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Numero 19
Una Notte.
Aveva il numero 19, un cartellino bianco con le righe prestampate e il numero scritto col pennarello indelebile. Appeso all'alluce immobile, una cella frigorifera lo ospitava, senza tener conto che quello era un corpo, un corpo che era vissuto solo fino a poche ore prima. L'uomo la guardava come fosse irreale e nello stesso tempo come fosse viva. "Diciannove proprio come la tua età". L'uomo era incredulo e rassegnato, come scoprire la vita, come scoprire la morte. L'uomo le carezzò i capelli, le sfiorò il volto poi non osò toccarla più e le disse qualcosa sottovoce e strinse i pugni fino a farsi male. Uscì in fretta, il sole calava, il tempo stringeva. L'ultimo salutò senza voltarsi, "ti darò la verità" pensò, poi svanì.
Un Giorno.
L'auto aspettava fuori, proprio sul vialetto principale, l'autista tamburellava le dita sul ginocchio, masticava una gomma alla cannella, da quando aveva smesso di fumare nient'altro gli rovinava il sapore allo stesso modo. Spense il motore. Dopo quasi mezz'ora e finalmente la donna uscì, con un cappellino bianco, i guanti e gli occhiali da sole. Le aprì la portiera. Lei gli sorrise, lui ricambiò senza parlare, si mise al volante e lasciarono la città. Nel pomeriggio ci sarebbero stati i funerali e la donna doveva esser pronta per le 15, 00. L'autista accese il climatizzatore e fece scorrere in alto il separé di cristallo. La donna si accese una sigaretta, si tolse il cappello, premette un bottone giallo sulla pulsantiera di fronte a lei e disse :<<Ce la faremo ad arrivare in tempo? Sai, non vorrei far tardi. Cerca di fare il possibile, per favore, non ne posso più di tutto questo schifo...>>L'autista si limitò ad un<<Non si preoccupi signora>> seguito da un sorrisino divertito che lei percepì anche senza vederlo. <<La cosa ti diverte, vero? Sono io che faccio il lavoro peggiore qui, sono io che rischio davvero qui, tu puoi anche sparire che nessuno verrà a cercarti. Nessuno ti conosce, io invece sono giorni che giro come una trottola, sono stanca e ora ci mancava anche il funerale del presidente oggi. Che stress, chissenefrega del presidente. Dovrai pagarmi il doppio, ma che dico, il triplo per questo inconveniente. Lo sai vero che potrebbero guardarmi meglio, da vicino, scoprire qualcosa, non so ho paura cazzo, paura fottuta, ho la nausea...>> L'auto accostò. La donna smise di parlare. L'autista si fermò, spense il motore, scese e aprì la portiera posteriore, infilò la testa avvicinandosi alla donna << Questa è l'ultima volta che sento questo fastidioso blaterare>> calmo e quasi fraterno<<Questa è l'ultima volta che ti guardo negli occhi mentre ti parlo. Farai come abbiamo stabilito senza obiettare. Se tutto andrà bene come credo stanotte ripartirai per la Russia>> <<Se qualcosa andrà storto?>> <<Finirai nella discarica più lontana, irriconoscibile, sporca e forse a pezzi.. Ma non sarò stato io a fare il lavoro sporco. Ogni singola persona che hai preso in giro ti vorrà morta. Ma è sempre meglio che vivere nella fogna dove vivevi, sempre meglio che scoparti ogni tipo di bestia per 30 euro facendotene dare 100. Il tuo "collaboratore" ne prendeva 70. Ricordi cosa eri costretta a fare per quella miseria? Da quando mi conosci mangi tutti i giorni, dormi negli alberghi migliori e forse oggi tornerai da tuo figlio. Soprattutto nessuno verrà a cercarti. Anch'io ho rischiato per te, anch'io ho dovuto spappolare la faccia del tuo amico per togliermelo di mezzo. La nausea? È un'altra cosa e tu lo sai. Non provo dispiacere ma ho rischiato. Mi basterebbe riportarti in quel posto e altri amici come lui ti farebbero la festa. Vuoi questo? >> disse sempre con lo stesso tono, sempre con la medesima espressione. <<No, non voglio più.>> Ancora una manciata di lunghissimi istanti. L'uomo non parlò. La guardò negli occhi senza mai abbassarli. Lei sospirò. Lui uscì, richiuse la portiera, si rimise al posto di guida, tolse il contatto, riaccese il motore e ripartì.
Cimitero del Buon Pastore
Un Pomeriggio
L'auto accostò in fila, la donna uscì in nero, come il resto delle persone al cimitero, si avvicinò al gruppo riunto intorno al famoso feretro, il prete faceva un'omelia abbottonata, fredda e di circostanza. La donna si guardò intorno e dopo qualche attimo di panico lo trovò. Barba curatissima, bianchissima, alto, magrissimo, distinto e con un garofano bianco appuntato alla giacca. Lo vide e cominciò camminare tra le persone ferme a far finta di ascoltare, far finta d'esser dispiaciute. Poi un applauso alle gesta del presidente, morto in una camera d'albergo, trovato solo ma evidentemente non lo era. Era truccato da donna e aveva le scarpe col tacco e almeno una trentina di grammi di droga e un paio di litri di alcol nello stomaco. Nulla era stato rivelato, ma molto era trapelato da giornali da quattro soldi. La donna si avvicinò il più possibile all'uomo con la barba che invece non guardava nessuno ma un punto imprecisato del terreno senza espressione. La donna ripensò alle parole dell'autista e alle sue istruzioni e alla vita che aveva lasciato e a quella col suo bambino. Respirò profondamente, sentiva uno strano formicolio nello stomaco e le tremavano le gambe. Prese coraggio l'omelia stava per terminare, si avvicinò ancora. Era alle sue spalle e già l'uomo cominciò a guardarsi intorno stranamente agitato. Forse era il profumo, l'autista le aveva fatto la doccia con quel profumo. L'uomo si girò all'improvviso, lei fu veloce, fu precisa, fu immediata. Si tolse gli occhiali, sorrise appena guardandolo sempre, mise le mani sulle sue spalle, gli diede due baci sulle guance, si rimise gli occhiali si girò e andò verso l'auto. L'uomo era pietrificato. Chiuse gli occhi e cominciò ad ansimare, farfugliò qualcosa a bassa voce, poi scosse la testa, poi ancora chiuse gli occhi., poi si inginocchiò tra lo stupore e il brusio generale. Si abbassò prese un po' di terra tra le mani, pianse e cominciò a respirare sempre meno, sempre peggio e più cercava l'aria più gli mancava. Poi guardò suo figlio che cercava di soccorrerlo, lo guardò e gli strinse le braccia ceruleo dicendo<<E'... viva... é ancora viva, il suo fantasma.. é viva.. e mi ha uccis...>> Stramazzò per terra. Lo circondarono, fecero il possibile ma fu tutto inutile. La donna era già in macchina, nessuno si era accorto di lei, nessuno poteva capire. Si allontanarono lentamente nel subbuglio generale. L'uomo accese il climatizzatore, alzò il cristallo, premette il pulsante giallo e disse :<< Sei stata brava. Ti porto a fare i bagagli... Brava bambina...>> chiuse la comunicazione. Ora era sereno, ora si sentiva meglio "brava bambina mia, visto? l'abbiamo fatto fuori, ora sei libera, ora puoi andare via, in pace" pensò tra sé e il sole era alto ancora e l'aria era dolce e mite.
Aeroporto di Pietroburgo
Una Notte
Sasha era in braccio alla nonna. <<Irina! Figlia... Bentornata a casa! Questo é il tuo Sasha, il tuo bambino..>> Irina non vedeva suo figlio da due anni, ne aveva tre ora. Lo baciò e ribaciò e baciò sua madre. Aveva due biglietti per Parigi, uno dei regali di quell'uomo che l'aveva liberata dal suo incubo. << Vai figlia, vai e non tornare qui per ora. Se il destino vorrà ci vedremo ancora, se Dio vorrà ancora ci abbracceremo. Vai, andate ora. Ti amo Irina.>> <<Ti amo madre, madre mia, quanto dolore... Dio mi perdonerà per ciò che ho fatto?>> La madre la guardò, le sorrise, abbassò gli occhi..<< Vai Irina non hai tempo. Ti amo Irina, qualsiasi cosa avrei fatto per te e tu per il tuo bambino, l'hai fatto. Vai Irina la vita ti chiama.>> << Addio madre.>> <<Addio Irina.>>
Epilogo
Un Giorno
Aveva il numero 19, un cartellino appeso all'alluce. L'uomo lo guardava con un sorriso. "che ironia, vero? Ironia e anche un onore per te. Ora sei esattamente dove é stata lei. Ti piacerà il posto dove sei ora, freddo alle ossa, freddo e buio, ovunque. Che ironia, ora non ci sei più e non crei inferni intorno a te. Ora sei solo e non puoi più tornare, non puoi divertirti, non puoi umiliare, violentare, estorcere, sedurre. Buona permanenza, buona morte." L'uomo uscì nell'aria di sole, salì in macchina, alzò il cristallo accese il climatizzatore. Prima d'accendere il motore prese il portafoglio. C'erano due foto, le donne erano quasi identiche. Baciò la prima, quella di una ragazza che sorrideva con una smorfietta, poi guardò l'altra, quella di una donna con un bambino in braccio. La girò e lesse il messaggio: "Stiamo bene, grazie del regalo. I. e S." Sorrise "Di niente, grazie a te!" Accese il motore e partì.
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