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Vanità, illusioni e delusioni
Lo dico subito, prima che qualcuno me lo chieda, sto iniziando a scrivere questo racconto con l'animo per nulla sereno anzi, diciamo pure che sono astioso con il mondo intero, ed un poco anche con me stesso.
Cominciamo da questo punto, sono incavolato con me stesso perché ho profondamente peccato di vanità. Le cose stanno così:
- Autunno del 94, ben sedici anni fa, avevo appena scritto il mio primo romanzo(non cercatelo è inedito) e due racconti, che già conoscete "Il figlio della paura" e "Supercortemaggiore", quando un mio amico che all'epoca lavorava a Potenza mi confida di aver stretto amicizia con un editore del posto, straniero per giunta, che operava in zona con discreto successo. Essendo amici si propone di farmelo conoscere o meglio, di presentarmi a lui. Accetto di buon grado e così una mattina impacchetto le mie copie dattiloscritte a andiamo a trovarlo. Il mio interesse primario è il romanzo e non i racconti con i quali avevo una scarsa predisposizione. Mi mancava allora il dono della brevità e i due racconti sopraccitati non lo sono affatto, sono ancora portato a scrivere romanzi anche molto articolati, meglio ancora le sceneggiature perché mi evitano di approfondire al massimo le parti descrittive.
- Apro una parentesi per dire che solo dopo essermi iscritto a questo sito ho cominciato, sebbene a fatica, ad essere più succinto, e già questo mi gratifica abbastanza.
- Torniamo a quell'autunno. Erano circa le dieci del mattino quando veniamo ricevuti dall'editore. Dopo le presentazioni gli propongo il romanzo e mi accorgo subito che non è molto bendisposto a prenderlo in considerazione e nemmeno a leggerlo. Lo prende malvolentieri dicendomi che lo leggerà appena ne avrà il tempo. Gli sbandiero sotto il naso i due racconti e, quasi forzandolo, lo costringo a fare una lettura veloce di uno dei due (non dico quale, se ancora non l'avete fatto andate a leggerli), (però che modo subdolo di farmi pubblicità!). Comincia a leggerlo, io attendo in ansia, ad un certo punto fa un salto sulla sedia, torna alla pagina precedente e cambia metodo di lettura, non più veloce ma parola per parola. Alla fine, tutto eccitato, mi dice che se gli faccio una decina di racconti come quelli me li pubblica, senza partecipazione alle spese, non solo, è disposto a darmi un milione in acconto.
- Ora una persona sana di mente secondo voi cosa avrebbe fatto? Ve lo dico io, si sarebbe buttato sull'editore, l'avrebbe acchiappato e legato e, per paura di ripensamenti, costretto a mettere mani sul libretto degli assegni. Questo, se fossi stato una persona sana di mente, ma invece io non lo ero, e non lo sono mai stato e forse morirò senza mai diventarlo. Quindi cosa ho fatto? Semplice, ho ringraziato il mio angelo benefattore e me ne sono tornato a casa lasciando ogni discorso in sospeso, intanto mi sono profuso in cervellotiche considerazioni. Mi sono detto " Se questo qui, che certamente non è la Mondadori, è disposto a tanto vuol dire che il mio lavoro vale e merita senz'altro di più. Perciò perché fermarmi alla prima stazione per prendere un accelerato se posso prendere un Eurostar?"
Ora, col senno del poi ogni critica è buona ma all'epoca, provate a mettervi nei miei panni e sfido chiunque a comportarsi diversamente da come ho poi fatto, ho lasciato perdere il modesto editore e mi sono messo alla ricerca di una casa editrice nazionale. Da allora non ho fatto che raccogliere delusioni su delusioni. Nei due anni successivi, consumando le residue scorte del mio sacro ardore letterario ho scritto altri due romanzi e una sceneggiatura e infine, disilluso totalmente, ho appeso la penna al chiodo, fino a due mesi fa, ovviamente. Devo altresì confessare che non ho mai, come si dice, sbattuto la testa contro il muro, diciamo che il mio atteggiamento in proposito è identico a quello di chi dopo aver giocato all'enalotto sognando il sei non azzecca nemmeno un numero. Accartoccia la schedina e la butta via senza piangerci su.
- Intanto gli anni passano e, castigato sulla vanità, vado avanti tra alti e bassi con la vita. Lavoro, famiglia vicissitudini varie non mi abbattono, anzi mi temprano e così quando un bel giorno la vista da un occhio improvvisamente si altera, diciamo pure si deforma, mi accorgo di essere diabetico. Sbuffo, "anche questa ci voleva!". Stringo i pugni e tiro avanti. Passano altri pochi anni e un bel giorno scopro un altro inconveniente, mi manca la sensibilità a tre dita della mano sinistra. Il medico di famiglia indaga ed equivoca, anche per colpa mia perché gli racconto come qualche settimana prima ho sbattuto il gomito cadendo per terra dopo essere inciampato. "Passerà tra qualche giorno, metti questa pomata sul gomito e vedrai che tutto torna normale" Detto, fatto e avverato. La situazione si normalizza e mi dimentico di tutto il malanno.
- La settimana scorsa. Ore sette del mattino, una bella giornata di sole, mi alzo stiracchiandomi, vado in cucina, accendo la caffettiera espresso e comincio ad armeggiare con gli arnesi per preparare il caffé per me e il cappuccino per i ragazzi. Metto tutto davanti a me, il contenitore del caffé, quello del latte, dello zucchero per i ragazzi e la saccarina per me. La macchina del caffé si è ben riscaldata, riempio il colino, lo introduco ne suo alloggiamento sotto il filtro e mi giro per prendere prima la ciotola per il latte dei ragazzi e poi la tazzina del caffé per me. Prendo la prima, la riempio a metà di latte e la poggio sotto il vaporizzatore quindi apro l'antina dello scolapiatti e prendo la tazzina.
Sono sicuro di averlo fatto e di averla afferrata per bene invece quella precipita nel sottostante lavello, per fortuna senza rompersi ma facendo un bel fracasso con delle posate che vi giacevano.
In un attimo dalla mia vista è sparito il sole, sono rimasto immobile ed atterrito a guardare prima la tazzina e poi la mia mano, quindi con calma, ho ripreso la tazzina e non riuscivo a sollevarla perché mi scivolava dalle dita.
Cristo santo! Sono passati tre anni da quando si è verificato la prima volta e questa volta non avevo alcuna scusante, niente caduta, niente colpo d'aria, niente sforzo, niente di niente, cazzo!
Un fruscio alle mie spalle mi dice che non sono solo in cucina, so che c'è lei, richiamata dal rumore della tazzina. Mi si avvicina con discrezione, non osa nemmeno toccarmi. "Di nuovo la mano?" mi chiede con un filo di voce. Abbasso la testa, non le rispondo, sono tutto un fascio di nervi. In vita mia sono sempre stato preparato al peggio, è un modo di autodifesa, forse anche per scaramanzia, così quando gli eventi negativi si manifestano so affrontarli con più determinazione. Quella mattina non lo ero affatto, solo intuivo che avrei dovuto aspettarmi il peggio.
Sono andato dal dottore immusonito come non mai, la solita indagine, senza scusanti questa volta, un freddo consiglio di recarmi presso una struttura ospedaliera per un'ecografia e qui, infine, la sentenza.
"Mi dispiace, lei è affetto dalla Sindrome del Tunnel Carpale, detto brevemente la S. T. C."
"Siate più chiari, a cosa è dovuta?" ho il sacrosanto diritto di essere scortese con chi usa un linguaggio comprensibile solo alla casta d'appartenenza.
"È il diabete mellito che la provoca" Bestemmio, maledetto diabete, non gli bastava l'occhio?
"Cosa si può fare?" voglio essere ottimista ma non lo sono affatto, parlo per disperazione.
"Ben poco, quasi nulla, lo si può solo tenere sotto controllo"
"Un intervento chirurgico?" mi guarda titubante prima di rispondere.
"Servirebbe a ben poco, come le ho già detto, è un decorso di tipo degenerativo. Se non fosse stata causata dal diabete le possibilità di guarigioni sarebbero state buone"
Ritorno dal mio medico, più che tale è un amico d'infanzia, siamo pressoché coetanei, ci conosciamo dalle elementari, con lui da giovani scavezzacolli ne abbiamo combinate di cotte e di crude. Non sono più incazzato, l'ira ha ceduto il posto al fatalismo. Garda il responso dell'ecografia, sospira profondamente e non s'accorge che mi sta facendo innervosire di nuovo.
"Se non trovi le parole adatte da medico dimmelo da amico, non te ne vorrò per questo" sbotto.
"Ma quali parole! È solo che cerco il modo migliore per dirti che sebbene sia una brutta rogna devi cercare di conviverci per tutto il resto della tua vita. Tutto qui. Sta tranquillo che non ci muori per questo" sono sollevato, lo conosco bene e so che quando parla così a muso duro è sincero.
"Ma devono per forza capitare tutte a me?" più che una domanda è un'amara considerazione.
"Che è colpa mia se hai il diabete?"
"Allora perché non è venuto a te?"
"Vuoi fare a cambio?" replica a muso duro. Mi pento subito per aver detto quella cretinata, lui ha avuto seri problemi di cuore e un paio di anni fa lo hanno ripreso per i capelli sotto i ferri mentre gli mettevano non so quanti bypass.
"Scusa che devo fare?" Prima di rispondere sogghigna.
"Usa l'altra mano o è proprio con quella che ti fai ancora le seghe?"
"Vaffanculo stronzo!"
"Dai, seriamente, quando devi prendere qualcosa con la sinistra accertati prima di farlo senza fare presa con le dita, non so, magari da un bordo o sul palmo della mano. Qualcosa del genere insomma! Per la terapia, oltre alle pillole che già prendi..., sì lo so ne prendi già abbastanza, e non bastano, ora devi prendere anche quest'altre, due volte al giorno, mattina e sera.."
"E mi passerà?" chiedo senza alcuna convinzione.
"Sì, col cavolo! Ridurranno i sintomi. Tra qualche mese ti sentirai meglio, magari perché ci avrai fatto anche l'abitudine, d'accordo?"
"Sì, d'accordo, anche con l'occhio ci ho fatto l'abitudine, a vedere le linee deformate"
"Beh, allora stammi bene, campione! Fatti vedere semmai tra un paio di mesi, ma per una partitina anche stasera, se ne hai voglia"
"No grazie, non posso tenere le carte in mano" mi risponde ridendo.
"Sì, per perdere tutte le scuse sono buone" mi congeda sollevato clinicamente ma non moralmente.
Torno a casa, metto al corrente la famiglia intera, hanno il buon senso di non commentare, solo mia moglie mi chiede se è tutto. Le rispondo di sì, confessandole che la cosa mi fa incazzare di brutto. Mi ha sempre compreso e sostenuto da oltre vent'anni e per lenire il mio dispiacere amplifica i suoi malanni. Questa volta non riesce a risollevarmi. Le dico solo che dalla vita mi aspettavo ben altro non di dovermi contentare anche dei malanni.
Infine, a sera inoltrata, mi siedo davanti alla tastiera, sento il bisogno di dovermi sfogare con qualcuno, intanto ripenso al passato, da quando, ventenne, ho cominciato a prendere responsabilmente tutte le più importanti decisioni della mia vita. Se avessi seguito altre strade ora non sarei certamente qui, ma non so nemmeno dove potrei essere. Ne ho combinate tante!
Cerco di guardare davanti lasciandomi dietro le spalle le delusioni e seppellendo tutte le ambizioni e le vanità che mi hanno mal consigliato e mi chiedo quanto e quale sarà il futuro che mi attende. Ormai non desidero altro dalla vita che di farla finita serenamente, trasferisco in eredità ogni ambizione ai miei ragazzi, da parte mia non posso far altro che il tifo per loro. Non metterò lingua nelle loro scelte anche se non dovessero convincermi del tutto, non ne ho il diritto e nemmeno l'arguzia per farlo.
Senza accorgermene, mi sono messo davanti la tastiera pensando di sfogarmi con un amico ed è quanto ho fatto, ringrazio il cielo di avermi donato un amico comprensibile e silenzioso.
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0 recensioni:
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- é ciò che faccio, Givanna, sebbene molto inconstantemente.
Ragazzi, però, non fatela voi tanto tragica, mica mi hanno amputato!
L'unica cosa è che mi incazzo di brutto quando qulacosa mi scivola dalle amni, tutto li.
Probabilmente arriverò a cent'anni, malconcio, ma ci arrivo tranquillamente.
Ciao Giovanna, su con la vita.
Michele
Anonimo il 11/08/2010 15:56
Il passato? Andato.
Il futuro? Non sarà la mano sinistra che ti permerà!
Scrivi, continua a scrivere, poco importanto le case editrici, fallo per te,
per chi ti vuole leggere e sorridi alla vita.
- Diciamo realtà edulcolorata. I malanni purtroppo sono veri e anche il mio medico è proprio così. Ma caspita, abbiamo vissuto più di mezzo secolo e combinate tante che ci vorrebbe una vita per raccontarle tutte.
Grazie ancora.
Ciao
- Ho letto. non so se sia verità o finzione ma mi hai commosso. la vita ci riserva delle sorprese non positive purtroppo e bisogna affrontarle con la speranza di momenti migliori. ad ogni modo qui hai trovato uno sfogo e degli amici che sebbene sconosciuti hanno la sensibilità di capire... forse i loro sono dolori morali e non fisici ma fanno male e si soffre lo stesso, te lo assicuro. Inserirò anch'io qualcosa di autobiografico, ma penso che non tutti siano in grado di comprendere. Auguroni di cuore...
- copio il racconto(i tuoi che scrivi nel sito sono più lunghi dei miei...) e lo leggo con calma mentre prendo il sole in terrazza poi ti invio il giudizio. Ciao, Rainalda
Tra parentedi ho anch'io un libro che sonnecchia in attesa...
- Nicola, vengano pure a bussare alla mia porta ma.. con Fapes.
Grazie Giacomo, ho già detto da qualche parte che sono un dissacratore nato.
Grazie Laura Cuoricino, sei molto gentile.
- Mi piace! Buona introspezione che descrive una sofferenza dell'anima! Ciao. Cuoricino
Anonimo il 24/07/2010 14:52
Bello questo spaccato di vita... autobiografia vera scritta molta bene, come sempre. Piaciuto anche il tuo modo staccato di esprimere un travaglio interiore. Ciaociao.
Anonimo il 20/07/2010 21:45
Un bel racconto Michele. Hai mai pensato di proporti a qualche editore?
Ah, ah, ah. Facciamoci quattro risate dai...
- Cara Paola, se per obiettivi intendi quelli editoriali, non ci penso nemmeno. Sai in quei famosi anni ho creato dal nulla un giornale e nel 96 l'ho chiuso per mancanza di stimoli. Ecco, sono fatto così, accetto le sfide soprattutto per dimostrare a me stesso che posso riuscirci, e quando ho raggiunto lo scopo, perdo ogni interesse, rimango abulico fino alla sfida successiva. Da circa un mese sto rimuginando una certa idea, nella quale coinvolgere più di qualche autore del sito. A fine mese la proporrò, da domani mi assento per una settimana.
Grazie Paola, (e mi raccomando non scrivete troppo, non voglio passare poi giornate intere a leggervi)
Ciao.
- Mi si è intrecciata la lingua: "possono"
- Arrivo solo ora, comunque dai commenti che ho letto tu hai un forte spirito che non ti lascia abbattere, giusto il tempo di assorbire la novità. Bisogna andare avanti e non demordere, alcuni obiettivi se non sono stati raggiunti prima lo possano essere dopo... noo???? Un bacione.
- Grazie Bob, cuore di berbero!
- questo sito è veramente un oasi, e noi, quelli che hanno ancora un cuore dentro (come dice una canzone) ci rifugiamo qui, dove c'è qualcuno che ha voglia di conoscere le emozioni degli altri e quindi anche le nostre; ti mando i miei migliori pensieri positivi!
- Glauco il tuo commento meriterebbe una riflesione approfondita, che questo piccolo spazio non offre (sebbene conceda). Sforzandomi di essere succinto cerco di fare del mio meglio. Alla rinfusa, il primo commento è quello di non offrire, se non richiesto, il parere ai figli e non perchè io non ne abbia avuto o dovuto subire da giovane delle imposizioni varie, ma perchè trovo giusto sappiano temprarsi da soli, Ciò li fa crescere meglio.
Secondo appunto, ai malanni ormai ci ho fatto l'abitudine, come dice il mio medico, non sono loro che mi porteranno direttamente alla tomba ma il mio modo di vivere.
Terzo, non è facile che io mi sottometta, però possiedo la saggezza di ammettere i miei errori e chiedere scusa quando sbaglio.
Ultimo, viva la vita, comunque sia e comunque vada.
Grazie per avermi dato la possibilità di aprirmi.
Ciao
Michele
- Capisco bene ciò che intendi. Anch'io per un serio problema di distonia che non sto troppo a spiegare e mi ha lacerato l'anima mi sento un maledetto. In questi momenti non credo esista una sola persona al mondo che possa dirti qualsiasi cosa in grado di riportare luce. Non che la luce non ci sia. È solo che il buio serve. A volta bisogna vivere fino in fondo questi momenti di sofferenza per scoprire, una volta toccato il fondo, che si può e si deve risalire. Magari torna la speranza ma una certa malinconia di fondo rimane sempre, nell'attesa inconscia che di nuovo qualcosa vada male. C'est le mal de vivre, je croi. Ma appartiene a coloro che sanno sentire tanto, troppo, e che vivono ogni sensazione con l'intensità di un tornado. Credo che già solo questo ti dia non solo il diritto, ma il dovere di cosigliare e sempre i tuoi figli, come i tuoi amici e anche gente come me, che non conosci. Proprio chi si chiude al mondo ha sempre tante cose da dire e da insegnare. Il destino esiste e comanda, direi. Ma gli occhi, il modo di guardare le cose, possono e può aiutare a trovare il sorriso. I commenti favorevoli sono meritati. Hai uno stile interessante.
- In quei due anni di tormento ed estasi sono stato gratificato da commenti favorevoli di persone, a me sconosciute, ma non editori. Tanto mi ha fatto rimpiangere il primo editore. Il proverbio "chi troppo vuole nulla stringe" l'ho provato interamente sulla mia pelle.
"Il contratto impossibile risale a quel periodo" e il finale non è altro che la mia vendetta privata all'insoddisfazione che mi attanagliava. Grazie a Dio, come da una droga, ne sono uscito fregandomene.
Se vuoi puoi anche dire che ho sconfitto Fapes.
Grazie, Laura, sei un'amica.
Michele
- mi é davvero piaciuta questa riflessione...
convivere con i propri malanni é purtroppo cosa comune...
afferrare il toro per le corna... senza pretendere troppo dal destino...
nessuno può sapere, se avesse la possibilità di tornare indietro, cosa ferebbe di diverso da quello che ha scelto di fare...
tutto ciò che hai non é poco e lo scrivere non può abbandonarti nè tu abbandonarlo...
insomma ce l'hai nel sangue la scrittura..
peccato.. ma forse meno male che tu non hai accettato...
chissà.. a volte.. meglio rifiutare...
vedi Fapes...
Lau
- In questo racconto parte dello stimolo è tuo, Aidi.
Grazie.
- È proprio questo il futuro che trascina via che immaginavo, bivi e svolte e decisioni da prendere in fretta. Quanto al passato, non rimpiangerlo! è passato! E quanto al presente... beh, purtroppo bisogna accettarlo così come viene, se le cose non possono cambiare... comunque è veramente scritto bene, complimenti!
- Grazie Nunzio, sinceramente. Ho scritto il pezzo ieri notte e l'hanno publicato solo stasera. Ti confido che ieri sera stavo davvero male. ma non mi lascio abbattere tanto facilmente, sebbene non sono solo questi i mali che mi affliggono. Ma preferisco non parlarne. Desidero invece essere creativo e, a questo proposito, sto rimuginando un'idea... diciamo coinolgente. Mi piace l'amicizia, spassionata e sincera. Ormati credo di averti capito bene e sono sicuro che la nostra potrà esserci di conforto.
Ciao (ah, guarda che sono anche molto dissacrante).
A presto e.. grazie ancora.
Michele
Anonimo il 17/07/2010 22:39
Michele, vorrei dirti tante cose, ma sarebbero tutte prevedibili, scontate e superficialmente inutili. Io ti capisco, più di quanto tu creda. L'unica cosa che posso aggiungere è che una parte del cielo mi è crollata addosso 5 anni fa, e da allora sto raccogliendo i pezzi. In questi momenti ci vogliono gli amici Michele, quelli veri, quelli con cui hai condiviso tutto. Se vuoi ne possiamo riparlarne. A te il boccino.
Ciao Michele. Con affetto.
Nunzio.
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