E'seduta di fronte alla finestra, la rada coda di cavallo le si appoggia mollemente sulla spalla. La peluria color cenere sulla tempia lascia intravedere un tappino giallo infilato nell'orecchio, di quelli che usano i minatori o gli insonni. Qualche segno sulla pelle denuncia la sua acne giovanile.
L'amministrazione bibliotecaria le ha riservato un'intera scrivania: un cartellino col suo nome, postazione preferenziale davanti alla finestra.
Siede al centro del grosso tavolo circondata da una fortezza di libri e carte e astucci di vari formati.
È bardata da vari agghindamenti: pendenti, piccolo collier, anello di fidanzamento con minuscoli diamanti allineati. Possiamo comunque dire che è una ragazza semplice.
La biblioteca è vasta e suddivisa in sezioni, la sala in cui mi trovo è la più grande e luminosa, dalle ampie vetrate la luce del sole entra discreta. Le finestre danno sul bel cortile interno e si vedono le mura dell'edificio, una tipica costruzione seicentesca della Svizzera Centrale con bianchi muri irregolari e finestrelle a doppio vetro con ante in legno.
Abbandono il mio libro per una piccola pausa, mi alzo e attraverso il vasto corridoio. Centinaia di occhi mi seguono dalle scrivanie di corsia, come fossi puntato da un plotone d'esecuzione.
Che idea stupida.
Esco. Fumo una sigaretta seduto su una panchina quando vedo avvicinarsi la ragazza con la coda. Sgambetta un po' nervosa verso me, ben attenta a non apparire troppo semplice e troppo giovane, insomma presa a fingere.
''Buongiorno!'' mi dice sorridendo ''Perché mi osservava?''. Trovo nella sua voce un che di civettuolo che mi disturba, mi stride nelle orecchie come un gesso sulla lavagna. Le rispondo sorridendo mio malgrado '' Cara signorina, le chiedo scusa, non c'era intenzione nel mio sguardo. Osservare le persone è un ottimo modo per evitare di pensare, concentrare la mente su qualcosa che non mi riguarda mi aiuta a distendermi. Vede, sono medico all'ospedale di W... , mi piace rilassare la mente dopo il lavoro ''.
Un sorrisetto malizioso le storpia la bocca: ''So bene chi è lei!''. Siede al mio fianco a inizia a sciorinarmi i suoi studi di laurea infermieristica, gli almeno 15 posti in cui ha svolto tirocini, la sua assoluta dedizione al malato e vari episodi dimostrativi di questo ed altri aspetti della sua professionalità.
Faccio un salto quando mi prende la mano tra le sue. Mi parla della sua passione per la professione medica e porta esempi di luminari cui dedica studio e venerazione.
Mi accarezza la mano, più volte.
'' Sarei davvero onorata di conoscerla meglio, domani ci vediamo per un caffè''. Era una affermazione, non una domanda. Fisso per un attimo i miei occhi (allibiti) nei suoi occhi speranzosi.
'' Sono molto impegnato. Non posso prometterle del tempo''.
Non trovo miglior formula per uscire dall'empasse. La bocca le si contrae e volta la testa. Quando si gira le è di nuovo tornato il sorriso. Solo, lo sguardo è meno diretto.
Mi lascia il suo biglietto da visita. Ci tiene che io sappia dove trovarla, dovessi mai avere qualche minuto di tempo. Anche per una possibilità di lavoro, s'intende.
Mi saluta con un ''Buonasera!'' a trenta denti, lasciandomi con un gattino rosa stampato accanto al suo nome e numero sul pezzo di carta. La guardo da lontano: il suo passo è pieno di baldanza, la coda di cavallo saltella qua e la con moto proprio.
Mi alzo dalla panchina, un po' sfiatato dalla pinguedine che mi appesantisce il respiro. Vari punti doloranti mi ricordano il principio di artrosi che puntualmente bussa alla mia porta a fine settembre.
Getto il biglietto col gatto rosa nel primo cestino.
È appena l'inizio dell'autunno, e già i fiori gualciscono nel parco.