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Il Signor Settegiubbe
"Settegiubbe". È così che mi chiamano da quando ho iniziato, come lavoro, a farmi da solo delle giacche da vendere a pochi soldi, solo che in circa tre mesi ne sono riuscito a vendere solo sette fino ad ora e sopratutto... anzi soltanto a gente come me, che per il freddo ha dovuto spendere quei pochi spiccioli trovati per terra o avuti in elemosina.
La mia casa è molto piccola. Molti non la definiscono o non la definirebbero casa perchè non ha le sembianze di una casa, anche se quando non hai nient'altro lo diventa.
Abito in uno stretto e buio vicolo di un'enorme città, ma perlomeno non abito da solo. Con me ci sono altre persone, due miei amici, fratello e sorella. Poi c'è anche il mio migliore amico. È un cane, un pastore tedesco. Il suo nome è Dike che in greco antico significa giustizia, ma non né sono tanto sicuro visto che ho studiato questa materia moltissimo tempo fa.
È difficile trovare lavoro... di certo non impossibile, ma molto... molto difficile. La gente non da facilmente lavoro ad un barbone che vive in strada.
Solitamente la gente pensa che i barboni siano tutti gentaccia, non dico che quelli manchino, ma secondo me la maggior parte è stata costretta a fare questa vita, di certo nessuno vorrebbe vivere così e camminare per strada con la testa bassa per non incrociare gli occhi di qualcuno che ti guarda con disprezzo.
Io per esempio prima facevo una vita normalissima. Ho frequentato persino l'università, ero un dottore.
Un bruttissimo giorno però, di molti anni fa... non mi piace ricordarlo... Ero in macchina con mia moglie e mia figlia, non so bene cosa sia successo, ma mi sono risvegliato in ospedale... ed ero l'unico ad essere sopravissuto, così, ormai completamente solo, ho iniziato a girovagare fino ad arrivare qua, non avendo più la forza di vivere senza mia moglie e mia figlia.
Invece i miei due amici vivono qui ormai da moltissimi anni, non so per quale motivo ci siano finiti. I loro nomi sono Tita e Nunzio.
Nunzio parla sempre della seconda guerra mondiale dove combatté suo padre, non so esattamente perchè lo faccia, ma da quello che ho capito lo fa per incolpare la gente che odia i barboni, anche se questo non ha molto senso.
Per fortuna non tutta la gente è così come la considera lui.
Due giorni fa ero nel parco per vendere le mie giacche, anche se sapevo che non le avrebbe comprate nessuno.
Come sempre con me a farmi compagnia c'erano Nunzio e Dike.
Un bambino si era avvicinato al banco, ma la madre lo prese per una mano e lo portò via. Nunzio brontolò:
-" Ma guarda là..."
-" Lo sai che è sempre così..."- dissi io.
Un altro bambino, sui dieci anni, si avvicinò a Dike per accarezzarlo.
-" Non farti vedere in mezzo ai barboni... vai dai tuoi genitori."- gli disse Nunzio.
Il bambino lo guardò sorridendo:
-" A me non importa se siete barboni."
-" A te forse no... ma a tutta l'altra gente SI!! Ti guarda male perchè indossi una giacca rotta... ti pensa male perchè dormi per terra... ti giudica male perchè frughi nella spazzatura. E sai perchè frughi nella spazzatura? Perchè non hai un soldo... e non hai un soldo perchè tutta questa gente, vedendo che sei un barbone, non ti da lavoro!!"- disse Nunzio rosso in viso.
Io gli poggiai una mano sulla spalla:
-" Calmati... è così ma..."
-" MA un bel niente signor Settegiubbe. Alla gente per bene succedono tutte le cose terribili immaginabili, mentre alle carogne mai niente, sono sempre le ultime a morire. E sai perchè? Perchè la gente per bene spreca la sua vita per salvare quella delle carogne. Il mondo... in ogni posizione in cui tu lo metta sta storto... È un mondo che gira al contrario!!"
-" Si, ma non c'è motivo di arrabbiarsi. Il mondo non potrà mai essere diverso da com'è."- dissi io mentre il bambino si avvicinava a Nunzio.
-" Non tutta la gente è così."
-" No, ma la maggior parte si."- rispose Nunzio un po' più calmo-"Mio padre combatté nella seconda guerra mondiale. Salvò milioni di persone prima che fossero portate all'accampamento in Polonia. E ora alcuna di quella gente cammina per queste strade... grazie a lui, ma lui non ricevette mai un ringraziamento. Né una di quelle medaglie che davano in guerra."
-" Come si chiamava suo padre?"- chiese il bambino.
-" Guglielmo. Una volta finita la guerra tornò a casa, ma la casa era stata distrutta da un bombardamento. Così visto che nessuno l'ha ospitato... si è ritrovato a vivere per strada con la famiglia. E nessuno lo ha mai ringraziato per tutta la gente salvata rischiando la sua stessa vita."
Sette don di campane segnarono l'ora. Io e Nunzio sistemammo in una sacca le giacche e smontammo il banco.
Il bambino accarezzò di nuovo Dike che si era steso per farsi grattare la pancia e se ne andò salutandoci e dicendo che il giorno dopo sarebbe ritornato a trovarci.
Il giorno dopo alle sei del pomeriggio eravamo di nuovo lì, io Nunzio, Dike e questa volta anche Tita, la sorella di Nunzio.
Ad un certo punto vidi Dike alzarsi d'improvviso e correre scodinzolante verso un bambino. Era lo stesso che ci aveva parlato il giorno prima.
Aveva qualcosa in mano, una scatoletta nera. Si diresse verso di noi.
-" Ciao."- disse.
-" Ciao."- rispondemmo noi tutti insieme.
Poi tese in avanti il braccio verso Nunzio porgendogli la scatoletta.
Nunzio l'afferrò chiedendo:
-" Cos'è? Non è una di quelle scatole da dove escono quegl'affari che saltano... vero?"
Nunzio lentamente aprì la scatoletta. Stranamente la sua espressione sembrò addolcirsi. Girò la scatoletta verso me e Tita. All'interno era appoggiata quella che sembrava essere una medaglia fatta di carta e colorata con i colori rosso, bianco e verde e dove era scritta la frase: " Medaglia all'onore di Gulielmo e un grazie per aver salvato tanta gente."
Nunzio con le labbra un po' tremanti e con gli occhi lucidi disse:
-" Grazie..."
Il bambino ridendo e saltellando se ne andò.
Tita dette una gomitata a Nunzio:
-" Non tenerti tutto dentro..."- gli disse.
Lungo le guance di Nunzio scesero delle lacrime. Era la prima volta che lo vedevo piangere per la contentezza.
-" Per fortuna la gente non è tutta uguale..."- dissi io.
Nunzio asciugandosi le lacrime con la manica della camicia rispose:
-" No... Spero che quella poca per bene rimasta non cambi mai col passare del tempo. Sapete Tita e signor Settegiubbe? Una medaglia d'oro di argento o di bronzo data in guerra non sarebbe mai più bella e non varrebbe mai più di questa di carta data da qualcuno che te l'ha donata veramente con il cuore."
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