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Legame oltre confine

Il rosso vermiglio del crepuscolo riempiva tutta la grande vallata. Oltrepassava le nubi all'orizzonte e illuminava le chiome degli irti abeti che formavano un piccolo boschetto. Non lontano vi era un fiumiciattolo che scorreva con gran foga. Del resto, le piogge autunnali quell'anno erano state davvero abbondanti e non era ancora giunta la loro fine, né era ancora arrivato il gelido inverno. Tra il boschetto e il fiume, il suolo era occupato da un accampamento di soldati; nelle bandiere, sventolate dal vento, si poteva notare l'effigie di un'aquila, emblema della legione romana. L'accampamento era lì ormai da diverse settimane, poiché Cesare, per riuscire nel suo obiettivo di sottomettere la Gallia, aveva affidato a una sua legione fidata il compito di conquistare quella parte di territorio, mentre lui si occupava di regioni più ostiche. In parte i legionari erano riusciti nel loro intento e ora non restava che espugnare la fortezza di Kentisia, piccolo ma forte villaggio di galli che stava dando ai romani non pochi problemi. Sembrava impossibile, ma l'esercito del grande Cesare non era ancora riuscito a sopraffare quel pugno di semplici Galli i quali si erano dimostrati più abili e furbi del previsto e avevano sfruttato più e più volte diverse tecniche difensive, avvantaggiati per lo più dall'alta cinta muraria che circondava il villaggio. I legionari, stanchi ormai dopo sacrifici, lotte e lunghi giorni di vita militare, erano sopraffatti dal freddo che, data la stagione, aumentava sempre più.
«Questo maledetto gelo sembra non volersene proprio andare».
La voce veniva da uno dei legionari, stanco e affaticato come i suoi compagni.
«E anche questo vento, diventa più gelido ogni giorno che passa. Lo sento fin dentro alle ossa».
I soldati tornavano da un giro di ricognizione e ora stavano dirigendosi verso il loro accampamento, dove avrebbero trovato i compagni.
«Un legionario degno di tale nome non si lamenta mai. Non pensa al freddo, non si preoccupa delle intemperie. Nel suo cuore è e resterà sempre un unico pensiero: Roma». Le parole, severe e alquanto dure, venivano dal capo del manipolo il quale montava un fiero purosangue. La fermezza della sua voce fu per i compagni una chiamata all'ordine e il solo nome della loro amata città fu nello stesso tempo un amaro rimpianto e un orgoglioso ricordo.
«Sì, Fabio, siamo concordi con te. Unica cosa nel nostro cuore è e sarà sempre il fiero ricordo dell'Urbe, per la quale ci batteremo sempre e alla quale saremo sempre fedeli, qualunque cosa l'ignoto destino ci riservi». La speranza non abbandonava gli animi dei soldati, che si sentivano più determinati che mai a portare a termine la loro impresa, rendendo onore a Roma e a Cesare, loro grande condottiero. Non appena ebbero finito di parlare, il plotone, costituito da quegli uomini a cavallo, era rientrato negli accampamenti. Si era ormai fatto buio e all'orizzonte si poteva intravedere la luna in tutta la sua perfetta rotondezza. Fabio, dopo aver messo a riposo il suo fedele purosangue, si appostò vicino al fuoco, dove altri stavano già consumando la cena, ovvero della selvaggina catturata nel bosco. Tutti stavano ora aspettando che il comandante comunicasse loro le sue decisioni riguardanti l'assedio della fortezza dei Galli. Fabio se ne stava vicino al falò sopra il quale veniva arrostita una belva della foresta e cercava di allontanare il gelo dalle sue membra intorpidite. L'intenso sguardo dei suoi caldi occhi color topazio passava e si soffermava da un compagno all'altro e nella sua mente risalivano lenti i ricordi della moltitudine di battaglie affrontate, degli innumerevoli nemici sconfitti e anche del notevole numero di amici e compagni perduti, tutti sacrificati per il bene dell'Urbe. Tutto ad un tratto, il soldato si sentì come se si trovasse ancora nella sua splendida e fiorente città, insieme alla sua famiglia, nella grande villa dei suoi genitori, con il suo saggio precettore sempre pronto ad insegnargli qualcosa di interessante e a trovar la frase giusta al momento giusto, citando i grandi autori latini, ma soprattutto greci. Sentiva di essere ancora lì, per godersi lo splendore della sua città. Perso nell'oceano dei suoi ricordi, con lo sguardo fisso nel fuoco, ad un tratto fu scosso dall'improvvisa apparizione del suo comandante, Flavio Aurelio Ventidio, venuto a portare le notizie tanto aspettate.

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0 recensioni:

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10 commenti:

  • Angela Lazzara il 10/09/2010 10:34
    *giacomo.. errore di battitura
  • Angela Lazzara il 10/09/2010 10:25
    grazie di cuore daniela e anche giscomo.. mi fa molto piacere che apprezziate il mio racconto.. grazie ancora
  • Giacomo Scimonelli il 10/09/2010 08:23
    complimenti Angela... scrivi bene... racconto ben riuscito... e forse è poco dirti che sei brava
  • Daniela Di Mattia il 10/09/2010 08:20
    Angela complimenti sinceri, tu non hai niente da invidiare a nessono in quanto a stile nel narrare le storie. Ho molto apprezzato il tuo racconto scorrevole e avvincente, anche se credo che possa ritenersi concluso. : Ti rinnovo i complimenti e ti abbraccio
  • Angela Lazzara il 27/08/2010 23:45
    Si mi sn documentata ma a quanto pare nn abbastanza.. Cercherò di migliorare la prossima volta grazie per il commento..
  • Giovanni Sicuranza il 26/08/2010 22:40
    Mi convince lo sviluppo della storia, tale da spingermi a leggerne ancora. Non mi convincono certi "appesantimenti", come l'iniziale "rosso vermiglio", ridondante a mio avviso. Chiedo inoltre all'autore se, prima di scrivere di questo periodo, si sia documentato anche sul modo di esprimersi e pensare, diverso dall'odierno ("Questo maledetto gelo sembra non volersene proprio andare...".
  • Angela Lazzara il 25/08/2010 12:47
    pubblicherò al più presto il seguito grazie per i commenti..
  • Michele Rotunno il 25/08/2010 12:16
    Dai, su, urge una seconda parte. Sono un pessimista realista e non credo ai lieti fini, specialmente in tempo di guerra.
    Facci sapere almeno se ce l'hanno fatta.
    Ciao
  • Angela Lazzara il 25/08/2010 11:54
    grazie mille
    Ciao!
  • Anonimo il 25/08/2010 11:50
    Bel racconto storico con lieto fine. Brava!
    Ciao.

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