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Billo
Era il giorno dei SS Pietro e Paolo quando Sandra e Gianna, le gemelle dodicenni di casa Romano rincasarono verso l'una e trenta con una eccitante novità, un cucciolo di cane di appena due settimane di vita. Le due ragazze raccontarono tra un'esclamazione e l'altra come un loro compagno di scuola che viveva in campagna aveva loro regalato quel cucciolo prima che andasse a sopprimerlo da qualche parte perché la madre aveva partorito ben otto cuccioli e non poteva allattarli tutti. Inutile furono le rimostranze dei genitori adducendo validi motivi per non voler accettare quel regalo. Innanzi tutto in casa non c'era abbastanza spazio, poi..., poi le solite cose, che il cucciolo avrebbe sporcato, che abbaiando avrebbe dato fastidio ai condomini, che la casa presto avrebbe preso a puzzare di pipì di cane eccetera...
Le due sorelline non si fecero intimidire e resistettero ad ogni tentativo di convincimento, finanche a promettere ai genitori che si sarebbero preso personalmente cura del cucciolo sollevandoli da qualsiasi incombenza. Questo era, infatti, il vero motivo per cui il padre non voleva il cucciolo in casa. Sicuro che solo per l'estate, forse, l'impegno delle ragazze sarebbe stato mantenuto ma poi, con l'inizio del nuovo anno scolastico, se ne sarebbero disinteressati.
Il cucciolo, alla fine, venne accettato. Andrea, il padre, prese allora ad analizzarlo per bene. Il primo sollievo fu quello di constatare che il cucciolo era maschio e, quindi, avrebbe dato minori problemi, il secondo che non si riuscì a capire di che razza fosse. Sembrava la componente di tutte le razze canine esistenti sulla terra, non era nero e nemmeno bianco, non marrone e nemmeno arlecchino giacché aveva il pelo colorato con una miriade di colori più o meno sfumati. Osservando le gambe, né tozze né grosse, né lunghe né corte ma molto pelose anch'esse, non si riusciva a prevedere di quale taglia sarebbe diventato da grande. Di una cosa Andrea era sicuro che quel botolo mangiava a più non posso. Credendo che si cibasse di solo latte, magari con qualche biscotto inzuppato, ebbe la disavventura di mettergli davanti prima una ciotola mezza piena di latte, che subito svuotò lappando rumorosamente e, poi, adocchiato i biscotti si avventò ancora più famelico sull'intera scatola strappandola dalle sue mani.
<Cominciamo bene!> si disse esclamando Andrea pensando con apprensione a quando sarebbe diventato un cane adulto.
Più che conquistato dall'animale sconfitto dalla tenacia delle due sorelle gli convenne far buon viso e a quel punto, dopo la trionfante euforia chiese loro se avevano già provveduto a dargli un nome. No, non ci avevano nemmeno pensato perciò ora bisognava trovarne uno così, tentativo su tentativo, si concordò di chiamarlo Billo. O meglio loro decisero quel nome poiché Andrea, al riguardo si mostrò del tutto indifferente.
Trascorse l'intera estate durante la quale Billo divenne il giocattolo preferito di ogni loro gioco. Glie ne facevano di tutti i colori ed egli subiva allegramente ogni infantile tortura. In compenso si vendicava distruggendo a morsi tutto ciò che gli capitava davanti sotto lo sguardo paziente e poco benevolo di Andrea.
Come questi aveva previsto con l'inizio del nuovo anno scolastico le ragazze passarono ad altri interessi e dimenticarono di avere il cucciolo che nel frattempo era cresciuto abbastanza ma senza far capire quale razza canina predominava in lui tanto che Andrea si era rassegnato a denominarlo cane da padella.
Le due gemelle, come ampiamente previsto dal padre, ora si mostravano anche seccate di aver quel cane sempre tra i piedi e si lamentavano col padre perché non faceva nulla per correre ai ripari.
"Ma fare cosa?" chiedeva il pover'uomo "Quando vi avevo avvertito che non era il caso di tenerlo avete fatto il diavolo a quattro ed ora mi chiedete di fare qualcosa, ma cosa poi? Devo sopprimerlo?"
"Noooo!, sei pazzo! Non puoi liberartene, dandolo magari a qualcuno dei tuoi amici?"
"Già, perché gli altri devono prendersi le nostre rogne!"
"hai parecchi amici che possiedono dei cani, uno in più che farebbe?"
"Quelli sono cacciatori e i loro cani sono addestrati per la caccia"
"Beh? Allora addestralo anche tu e poi lo regali a loro!"
"Perché mi avete mai visto andare a caccia almeno una volta?"
"Figuriamoci, tu non hai mai fatto niente di niente"
"Bimbe!? Piano con le parole se non volete farmi arrabbiare sul serio"
Comunque il primo round finì in parità, senza vincitori né vinti e Billo rimase a fare il piccolo prepotente padrone di casa.
Arrivò l'inverno e Billo aveva ormai almeno sei mesi, non era cresciuto molto né si era irrobustito più di tanto sebbene divorasse qualunque cosa gli si metteva davanti, sembrava avere il verme solitario. Era alto non più di quaranta quarantacinque centimetri ma era tutto un fascio di muscoli. Andrea ogni tanto prendeva a sfogliare un libro delle razze canine per cercare un'immagine che potesse quanto meno somigliargli, anche lontanamente, e alla fine si convinceva sempre più che Billo era il discendente più legittimo di tutte le razze canine non mastinoidi. Infatti, tutto pareva tranne che mastino. Infatti come cane da guardia lasciava molto a desiderare, non abbaiava a nessun estraneo che si avvicinava alla loro proprietà, fosse la casa o la macchina non vi era differenza anzi, scodinzolava a tutti e accettava cibo da tutti (e non ci voleva molto data la sua atavica fame).
Per tutto l'inverno fu duro tenere a bada il cane, nessuno poteva dedicarsi a lui tranne Andrea, che ne aveva poca voglia. Lo portava a passeggio rare volte con il bel tempo e anche Billo non sembrava gradire più di tanto quelle brevi passeggiate. Preferiva di gran lunga trascorrere le giornate vicino al caminetto. Per fortuna aveva una grande dote, non abbaiava quasi mai tanto che i condomini, che inizialmente avevano mormorato parecchio sulla sua presenza finirono col dimenticarsene del tutto e quelle rare volte che lo incrociavano per le scale o nei dintorni gli elargivano carezze, poco gradite, e biscotti, divorati in un sol boccone.
Arrivò la primavera e Billo, pressoché immutato nel corpo e nello spirito era sempre il solito pacifico giocherellone, a meno che non si trattasse del cibo perché allora diventava feroce come una belva.
Si sa che ormai le stagioni non sono più come una volta quando nei libri di scuola si studiavano appunto le stagioni come periodi di tempo ben precisi con tanto di data d'inizio e di fine. Come dicono gli anziani: oggi non ci sono più le mezze stagioni, si passa direttamente dall'inverno all'estate e viceversa. Questo per dire che anche l'ultima primavera non si è protratta più di tanto, si e no una trentina di giorni, giusto il mese di maggio. In casa di Billo si cominciava a parlare di vacanze. Tra mari e monti vi era ormai sempre in mezzo lui, il cucciolone di quasi un anno, ingombrante sotto ogni punto di vista. Allora ritornavano di moda le argomentazioni dell'anno prima quando a fine estate le sorelline volevano già disfarsi dell'ingombrante ospite. L'estate precedente Billo non era stato affatto un peso perché a quell'età ogni cucciolo attira simpatia dovunque lo si porta ma ora la simpatia aveva ceduto il posto alla mal sopportazione. Il problema da risolvere ormai era ridotto a un solo quesito: liberarsi del cane, assolutamente, altrimenti niente vacanze.
Andrea, che pur non era stato mai entusiasta di quel cucciolo era abbastanza intelligente da non voler seguire il pessimo esempio dei tanti che portavano il cane su un'autostrada, magari su un viadotto, e abbandonarlo a un triste destino. Proprio non se la sentiva ma non aveva neppure un grande amore per quel cane e comprendeva l'esigenza di doversene liberare.
Il cane, aveva escluso, non aveva nulla del mastino o del cane da difesa, aveva altresì notato, una volta che con degli amici cacciatori lo aveva portato con loro per i campi, che ogni qualvolta avvertiva la presenza di una preda tendeva ad immobilizzarsi con la coda dritta e una gamba sollevata, pronto a scattare. Gli amici allora gli avevano detto che in lui scorreva molto sangue di cane da punta. Certo per diventare un buon cane da caccia bisognava addestrarlo ma nessuno di loro se la sentiva di farlo, avendo già dei propri cani ben istruiti.
Pensa e ripensa alla fine Andrea escogitò una piano per liberarsi in modo indolore del cane ma prima di attuarlo fece alcune prove. Faceva salire il cane sull'auto e lo portava fuori paese in un bosco poco distante, ogni volta sempre più lontano, qui lo lasciava libero di scorazzare in lungo e in largo e ogni volta che questi tornava vicino lo faceva allontanare di nuovo lanciandogli sempre più lontano un bambolotto portato da casa.
Billo sembrava divertirsi con questo nuovo gioco e ogni volta che riportava il bambolotto ad Andrea restava in spasmodica attesa di vederlo lanciare ancora per poi correre a perdifiato a raccattarlo.
Per settimane, quasi tutti i giorni Andrea perfezionò il suo piano finché si sentì sicuro di porlo in atto.
Un pomeriggio, come al solito caricò sul divano posteriore dell'auto il cane che già pregustava l'ultima puntata del gioco e si avviò per il bosco. Solamente che questa volta il fosco non era lo stesso delle altre volte ma una fitta foresta parecchio più lontana. Andrea la conosceva perché qualche volta ci era andato con gli amici in cerca di funghi. Aveva già in mente il posto preciso dove recarsi. Con l'auto arrivò quasi sulla cima della collina che ospitava la foresta, qui fece inversione di marcia e si fermò in discesa con il motore acceso. Fece scendere il cane dall'auto e iniziò il solito gioco del corri e prendi lanciando sempre più distante il bambolotto. Dopo una dozzina di volte effettuò il lancio programmato. Un bel volo e il bambolotto atterrò lungo il pendio opposto, molto scosceso.
Billo si catapultò felice pensando che quello sì che era un bel lancio non i precedenti. Già mentre correva Andrea s'infilò velocemente in auto e, con la macchina ancora in moto, scese a folle per tutta la discesa, circa sei chilometri, non prima di aver lasciato sul posto una grossa busta colma di scarti di macelleria e una confezione scaduta di biscotti, i preferiti di Billo.
Dopo l'ultimo lancio Billo impiegò parecchio tempo a trovare il bambolotto e a ritornare indietro e grande fu la sua sorpresa di non trovarcelo.
"Per tutti i gatti del mondo, questo sì che è un gioco divertente!" esclamo tra sé. Quindi fiutò il punto preciso dove prima c'era l'auto e stava già drizzando le orecchie per captare il rumore del motore quando la sua attenzione e il suo olfatto furono attirati dagli scarti. Allora si dimenticò dell'auto e del padrone e, famelico come sempre si tuffò su di essi. Prima divorò i biscotti, impiegando un po' di tempo per scartarli e poi cominciò a divorare alcuni pezzi di carne. Nella busta vi erano però molti ossi, tra cui alcune carcasse di pollo, piedi di maiale, una testa di maiale spaccata a metà e una mezza spina dorsale di vitello. Per Billo tutto ciò rappresentava una vera manna dal cielo, che giocasse pure da solo il padrone, lui non aveva tempo da dedicargli.
Quando terminò la discesa Andrea innestò la quarta e accelerando lievemente si allontanò per sempre dalla foresta e dal cane.
Billo impiegò tutto il pomeriggio a scarnificare le ossa e quando arrivò la sera e si fece buio era ancora lì, vicino al suo tesoro, ma a guardarsi intorno. Il padrone non si faceva vedere, e sì che il gioco è bello quando dura poco ma adesso stava esagerando!
Calò la notte e Billo era incerto sul da fare, se restare lì in attesa del padrone o trovare un posto dove nascondere le ossa su cui vi era ancora parecchio da lavorare. Infine si decise, aveva notato non molto lontano da dove si trovava un gruppo di rocce che formavano un naturale riparo, prese gli ossi uno alla volta e li portò nei pressi dell'improvvisato maniero, li seppellì per bene e poi si accucciò tra le rocce con gli occhi rivolti alla strada.
Fin quando non comparve la luna Billo non smise di puntare la strada, attendeva sempre l'arrivo del padrone ma per quanto sforzasse l'udito del familiare rumore del motore non v'era sentore. Alla fine stanco crollò a dormire ma appena dopo venne svegliato da un lontano lamento. Aprì gli occhi e rizzò le orecchie, il lamento si fece risentire ed allora non dormì più restando sveglio e guardingo fino all'alba.
Il giorno dopo Billo non si allontanò da quel posto, come cibo stava ben messo ed aveva anche un vicino rivolo per soddisfare la sete. Era però malinconico, il suo padrone non si era fatto vedere ma non si poneva tante domande, i cani non si pongono tanti interrogativi.
Trascorse il giorno, e la notte successiva quando stava per riaddormentarsi fu allarmato di nuovo da quel lamento, questa volta più vicino. Atavicamente intuì che si trattava dell'ululato di un lupo che forse aveva fiutato la sua presenza e lo stava minacciando. Cosa doveva fare? Quell'ululato lo metteva in subbuglio e, per la prima volta, provava la paura. Improvvisamente Billo prese una decisione, si rizzò in piedi e, magicamente, ululò più forte del lupo, tanto che questi non si fece più sentire.
Da allora sono passate alcune settimane, Billo è diventato il padrone di quel pezzo di foresta. Di giorno provvede a trovarsi il cibo, ha imparato a conoscere le erbe commestibili e come cacciare i piccoli animaletti, e come andare a scovare il cibo tra i resti lasciati dagli escursionisti della domenica. Ogni giorno amplia il proprio regno marchiando alberi sempre più lontani. La sera si rintana presso il suo rifugio con il muso puntato sulla strada da dove spera sempre di veder arrivare una macchina a lui familiare e la notte ha imparato a rispondere ai lupi ululando sempre più forte di loro ma senza mai dimenticarsi di essere un cane.
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