sulla sabbia e si arresta trasecolato perché ai suoi occhi appare la testolina di un infante. Il resto del corpo lo stringe tra le braccia la madre terrorizzata.
La disgrazia della madre dura un attimo poiché il secondo cavaliere, ormai sopraggiunto e ignaro, a sua volta trafigge il corpo della donna mettendo fine al suo strazio.
Con un ghigno feroce il secondo cavaliere si allontana trionfante in cerca di altre prede mentre Guittone rimane immobile a osservale la terrificante scena.
Da quel momento egli non sarà mai più lo stesso e la tardiva consapevolezza che la carovana assalita non era altro che una pacifica grossa famiglia di mercanti berberi non fa che acuire il suo tormento.
Sono passati alcuni mesi e Guittone, terminata la sua ferma decennale, in compagnia del solo Fabriciano ritorna in Italia. Le sue intenzioni sono quelle di recarsi presso il fortunato cugino da Cotentin e vivere la restante vita in umiltà ma ancora una volta il destino ha scelto per lui un'altra strada.
Poche settimane prima del suo arrivo in quel di Mottola il caro cugino è morto di una misteriosa malattia lasciando di nuova vedova la non più giovane moglie.
Ella vorrebbe che il cavaliere normanno si fermasse nel suo paese e divenisse suo sposo perché una donna sola con un figlio adolescente si trova sempre alla mercè di famelici opportunisti. Guittone declina l'invito, pur tra le rimostranze del fido Fabriciano. Egli oggi è alle soglie dei quarant'anni e si avvia sulla strada della vecchiaia, ha un solo scopo ormai nella vita ed è quello di ritrovare se stesso, concesso che per strada si sia smarrito.
Fabriciano, di sei anni maggiore, sconsolato lo segue docile e fedele e quando chiede lumi al suo signore si sente rispondere:
"Caro mio, abbiamo in tutto il mondo, abbiamo affrontato pirati, infedeli, briganti e solo ora mi chiedo il perché di tanto sangue sparso inutilmente, spesso innocente e ancora più spesso in nome di quale vero Dio"
"Zitto, mio signore, volete finire sul rogo come eretico?"
"Ciò che voglio, mio Fabriciano, è sapere la verità. La verità sulla nostra esistenza, sulla nostra infelicità, sul nostro lungo e arcano cammino. Questo e solo questo è ciò che ormai desidero. Perciò prepara i cavalli, carica le provviste che dobbiamo partire"
"Per dove mio signore?"
"Non lo so neanch'io, ma so che da qualche parte la troverò"
Passano i giorni finché stanco e smarrito, si ferma a riflettere.
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