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Il tatuaggio di Dorian
Sospira, Dorian. Così poco uomo per quegli stupidi che perdono tempo a guardarlo; e gli ridono in faccia, pure.
"Chi siete? Cosa volete?" dice lui; ma loro ridono e se ne vanno.
È giovane, Dorian. Lucido e glabro il suo corpo scolpito, morbido; appariscente, che tutti lo guardano quando cammina per strada.
E tanti anni prima l'aveva fatto, così, senza pensarci. Era entrato in un negozio e specchiandosi nella vetrina si indicò dicendo "Voglio quello."
Ed era uscito soddisfatto, rimirando il suo viso perfetto marchiato per sempre su quella schiena dalla fioritura eterna.
"Cos'è quello?" gli aveva chiesto la sua fidanzata.
"Lui è Giano."
Ma lei non parve sentire, e ripeté: "Cos'è quello?"
Lui se l'era guardata come fosse matta, fino ad incrociare il suo sguardo sperando di cogliere in esso una nota ludica, qualcosa che gli dicesse che lei, in realtà, aveva capito. Ma non trovò nulla di tutto ciò e deluso, sconvolto forse, si girò lasciando che lei guardasse le sue anche oscillare via; e scivolò via da lei, sussurrando parole che forse non avrebbe neanche sentito.
"Non è altro che la mia ancora di salvezza, che mi terrà su questo mondo senza lasciarmi sfiorire; e quando sarà il momento, lui avrà in pasto la mia vita ed insieme svaniremo senza perdere la scia del bello che ci ha resi uomini. E nulla di più."
"Nulla di più" gli fece eco lei.
Sospira, Dorian, mentre cammina sulla riva del mare e i passanti gli ridono dietro.
"Allora, che te ne pare?"
Dorian la guardò, con quel suo bikini striminzito che lasciava intravedere dei petali di rosa scoloriti, arpionati con un gambo spinato al suo inguine rinsecchito. La rivide tanti anni prima, bella come la perla più splendente del suo oceano. È inutile tentare di lasciar dire ad una penna ciò che solo il corpo di una donna può dire; ma lei ce l'aveva lì, rossa e sanguinolenta, quel fiore ardito trasbordante passione, che ruggiva e miagolava languido attraverso la sottoveste semitrasparente. Ricordava come lei avesse aperto la bocca, come a voler chiedere "Ti piace?", ma subito entrambi si resero conto di quanto quella domanda avesse non potesse avere che una sola risposta. Lui la guardò, deglutì, e rimase immobile. Medusa si sfilò il vestito, mostrandosi per ciò che era veramente. Liberò la fitta chioma di serpenti, che lo fissarono, impassibili. E poi sinuosi si avvolsero intorno alle sue carni nude ed inermi, e li sentiva Dorian, riportarlo alla sua esperienza primordiale. Ventri viscidi e gelati che si impossessavano di quello strano corpo, mentre Medusa lo fissava cullata da una serpe tra i seni. Quel giorno Dorian c'era, se lo ricorda, ma la pietra in cui fu mutato parve nutrirsi del suo ricordo e del suo passato; ed il suo presente fu inghiottito dalle bocche avide delle figlie di Medusa.
"Allora" ripeté lei, "che te ne pare?"
Dorian tornò alla realtà. I capelli di lei avevano perso la vita, e giacevano esanimi e spenti in una coda di cavallo che male nascondeva una schiena raggrinzita ed ossuta. Trattenne a stento una smorfia di disgusto, e fece ciò che lei si aspettava: mentì.
"Sei una favola"disse, con tono poco convinto.
Lei non vide alternative a quella risposta, e finse di crederci. Lo guardò ancora per un istante, aspettando la giusta parola che non venne. E si incamminò, lungo il bagnasciuga affollato toccandosi quell'inguine desolato, dove una rosa appassita aveva smesso di rubarle il sangue tra le sue spine.
"Vengo con te" le disse alla fine.
E la gente lo guardava e rideva, alle sue spalle, di fronte a Giano rideva; rideva dietro quella coppia ambigua che dietro di sé non lasciava che un paio di impronte.
E le onde, uguali a sé stesse da sempre, si abbattevano ribelli sui piedi di Dorian, tra i peli sbiaditi e le unghie ingiallite dal tempo.
"Dorian! Dorian mi senti?"
Dorian lo sentiva, ma preferì ignorarlo.
"Dorian! Avanti, girati!"
Non era solito dare confidenza agli sconosciuti, ed affrettò il passo.
"Lo sai che non puoi sfuggirmi, Dorian!"
E lui lo sapeva, ma non per questo smise di correre. Il cuore in gola quasi lo fece soffocare, ma lui non smise di correre, e corse veloce, senza fermarsi, fino alla fine del mare.
"Guarda il sole, Dorian! È il tramonto! Sai che a quest'ora non puoi sfuggirmi!"
Era vero. Dorian si voltò di scattò, e non vi trovò nessuno.
"Ogni volta la stessa storia, Dorian! Sai che la risposta è dietro di te fintanto che tu non ti volti, e poi svanisce. Lo sai!"
Lui non disse nulla. Rimase immobile ascoltando quella voce farsela da padrone nel suo cervello.
"Guardalo, Dorian! Guardalo!"
Dorian sapeva a cosa si riferisse, ma finse di non capire.
"Guarda il tatuaggio, Dorian!"
E quello fu l'inizio della fine. Le mani iniziarono a tremargli, e gli occhi si fecero lucidi.
"Cosa devo guardare?"
"Sai bene cosa devi guardare. Fallo!"
E lui lo fece. Per la prima volta da quando Giano era apparso sulla schiena, ebbe il coraggio di guardarlo. Lo vide, oh se lo vide. E fu ad un passo dallo strapparsi gli occhi dall'orrore. Giano era lì, deforme, rugoso. L'aveva lasciato come l'essenza della bellezza stessa, ed ora giaceva riverso sulla schiena che pareva mutilato.
"Che c'è? Di che ti stupisci? Giano aveva due volti, ma entrambi collegati allo stesso essere. E tu hai commesso l'errore di ancorarti al tempo che è stato, mentre tutti imparavano a domare i flussi impervi del tempo."
Dorian cadde in ginocchio, e l'acqua di mare che ne lambiva il corpo racconterà ai suoi figli di aver visto Dorian l'immortale piangere. Per intanto la voce non si fermò, e gli disse: "Smetti di lasciarti accecare dal sole, e voltati dall'altra parte."
Dorian lo fece, e pianse di gioia quando scoprì che il lato oscuro da cui era sempre fuggito, prendeva vita nella sua ombra, che scura e immutabile non sapeva cosa fossero morte e vecchiaia.
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