Svoltai a destra, seguendo l'indicazione per Babilonia. Dopo pochi chilometri di sentiero stretto e fangoso, ecco apparire, dopo una curva ad U, Machu Picchu, in tutto il suo splendore, avvolta strettamente dalle mura bizantine come una maliziosa dama dal corpetto di stecche di balena.
Entrai senza problemi dalla celeste porta di Isthar, mostrando all'ufficiale di guardia il salvacondotto firmato anni prima, in mia presenza, dal mite Gengis-Kahn.
In fondo al maestoso viale senz'alberi né sfingi, scorgevo lo sfavillio degl'occhi di Siddharta, Re dei Re, Sha dei Sha, seduto scompostamente, ignudo e macilento, sul massiccio trono di bambù.
"Vieni avanti, cretino", m'invitò compassionevole.
"Muoviti", gridai a Quixote, il mio obeso ed infedele scudiero,
"hai sentito che Lui ti ha chiamato a sé?"
Quixote, obbediente come già Garibaldi a Filippi,
spirò immantinente.
"Ave Cesare", risposi avanzando lentamente, gambe larghe e solide sul terreno, le mani sul calcio di madreperla delle mie fide Berretta 750 cc., "vediamo chi c'azzecca!"
Da quando aveva sbagliato il tiro ai Mondiali del 562 dopo Shiva, il numero 10 gli pesava sulla schiena come un candelabro di cemento armato.
Siddahrta si abbassò i calzettoni, sistemò i genitali all'interno degli slip griffati, mi guardò fisso nelle palle degli occhi e tirò: in alto volò la sfera qual missile, nel cono di luce della luna, ed ancor oggi gli asciugoni Regina pagano royalties per quell'immagine disperata del fallimento di un credo seguito da milioni di telespettatori.
Lo colpii diritto al duodeno; dalla sorpresa rimase in piedi: così morì Zharatustra, senza dire nemmeno amen.
Tornai sui miei passi e salii sulla mia rossa McLaren: un secco colpo di frusta ed i due cavalli partirono a razzo sulla A1, superando di gran lunga il limite dei 12 km/orari,
Arrivai a casa tutto spettinato e, come al solito, Saffo ebbe da ridire. Non c'è pace tra gli ulivi