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Un contratto davvero impossibile (prima parte)
La nebbia fitta e umida, carica di particelle di pioggia, avvolse in poco tempo l'automobile costringendo l'autista a rallentare l'andatura. Ancora qualche centinaio di metri e la striscia bianca che divide le corsie sparì completamente e l'uomo alla guida fu costretto a procedere costeggiando il ciglio stradale dov'erano ancora ben distinguibili le erbacce cresciute sul limitare dell'asfalto.
"Cristo! Ci mancava solo la nebbia1 arriveremo che sarà giorno, maledizione!" imprecò l'uomo al volante mentre azionava i tergicristalli.
"Pazienza Roberto, non arrabbiarti tanto, ormai restano solo una decina di chilometri. Ritarderemo di qualche minuto, che fretta c'è?" disse la donna al suo fianco.
"Dai papà accelera!" esclamò Mario, il più piccolo dei due bambini seduti sul divano posteriore.
"Non può correre, è pericoloso. Stupido!" ribatté Gino, il fratello maggiore, dandogli una gomitata.
"Ahi, mi hai fatto male, cretino! Ora ti faccio vedere!" rispose questi passando a vie di fatto tirando i capelli al fratello maggiore.
"Lasciami bestia! Mamma Gino mi fa male!" piagnucolò intanto che scalciava. In pochi secondi sul divano si scatenò una bagarre di spintoni e pizzicotti accompagnati da grida e lamenti.
"Basta! Finitela o mi tolgo la cinghia!" esplose Roberto girandosi di scatto verso i due discoli e alzando minaccioso il pugno mentre la vecchia Ford Fiesta dell'89 sbandava leggermente.
"Ragazzi smettetela! Non date fastidio a vostro padre mentre guida. E tu, Roberto, per favore, non distrarti" osservò la donna passando dal rimprovero ai ragazzi al monito al marito.
"È da quando siamo partiti, stamattina, che non hanno fatto che litigare. Ma aspettate che arriviamo a casa e poi vedrete..!" ribadì Roberto come ultima minaccia. "Maledetta nebbia, non si vede un cazzo!" imprecò ancora dopo una pausa.
"Roberto, non dire parolacce davanti ai ragazzi!"
"Già, come se non le conoscessero"
"Questo non è un buon motivo perché tu debba dirle"
"Beh! adesso non rompere anche tu, Rosa. È sufficiente la nebbia a farmi incazzare"
"Si può sapere cosa ti prende? È da stamani che sei nervoso. Anzi è da qualche giorno che sembri attaccato con gli spilli"
"Io non ho nulla, è solo che questi due non fanno altro che urlare e m'impediscono anche di pensare"
"Perché, cos'hai da pensare? C'è qualcosa che ti assilla?"
"Cristo, adesso la pioggia sta aumentando" disse in tutta fretta Roberto eludendo la sua domanda.
"Brrr, fa pure freddo!" esclamò lei stringendosi nelle spalle "A proposito, hai telefonato a quelli del gas? Non vorrei che finisse. Non mi preoccupo per noi ma per i ragazzi" aggiunse. Roberto le rispose con un incomprensibile mugugno che lei, peraltro, interpretò negativamente, tanto che gli rinnovò la domanda sotto un'altra forma.
"Non vorrai aspettare che la lancetta del serbatoio segni la riserva?" chiese preoccupata.
"Lo farò alla fine del mese e, comunque, non prima del ventisei" le rispose rauco.
"Perché, che differenza fa?"
"Fa che il venticinque riscuoto lo stipendio. Ecco che differenza fa!"
"Fai sempre di testa tua, come al solito"
"Ho detto a fine mese e basta!" rispose seccamente Roberto che intendeva chiudere l'argomento.
"È quello che stavo appunto dicendo io. Che ti costa farla, poi?"
"Mi costa che se per una volta quelli vengono dopo pochi giorni come li pago?" sbottò infine Roberto esponendo chiaramente la sua preoccupazione.
"Ma perché in banca quanto abbiamo?"!
"Meno di mille euro" rispose Roberto che sadicamente aggiunse "E per il gas non bastano"
"Sempre i soldi! Maledetti a loro" convenne Rosa in tono abbacchiato.
"Già, maledetti a loro quando non ne hai abbastanza! E maledetta anche questa nebbia" concluse Roberto tuffandosi in un mutismo amaro.
Percorsero silenziosi alcuni chilometri di strada procedendo quasi a passo d'uomo e con gli occhi sgranati a scrutare nella nebbia la carreggiata stradale. Dopo un quarto d'ora di quello strazio, con gli occhi che ormai lacrimavano per il lavorio a cui erano costretti, Roberto accese i lampeggianti di stazionamento e bloccò l'auto con il motore spento e gli anabbaglianti accesi.
"Mi fanno male gli occhi!" esclamò adagiando il capo sul poggiatesta per rilassarsi.
"Sì, hai ragione, anche a me lacrimano. Mi sembra di vedere tanti puntini bianchi" confermò Rosa.
"C'era posta stamattina?" chiese al marito profittando della forzata pausa. Lui le rispose con un cenno affermativo del capo.
"Non c'era nulla?" chiese di nuovo lei.
"No, nulla. Le solite cartacce"
"Quanti giorni sono passati dall'ultima spedizione? Dev'essere stato il mese scorso!"
"L'altro ancora, il ventisette di agosto"
"Già! Dimenticavo che le spese si fanno sempre dopo il venticinque" mormorò Rosa sarcastica.
"Quanto ci è costato questa volta?" aggiunse poi.
"Calcolando tutto, un centinaio di euro"
"A quanti editori l'hai spedito?"
"Otto in tutto"
"Ma devi per forza spedire tutto il romanzo? Non puoi stamparne solo una parte? Non so, una ventina di pagine, le più significative. Almeno così riduci le spese"
"Solo che non so quali possano essere le più significative, come dici tu. Il romanzo va letto tutto"
"Perché tu credi che lo leggono?"
"Non lo so, sospetto di no. A volte penso che non l'abbiano nemmeno sfogliato. Mi chiedo perché poi ci mettono tanto tempo per rispondere. Tanto la risposta è sempre la stessa: Ci rincresce bla bla bla ma la nostra programmazione è completa. Sembra sia un rituale per tutti gli editori"
"Secondo me devono dare l'impressione di leggerlo"
"Almeno potessi avere la certezza di sapere quanto vale!"
"Oh no! Ti prego non ricominciare con questa storia. Tanto il mio giudizio non conta. A me comunque piace quello che scrivi e il modo come lo scrivi. Purtroppo non sono un editore"
"Eppure pubblicano tante stronzate! Una in più che differenza può fare?"
"Vuol dire che la differenza c'è. Non mi chiedere quale perché non lo so, ma se le risposte sono sempre così vuol dire che deve esserci"
"Forse lo stile o la forma, perché il contenuto mi sembra buono"
"È inutile arrovellarsi il cervello. Secondo me è perché sei uno sconosciuto. È tutta qui la risposta"
"Sento, comunque, che devo insistere. A costo di sacrifici non mi arrendo. Dovessi interpellare tutti gli editori del mondo dovrò pur trovarlo uno che accetterà di farlo"
"Allora dovrò prepararmi ad altre spese. Speriamo che Iddio ci stia a sentire!"
"Prima o poi dovrà pur sentirmi. Tutte le sere, prima di addormentarmi, gli rivolgo una preghiera"
"Dì pure tutte le mattine, visto che non vieni a letto mai prima delle tre! Ma cosa ci fai in piedi fino a quell'ora? Hai preso a scrivere qualcos'altro?"
"Vorrei farlo, ho tante idee, ma non riesco a concentrarmi"
"Allora perché non te ne vieni a letto?"
"Non riesco a prendere sonno. Almeno se non scrivo mi distraggo a leggere o a pensare"
"A forza di pensare ti si fonderà il cervello"
"Cerco invano di trovare un punto debole nel romanzo, qualcosa che andrebbe cambiata"
"Oh no! Ti proibisco di cambiarne anche una sola virgola"
"Perché? Cosa vuoi dire con questo?"
"Che va bene così com'è. Sai, quando hai fatto l'ultima spedizione, me lo sono riletto e non ho trovato nulla che non andasse"
"Con ciò vuoi dire che ti piace?"
"Sì, dannazione, sì! Possibile che quando parlo non mi credi mai?" Roberto non le rispose. Attese qualche istante poi mise in moto.
"La nebbia è sempre fitta e la pioggia non accenna a diminuire, ma almeno gli occhi non fanno più tanto male. Ancora qualche chilometro e si dovrebbero scorgere le luci del paese"
"I bambini non si sentono, si saranno addormentati"
"Sì, dormono come angioletti. Almeno non litigano"
"Cerca di essere più paziente con loro. Comprendo il tuo nervosismo ma ricordati che sono solo dei bambini"
"Va bene, promesso. Farò del mio meglio"
Lentamente arrivarono infine a casa. Sotto la pioggia portarono dentro i bagagli e i riottosi ragazzi.
Roberto aiutò Rosa a metterli a letto quindi si accese una sigaretta avviandosi verso lo studio.
"Ma vienitene a letto! È stata una giornata faticosa anche per te per non avere sonno" disse lei tentando di dissuaderlo.
"Il tempo di fumarmi una sigaretta. Prometto che non farò tardi" rispose lui uscendo mentre lei si rannicchiava sotto le coperte.
Roberto spense tutte le luci in casa e si accomodò nello studio, sprofondato in una poltrona. Fuori la pioggia cadeva con più vigore, a raffiche alterne e a volte arrivava a scrosci sui vetri producendo sinistri rumori.
"Sarà un inverno peggiore degli altri. Rosa ha ragione quando afferma che il freddo comincia a farsi sentire. Sarà davvero duro. Mio Dio fa che avvenga un miracolo! Non abbandonarmi! Ti prego aiutami!"
Implorò mentre una sorda rabbia gli montava dentro incattivendolo.
Improvvisamente dei rumori provenienti da fuori lo distrassero, girò il capo verso la finestra e intravide una sagoma scura al di là dei vetri, poi una mano, o qualcosa di simile che batteva piccoli e veloci colpi sui vetri. Stupito, ma non tanto meravigliato poiché abitava al piano terra, scattò in piedi dirigendosi verso la finestra. Lì dopo aver disappannato i vetri con una mano distinse una figura maschile che gli faceva ampi segni indicandogli la porta d'ingresso. Roberto, incuriosito più che mai, si diresse verso l'ingresso e aprì allo sconosciuto.
Quando la luce dell'ingresso illuminò il vano porta si trovò davanti un uomo vestito di tutto punto con un abbigliamento decisamente fuori moda. Indossava un abito stile anni trenta in grigio scuro a righine bianche sottili, una mantellina rossa poggiata sulle spalle, una bombetta in testa, papillon su una candida camicia, guanti neri in pelle e impugnava un bastone da passeggio anch'esso nero.
L'uomo era di statura normale, piuttosto paffutello, ben rasato, coltivava una barbetta a pizzo e due baffi sottili che finivano all'insù; un monocolo sembrava brillare sull'occhio destro.
"Uhm, che tempaccio!" esclamò entrando nel disimpegno scrollandosi di dosso la pioggia, poi, toltasi la mantellina che fece volteggiare da sopra la spalla per depositarla sul braccio sinistro esclamò guardandosi intorno:
"Bella casa! Complimenti, davvero accogliente" il suo fare disinvolto indispettì Roberto.
"E tu chi diavolo sei?" proruppe puntando l'indice contro l'intruso.
"Come ha detto scusi? Oh, oh, questa è davvero buffa!"
"E che diavolo vuoi, a quest'ora?" continuò Roberto.
"Mi scusi, buon uomo ma dobbiamo proprio stare qui, nell'ingresso? Su venga, andiamo nello studio" Imperterrito l'uomo si diresse verso lo studio lasciando sul posto un trasecolato Roberto che ebbe almeno lo spirito di chiudere la porta principale e seguirlo attonito.
"Ti ho chiesto chi diav.." ripeté minaccioso ma interrotto dall'altro che rifacendogli il verso continuò per lui. "Chi diavolo sono..., bravo! Lei è davvero una persona arguta. Complimenti!"
"Senti tu - esclamò indignato Roberto indicando la porta dello studio - non so chi diavolo sei né che diavolo vuoi, ma adesso te n'esci di qui e alla svelta"
"Oh, per favore non sia così melodrammatico, non è il momento e nemmeno il tempo adatto. La prego, chiuda quella porta, non vorrà svegliare tutti? E venga a sedersi, inoltre lei è una persona tanto simpatica!" L'intruso sapeva il fatto suo e si comportava con suggestiva disinvoltura. Per un momento Roberto ne rimase impressionato, infine, l'indignazione fu più forte.
"Chi diavolo sei, in nome di Dio!" pronunciò in tono basso e sillabando le parole. Di contro l'uomo lo guardò con un'espressione esultante.
"Bene, bene, bene, prevedo che sarà proprio una questione di poco!" esclamò lisciandosi la barbetta, poi puntando l'indice in alto disse lentamente scandendo le parole.
"Mio caro Roberto lei ha detto giusto, permette? Fapes! Della Sezione Commerciale Europea!"
"Cosa? Un rappresentante a quest'ora?"
"Lei dimentica che oggi non c'era, era in viaggio e poi, per tradizione i nostri migliori affari li facciamo proprio con il favore delle tenebre" commentò Fapes inarcando i sopraccigli e assumendo in tal modo un'aria davvero buffa.
"Ma che razza di rappresentante sei per lavorare di notte? E cosa vai proponendo ai buoni cristiani?" chiese Roberto, placato e ora anche incuriosito "Sezione Commerciale Europea, hai detto? E di cosa?"
"Ma del Reparto Infernale! È ovvio, no?"
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