Chiudeva l'estate la scarpinata a piedi,
dopo il ferragosto, scalpitanti, la strada che si inerpicava in salita ed i chilometri eran tanti.
Scarpe da ginnastica ai piedi per affrontare la fatica del percorso, ed uno zaino e una borraccia di acqua fresca, sul dorso.
Per dissetare la sete di vita, di novità, anche essere giovani, ha le sue difficoltà.
Zio Ezio in testa ed i cugini al seguito ed il fedele cane che abbaiava all'aria, alla salita, alle auto, alla camminata, povero cane, per lui, la strada è terminata.
Ed ogni curva conquistata dietro c'era la vita, l'inizio di un'estate, che era già finita.
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Poi la vedetta gridava - terra!- ed in cima alla collina lo scorgevo da lontano, piccolo e colorato su quell'altopiano.
Monteguiduccio, paese della mia infanzia, del mio cuore, una leggenda che da bianco e nero riprendeva colore. Abbarbicato fra le colline di girasoli e stoppie gialle, fra le ginestre sfiorite mi appariva con spensieratezza, e mi sembrava bello e grande, nella sua piccolezza.
Scorgevo il cimitero ed i filari dei cipressi, la chiesa, il campanile, il monte della croce, la casa dei Belloca, Casarotonda lo guardava, innamorata persa, laggiù, nella valle fatata.
L'uva cominciava a far capolino e le pannocchie di mais già da raccogliere, aspettavano la falce a capo chino.
Arrivare stremati e lasciarsi andare dentro il suo abbraccio ed il sapore della mortadella, comperata nello spaccio.
Respiravo già da allora i ricordi bambini, mi giravo, qualche anno e tornavano vicini.
Oggi tanti ne son trascorsi da allora, non abbiamo la forza, o fose la voglia o il coraggio, perchè è cambiato tutto, anche quel caldo abbraccio.
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È strano tornare e trovare ancora le tracce di un passato ma scoprir con amarezza che già quel tempo è andato.
Si è allontanato fra i sorrisi ed i volti che mi davano del tu, quelli che conoscevo ormai non ci son più.
È strano riscoprire quel paese nel piccolo cimitero, ieri sembrava una favola oggi diventa vero.
Qui ritrovo volti, risento le voci, rivedo i sorrisi che non ho mai dimenticato e quel senso di amarezza quando vi ho lasciato.
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Ed in questo paese ornato di cipressi, la vostra casa di marmo bianco, con il lampadario bronzato, la luce è sempre accesa, mia madre, mio padre, quando riposava stanco.
È qui che io ritorno, fra il cielo e una speranza, dicono che chi parte, resta nell'altra stanza.
E con una fitta nell'anima e delle lacrime un velo, ogni volta quel vento mi asciuga, forse viene dal cielo.
Voglio stringermi a voi, mentre scende la sera, perdermi dentro l'abbraccio del ricordo e di una preghiera.