Pochi giorni fa stavo guidando verso casa, e questo è già un evento che ha del miracoloso, perché come è proverbialmente noto tra le mie conoscenze, odio i motori. Ma non è della mia avversione verso le quattro ruote di cui voglio parlare.
L'evento che ha catturato la mia attenzione in quel abitudinario tragitto di strada è stato vedere un cane che costeggiava la strada. Voi direte: e che c'è di strano? In questo periodo estivo, è comune vedere, nonostante tutte le pubblicità progresso e le leggi inasprite, qualche cane abbandonato vagare in cerca della sua nuova fortuna.
Non era un cane come gli altri, era un cucciolo nero, piccolo battuffolo d'ebano arruffato.
Non potevo lasciarlo lì, un 'innocente creatura sfortunata e lasciando sopraffare il mio spirito (sopito )materno e da fottuta croce-rossina, ho fermato la macchina qualche metro più in là.
Invano raccontare che le mie buone intenzioni non sono state capite dal cagnolino traumatizzato ed il muro della sua sfiducia verso gli uomini si è posto tra noi in maniera prepotente e vincente: al primo richiamo ed ai miei primi passi verso di lui, questo ha risposto fuggendo a più non posso nascondendosi dietro alcuni cespugli chissà dove... A questa reazione mi sono re-incarnata nelle vesti dell'Ilenia di tutti i giorni, spogliandomi da quelle di angelica beneffatrice a caccia di una buona azione quotidiana, e non ho potuto contenere qualche colorita esclamazione... Sono allora tornata a casa, indubbiamente dispiaciuta ma con una riflessione in più:quando un soggetto A ha bisogno di aiuto ed un altro B glielo offre la buona uscita dell'operazione non dipende solo se B ha le competenze adatte, o le qualità per interagire con A ;importante è la predisposizione di A, cioè se accetta e comprende la necessità dell'aiuto altrui o se per altri motivi, qualunque essi siano( orgoglio, paura, delusione, sfiducia...), la nega.
È davvero un concetto elementare di psicologia spicciola, ma provarlo sulla propria pelle ha tutto un altro gusto.
Mi sono chiesta quante volte le persone hanno tentato di aiutarmi ed io, qui lo dico e qui lo nego, più per orgoglio che per paura o altro, l'ho rifiutato. Quante volte, non ho visto la luce dei loro intenti e come quel cucciolo impaurito ho cercato l'oscurità di un improvvisato nascondiglio...
D'altro canto chi offre il proprio aiuto lo fa perché si sente sicuro di poterlo dare, lo fa per dimostrare in primis a se stesso di riuscire in un progetto a fin di bene. Se volessimo vedere la questione dal punto di vista che pone l'uomo come un essere spinto esclusivamente dal proprio egoismo nelle azioni di aiuto, chi offre mette in gioco una fetta maggiore del proprio orgoglio, inteso come,"io sono in grado di aiutarti", io ti salverò","grazie a me starai meglio", l'altro deve metter da parte la sua sicurezza,"posso farcela da solo", non ho bisogno di nessuno e semplicemente accettare che "ho bisogno di te"...
Senza perderci in tortuosi viaggi mentali, qualunque sia il motore che muove la relazione interpersonale di richiesta-offerta d'aiuto, guardiamo al risultato:oggi avrei un amico a quattro zampe in più e chissà quel cucciolo una casa in cui ricevere cure, cibo ed affetto invece di giacere sull'asfalto con le viscere in bella vista.
Perché questo è stato il finale di questo incontro impregnato di incomprensione. La stessa sera più tardi, ho fatto l'amara scoperta. Mi sono sentita in colpa per non aver fatto di più, non aver dedicato più tempo e più fatiche a quella creatura dagli occhi intimoriti.
Ho pensato che tutto l'orgoglio o il dolore o la delusione del mondo non vale quell'innocenza massacrata sul grigio catrame.
Nessuna creatura su questa malandata terra dovrebbe meritarsi un trattamento del genere. Nemmeno io.