racconti » Racconti brevi » L'ospite inatteso
L'ospite inatteso
Il momento in cui arriva un ospite inatteso, a tutti capita nella vita
Ero tornato a casa dal lavoro alle 18, come tutti i giorni. Pioveva a dirotto, nonostante fosse giugno inoltrato. Avevo lasciato il finestrino leggermente abbassato e il sedile si era inzuppato d'acqua. All'interno dell'abitacolo si sentiva un odore acre, che mi ricordava il pelo bagnato della mia cagna Laika, era morta la notte prima poverina, il cancro l'aveva divorata dall'interno, il medico era venuto a casa mia per farle l'iniezione letale e Laika si era messa sul divano con il muso sulle mie gambe e mi guardava dolcemente, quasi sorrideva forse aspettava che accendessi per l'ultima volta la tv. Il veterinario le aveva tagliato un po' di pelo e poi aveva fatto quella puntura che la portava via dal suo dolore e anche da me. La notte poi, non avevo chiuso occhio, non sentivo il corpo di Laika sul fondo del letto, quello spazio si era riempito di un vuoto incolmabile. Si tende a sottovalutare la capacità di dare compagnia di un cane, la capacità che ha di spezzare le catene della solitudine. Ripensare a Laika aveva diviso il mio viso in due parti come un sorriso e una lacrima che si guardano in uno specchio.
Laika era stato l'affetto più sincero degli ultimi anni. Quell'animale viveva solo per darmi il suo amore con piccoli gesti che diventavano così importanti: quello scodinzolare così focosamente al mio ingresso in casa, quell'abbaiare che io traducevo sempre in un <Buongiorno Tesoro, com'è andata al lavoro oggi?> quello stare accucciata sul mio corpo mentre guardavo il film che davano in prima serata. Laika era proprio una compagna fedele, era un animale e sapeva amare molto più di un essere umano.
Il pensiero di Laika mi aveva accompagnato fino al mio ingresso in casa, poi l'avevo lasciato scivolare via come i miei vestiti.
La doccia era calda e mi lavava dalla merda che avevo dovuto ingoiare anche quel giorno. Il mio capo era uno stronzo e si divertiva a infierire sulla debolezza dei suoi dipendenti, ma in realtà era solo un fallito che viveva solo per lavorare, non aveva una vita o meglio la sua vita era rovinare quella degli altri con l'umiliazione.
Quando uscii dalla doccia il vapore aveva appannato lo specchio, mi asciugai e poi mi infiali mutande e calze. Andai nella mia stanza e in quel momento ripensai intensamente a Laika, molto più intensamente di prima.
Dopo così tanti anni...
Lui è riapparso.
Io sapevo che Laika lo mandava via, la vedevo ringhiare e abbaiare con una foga mai vista quando l'altro cercava di comparire.
Ma ora Laika era morta e lui era tornato a farmi visita, l'ospite inatteso.
Mi salutava, quasi con timore, forse pensava con non l'avessi riconosciuto, poi vide sul mio volto l'angoscia e in quel momento capì che non mi ero dimenticato di lui.
Cercai di ignorarlo continuavo a ripetermi nella testa:
<lui non esiste, è la tua mente che non funziona bene, te l'hanno spiegato tante volte.
Non esiste
Non esiste
Non esiste>
Mi infilai la tuta e andai nel salone, accesi la tv, sintonizzandola su un canale sportivo satellitare alzai il volume al massimo, cercavo distrarmi. In questi anni avevo imparato a controllare tutto questo, potevo farcela ancora. Laika non c'era più ma io dovevo farcela lo stesso
Lui non esiste.
Lui non esiste.
Stavano giocando due squadre inglesi di cui non ricordo nemmeno il nome.
<Quanto stanno?>
Fece questa domanda con molta calma, era seduto al mio fianco, mi sorrideva con un fare quasi affettuoso, era contento di rivedermi, forse si aspettava che lo fossi anche io
<Come stai, non mi abbracci?>
Una goccia di sudore mi scese dalla fronte, percorrendo tutto il viso andando a cadere sulla mia mano destra.
<Che hai?, sembri nervoso>
Andai in bagno e cercai subito nell'armadietto, non c'erano.
Lui sorrise in un apertura fine della bocca, si intravedevano a malapena i denti, sembrava una lama di rasoio
<Guarda, sono proprio lì dietro, con la fretta non si risolve niente>
Le mie medicine ripiene di Clorpromazina erano proprio lì dove stava indicando lui.
Mi girai vedendolo attraverso lo specchio, stava cercando di conquistarsi la mia fiducia il suo aspetto non era cambiato affatto in questi anni, il suo viso era pieno di fierezza ed arroganza i suoi occhi erano profondi e scuri e se li guardavi, sembravano l'ingresso in luogo buio e tenebroso in cui affondare senza speranza d'uscita.
Ingoiai un paio di pillole. Presi il telefonino e cercai il numero del mio medico, lo trovai e telefonai subito, il telefono mi tremava tra le mani e quando sentii la segreteria telefonica un macigno pieno di sconforto mi cadde sulla schiena.
Tornai in salone coricandomi sul divano. Chiusi gli occhi, sperando che quei neurolettici facessero effetto. Cercavo Laika il suo abbaiare, il suo ringhiare, la mia protettrice, la mia guida verso la realtà.
Quando riaprii gli occhi mi trovai sul divano lui era così fiero di me, fece partire il video.
<Mettiti comodo, quello sei tu> disse ironicamente
Ero io si; c'era un coltello appoggiato sopra il tavolino. Girai lo sguardo per non vedere il video e vidi il mio corpo disteso sul divano in una pozza di sangue la stessa immagine era trasmessa anche nello schermo.
Gocce di sangue scendevano dalla mia gola e si infrangevano sul pavimento si sentiva un suono che ricordava l'acqua che cade da un lavandino che non è stato chiuso bene, si stava formando un tappeto rosso, la passerella che conduceva verso la mia fine
Lui mi applaudiva chiedeva il bis, disse <guardiamolo un'altra volta> fece ripartire il video si accese una sigaretta era una Camel blu le stesse che fumavo io.
< Rilassati, mettiti comodo e non fare quella faccia, la tua interpretazione non poteva essere migliore, non ho mai visto uno spettacolo così divertente, potrei guardarlo per sempre>
123
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0