Nell'anfiteatro Flavio la folla trepidava e acclamava impaziente di assistere a scontri, violenza, sangue.
Altarius era nei sotterranei insieme agli altri gladiatori, attendeva che i condannati entrassero nell'arena e fossero dati in pasto alle affamate fiere, dopo sarebbero entrati nell'arena anche loro per uccidere quelle ferocissime belve.
Essere un gladiatore significava trovarsi al gradino sociale più basso dello spietato mondo romano e dover rischiare la vita giorno per giorno; lui non avrebbe voluto essere un gladiatore, ma d'altronde non aveva avuto scelta.
Era nato da un legionario di origine gallica di nome Verciges Gallicus e da una donna della media borghesia chiamata Antonia Valleia, sarebbe potuto essere un libero cittadino, ma quando ancora era piccolo il padre venne ucciso per una decimazione, un procedimento punitivo che avveniva quando qualcuno disertava. A causa di debiti insolvibili e abbandono dei parenti lui e la madre furono venduti come schiavi ad un padrone duro e crudele che quasi non li nutriva e vestiva e li adibiva a lavori pesanti, per questo un giorno la madre tentò di fuggire ma fu presa, separata dal figlio e uccisa. Il piccolo invece fu venduto ad un addestratore di gladiatori chiamato Tigellius che lo crebbe addestrandolo agli scontri e insegnandogli a non avere riguardi neanche per gli amici, così Altarius divenne un uomo dall'alta statura, fisico possente, capelli biondi, occhi blu e fama sanguinaria, per la quale era acclamato, provava sempre paura e dolore quando andava a combattere, per quel che doveva affrontare e infliggere, ma se voleva vivere doveva battersi ferocemente e uccidere.
Finalmente i condannati fecero il loro ingresso nell'arena, fra loro si trovavano schiavi e prigionieri di guerra, ma per lo più si trattava di membri di una setta scellerata, devoti ad un falegname ribelle morto di croce nella lontana e turbolenta provincia di Giudea e questi erano i più odiati da tutti per via dei loro strani rituali, il loro odio per gli dei e l'incendio dell'urbe. Altarius li osservò curioso e notò che fra loro vi era una ragazza che conosceva chiamata Lucrezia Aurelia Prisca, figlia di una delle sue ricche amanti, per la quale aveva sempre nutrito una segreta infatuazione; era stata ripudiata dalla famiglia per essere entrata in quella orribile e superstiziosa setta e adesso si trovava tra i condannati a quella fine atroce.
Quando la condanna venne proclamata squillarono le trombe e le belve furono liberate e si avventarono sui meschini. Altarius chiuse gli occhi per non vedere quel che accadeva a lucrezia, ma non potè esimersi dall'udire le loro grida, le loro invocazioni ad un certo Jesus o kyrios e i loro pianti soffocati, dopodiche toccò a lui e compagni che uscirono e affrontarono le bestie, uccidendole e rimediandoci non poche ferite, ma prima che lo spettacolo fosse finito Altarius si avvicinò impietosito allo scempiato corpo di lucrezia, lo fissò nel volto intatto, notando un'espressione rassegnata.
La notte seguente il duro e crudele Altarius pianse la stolta e indifesa Lucrezia, perchè era una giovane donna gentile, colta e bella che non doveva finire in quel modo per una spregevole superstizione ma quando si addormentò sognò la giovane circonfusa di una luce abbagliante che gli diceva: Altarius non piangere per me che sono morta per colui che conquisterà il mondo e ora mi trovo in un impero dove non vi sono schiavi che subiscono o padroni che uccidono, pregherò perchè tu pure possa venire dove io sono.
Risvegliatosi Altarius rimase allibito e spaventato e da quel momento in avanti cercò di informarsi riguardo alla setta frequentata da Lucrezia, così dagli scellerati aderenti sentì cose come lieto annunzio, pace, fratellanza, amore, carità, tutte cose che prima ignorava nel suo mondo di schiavitù e violenza.
Un anno dopo il feroce Altarius morì per la stessa fede di Lucrezia, circa due secoli più tardi l'impero che prima lo aveva reso schiavo e poi condannato chinò il capo alla sua fede, anche se le ingiustizie sulla terra non terminarono di certo