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Una buona ragione... per essere ammazzato
Se il bersaglio è buono,
la freccia colpisce meglio.
Le perplessità del commissario erano palesi, la ricostruzione sembrava credibile, razionale, l'unica possibile, troppi particolari però gli parevano forzati e costruiti. Come comprare un puzzle con le tesserine numerate. Troppo semplice.
"Sembra di plastica", puntuale la sua frase preferita quando qualcosa non lo convinceva.
Non si poteva ritenere un esperto, erano passati almeno dieci anni dall'ultimo caso di omicidio, anzi l'unico. Un uxoricidio risoltosi con una confessione in piena regola, dopo che per un niente la pratica non era stata archiviata come tentativo di furto finito tragicamente. Al giovane commissario, che già si era fatto notare per la sua ostinazione, era sembrato tutto troppo facile e aveva continuato ad indagare finché non era riuscito a individuare la falla. Una caratteristica che aveva mantenuto nonostante il destino gli avesse riservato una vita quasi tranquilla: un emiliano atipico, riservato e solitario con pochissimi amici, in un Commissariato di provincia lontano dalla vita caotica della metropoli. Di buona cultura e una meticolosità caratteriale che invecchiando era diventata quasi mania.
Svolgeva tutto con grande professionalità, che si trattasse di furto di biciclette o di rapina. Figuriamoci l'attenzione per un delitto. E che delitto!
Un assessore ucciso nel suo ufficio richiama l'attenzione della stampa nazionale, delle televisioni, per non parlare dei politici, del prefetto. Come sempre in queste situazioni molti tentavano di sfruttare la vetrina, altri temevano per quanto avrebbe potuto emergere da una indagine approfondita. Non a caso crescevano di ora in ora le pressioni e qualcuno cominciava già a suggerire che si trattasse di un caso troppo delicato per un commissariato minore. Era abituato a non farsi condizionare, a non dar troppo ascolto alle apparenze e decise di partire dall'unico elemento davvero oggettivo: il morto.
Fulvio Linari, cinquant'anni ben portati, non molto alto, più appariscente che elegante, un'eredità che gli garantiva più di quanto avrebbe potuto volere. Assessore comunale a tempo perso, presidente di un'associazione culturale che si occupava di nulla e tombeur de femmes a tempo pieno. Politico mediocre si era comprato quell'incarico per poterlo esibire. Tutto questo prima che a qualcuno venisse la bella idea di spaccargli il cranio con una statuetta, una riproduzione in argento del Palazzo dei Diamanti.
La segretaria entrando in ufficio aveva trovato il cadavere seduto alla scrivania con la testa posata sul piano. Per terra gli occhiali rotti, una Mont Blanc che probabilmente l'assessore stava usando e Monica, la direttrice della Biblioteca Comunale, immobile, in evidente stato di shock con la miniatura insanguinata in mano.
Ciò che successe subito dopo non era molto diverso dalle scene delle fiction televisive: poliziotti, ambulanza, curiosi, il trambusto che contraddistingue queste situazioni. Qualcuno gridò di non toccare niente per non intralciare il lavoro della scientifica che nonostante la tempestività non fu di nessun aiuto, le uniche impronte trovate sull'arma del delitto erano quelle della dottoressa Bergamo e considerato che l'avevano trovata con il corpo contundente in mano non si trattava certo di una rivelazione. Nell'ufficio le impronte erano decine, nitide e inutili. Il medico legale confermò senza ombra di dubbio che la morte, avvenuta pochi minuti prima del ritrovamento era stata causata dal colpo inferto. Un unico colpo, con la riproduzione argentea del famoso palazzo. Le analisi tossicologiche avevano escluso assunzione di droghe, smentendo le molte voci che da sempre circolavano dentro e fuori il palazzo. La situazione finanziaria risultava solidissima: appartamenti, altre proprietà immobiliari, quote azionarie.
Apparentemente non era stato sottratto nulla e l'ipotesi che si potesse trattare di un furto non fu nemmeno presa in considerazione.
L'ora del delitto circoscriveva le indagini. Alle 8. 25, quando il cadavere era stato scoperto, gli uffici erano ancora chiusi e la dinamica del delitto tendeva a far escludere la premeditazione. Le persone presenti in quel momento negli uffici del secondo piano, quindici in totale, sembravano del tutto estranee e dal piano terra non era salito nessuno, almeno stando a ciò che aveva affermato l'addetta alla reception del piano che aveva il compito di registrare le presenze. Togliendo lei, i sette dell'ufficio tecnico riuniti dalle 7. 30 e mai usciti nemmeno per andare in bagno, il morto, Monica, e il messo alle prese con l'ascensore che non voleva saperne di funzionare, ne restavano quattro. L'assessore all'urbanistica, Architetto Vico Salemi, la sua assistente Elena, arrivati praticamente al momento della scoperta dell'omicidio, l'avvocato Prunier, l'unico a non lavorare in Comune, che si trovava nel salottino a leggere il giornale aspettando di essere ricevuto proprio da Linari che lo aveva contattato per un parere legale, e Luisa, la segretaria che aveva scoperto il cadavere.
Aveva interrogato tutti personalmente alla presenza dell'ispettore Damiani e nessuno dei due aveva riscontrato contraddizioni. Le deposizioni non avevano rivelato particolari interessanti e non sembravano emergere elementi che confutassero l'impianto accusatorio, l'unico suggerito dagli eventi. Le due donne avevano mostrato qualche titubanza ma avevano subito svelato, anche se con qualche imbarazzo, i motivi del loro comportamento: Luisa era innamorata dell'assessore che però non l'aveva mai degnata di uno sguardo e l'affascinante Elena aveva avuto una storia con lui, una storia finita in modo plateale: gli aveva rifilato uno schiaffo nel ristorante più trendy della città ed era uscita di scena. L'architetto Salemi, sessant'anni ottimamente portati, non aveva nascosto la sua antipatia per il collega e la morte non gli aveva impedito di tracciarne un profilo velenoso: "Era un imbecille, ma non è una ragione valida per essere ammazzato". Questa la frase con cui si era accomiatato dal commissario stringendogli la mano.
Giorgio Prunier non si sorprese della convocazione, dicendosi subito dispiaciuto per non poter fornire elementi utili all'inchiesta: "D'altronde è un caso facile".
Il commissario riuscì a trattenersi e gli fece segno di accomodarsi, iniziando a tempestarlo di domande che subito l'avvocato mostrò di non gradire. Non c'erano particolari motivi per un trattamento così brusco se non l'antipatia probabilmente reciproca che cresceva ogni volta che venivano a contatto. Non emerse granché se non la relazione con Elena Sales, l'assistente dell'architetto.
"Qual era l'oggetto del parere che le aveva chiesto?" chiese il commissario alzandosi.
"Preferirei non rispondere" rispose Prunier aggiustandosi per l'ennesima volta gli occhiali.
Rilesse i verbali degli interrogatori cercando il dettaglio che gli mancava, la sensazione di avere la soluzione a portata di mano si faceva sempre più forte, forte quanto il disagio di non riuscire a uscire dal vicolo cieco in cui si trovava. Era certo di aver visto quel maledetto particolare, sentiva di averlo quasi toccato, doveva soltanto metterlo a fuoco.
Fece una fotocopia della lista degli oggetti che aveva fatto requisire e mentre usciva dal commissariato ricontrollò con la speranza trovare ciò che cercava:
1 - Occhiali da vista con lenti progressive raccolti in terra, probabilmente qualcuno li aveva pestati facendo uscire una lente e rompendo la stanghetta destra.
2 - Penna stilografica Mont Blanc Boheme Blue raccolta in terra, rotta probabilmente per l'impatto con il pavimento di marmo, i due oggetti potrebbero essere caduti al Dott. Linari all'atto di ricevere o dopo aver ricevuto il colpo mortale.
3 - Pacchetto di sigarette Pall Mall ancora chiuse, erano sul piano della scrivania.
4 - Accendino Cartier, trovato nella tasca interna della giacca.
5 - Fazzoletto da taschino bianco, trovato sul ripiano della scrivania.
6 - Portafoglio in coccodrillo con iniziali dorate (allegata la lista del contenuto).
7 - Lenti a contatto che l'assessore portava al momento della morte.
8 - Una valigetta portadocumenti Mont Blanc (allegata la lista del contenuto).
9 - Gemelli in oro e diamanti tolti della camicia che indossava al momento della morte.
10 - Vestito blu di lana leggera.
11 - Camicia bianca di cotone.
12 - Cravatta blu,
13 - Calzini blu.
14 - Scarpe nere di coccodrillo.
15 - Cintura nera di coccodrillo.
Tutto il materiale riportato nella lista è stato consegnato alla polizia scientifica.
L'aria fresca della sera non gli aveva procurato il sollievo sperato perciò decise di tornare a casa, non aveva voglia di cenare e ancor meno di incontrare gente. Nemmeno la doccia era riuscita a distoglierlo dai suoi pensieri, tanto valeva lasciarli liberi di straripare, almeno per una volta avrebbe potuto fingere che la sua inquietudine fosse dovuta al lavoro. Ripensò alle donne di questo caso, a quanto fossero diverse tra loro. Luisa attratta da un uomo che probabilmente non l'aveva mai guardata e da cui non aveva mai ricevuto un gesto gentile, nemmeno come premio per la sua gentilezza, la totale disponibilità. Una fortuna che lei aveva vissuto come una sventura. Più complicato tracciare un profilo di Elena: una donna affascinante, consapevole della propria bellezza, colta e sicuramente di valore, tanto da diventare l'assistente di un uomo come Salemi. Certo possono esserci molti motivi per scegliere i propri collaboratori, ma sentiva di poter escludere che tra i due ci fosse o ci potesse essere stato qualcosa di diverso dal rapporto professionale. L'architetto si era risposato da poco con una donna molto più giovane e tutti giuravano si trattasse di un rapporto solidissimo. Le storie con Linari e Prunier che avevano condizionato il suo giudizio iniziale, certamente non deponevano a suo favore, ma quello dei sentimenti è un terreno minato. Avrebbe potuto acquisire qualche elemento in più, ma non avrebbero aggiunto nulla.
Restava Monica, la dottoressa Bergamo per tutti colpevole, ma non per lui, era convinto che fosse solo vittima di una serie di circostanze sfortunate.
"Sei o sei stata l'amante di Fulvio Linari?" Aveva iniziato così l'interrogatorio. "No". Aveva risposto lei, senza aggiungere altro, se non un'espressione di incredulità, quasi a meravigliarsi che qualcuno potesse pensare una cosa simile. Aveva risposto a tutte le domande guardandolo negli occhi, per lui valeva più di una prova, ma il questore l'avrebbe fatto rinchiudere. Senza tresca mancava il movente e senza movente si sfaldava tutto il teorema. Anche la ricostruzione dei suoi movimenti era credibile: era entrata in quell'ufficio senza sapere che Linari fosse già arrivato, le sue abitudini erano altre, era risaputo che non si faceva mai vedere in ufficio prima delle dieci. La porta era accostata ed era entrata credendo di trovare Luisa per fissare un appuntamento. Da quel momento i movimenti diventavano più confusi, non aveva messo subito a fuoco la situazione e aveva raccolto istintivamente la statuetta, cosa che avrebbe probabilmente fatto chiunque, anche la segretaria se fosse arrivata qualche minuto prima.
Si svegliò alle 3. 45, tivù accesa e una fame feroce. Troppo tardi per cenare, troppo presto per fare colazione, si alzò senza fretta, preparò la moka, si versò un bicchiere di latte, fette pronte per essere tostate, marmellata, yogurt greco, frutta fresca. Prima però tornò sotto la doccia e ci rimase per un tempo lunghissimo, si fece la barba con cura, insomma il trattamento dei giorni importanti. Divorò quasi tutto quello che aveva preparato, si vestì di tutto punto e davanti allo specchio si regalò anche un sorriso compiaciuto. Si sentiva bene. L'orologio segnava le 6. 01 ma questo non lo fece desistere dal telefonare all'ispettore dicendogli di prelevare la sospettata e di farla accomodare nel suo ufficio: "Rimani con lei fino al mio arrivo". Chiuse la telefonata con un sorriso, sapeva che Damiani si sarebbe precipitato e sarebbe rimasto in ansia fin quando non l'avesse visto comparire davanti alla porta. Un ragazzo in gamba, arguto, disponibile, forse troppo normale per questo lavoro.
Ma è un difetto che col tempo si corregge da solo.
Il sole era già alto ma la città faticava a prendere ritmo, il caldo era sopportabile l'umidità però era come sempre fastidiosa. Poche le saracinesche alzate, gli scuolabus stavano iniziando il loro giro, le biciclette sembravano seguire un copione antico, le locandine davanti all'edicola riportavano ancora a caratteri cubitali i titoli del fattaccio, come l'aveva definito Il Resto del Carlino, che oggi apriva con: IL CASO NON È CHIUSO: QUALI MISTERI NASCONDE LA MORTE DELL'ASSESSORE? Si ritrovò sul luogo del delitto, era entrato in Municipio aveva fatto le scale senza incontrare nessuno, anche la guardiola della reception era deserta, l'orologio segnava le 7. 26. Non aveva uno scopo preciso si aggirava per l'ufficio quasi annusando l'aria, si soffermò a guardare i segni che avevano sostituito il corpo e gli oggetti requisiti in terra e sulla scrivania. Sentiva che c'era qualcosa fuori posto ma si ritrovava sempre al punto di partenza. Prima di andarsene verificò le presenze registrate, erano quattordici.
"Ma scusi lei da dov'è passato?" Chiese sorpresa l'impiegata.
"Non si preoccupi, ho dormito qui".
La sensazione di benessere del mattino era completamente svanita. Non voleva arrendersi, ma il tempo era ormai scaduto, il questore premeva per chiudere l'indagine e anche se rifiutava l'idea che Monica fosse colpevole non aveva più ragioni valide per temporeggiare.
Era sempre stato persuaso che tutti sono capaci di uccidere e guardandola non aveva trovato motivi particolari per modificare questa convinzione. Ciò che rifiutava era il movente, respingeva l'idea che potesse avere avuto una relazione con uno stronzo del genere. Conosceva il tipo di donne che sbavavano per l'assessore. Una sera aveva avuto la sventura di incontrarlo al ristorante dove spesso lui consumava una cena veloce prima di immergersi nella solitudine del suo appartamento, aveva dovuto accettare l'invito, ricorda ancora il cattivo gusto e la volgarità di quella combriccola. Barzellette stupide, sghignazzate volgari, una delle ragazze continuava ad appoggiargli il palmo della mano sulla coscia guardandolo con insistenza.
La donna seduta davanti a lui non aveva niente in comune con loro. La guardò ancora una volta, l'ennesimo sguardo che lei ricambiò senza imbarazzo, senza acredine, un sorriso appena accennato, nulla di irriverente, anche se la ruga che si era formata sulla fronte testimoniava la sua preoccupazione. I tre giorni trascorsi in cella non avevano minimamente scalfito il suo fascino, la sua bellezza fatta di normalità, una donna di quarant'anni che affrontava il tempo con il piglio di chi ha la certezza che alla fine a vincere sarà lei. Dovette alzarsi facendo finta di controllare un plico sullo scaffale, non riusciva a distogliere lo sguardo, quella donna gli era piaciuta subito, non era solo l'aspetto fisico, l'aveva colpito il suo modo di fare, semplice ma autorevole, il modo di muoversi che la faceva più bella di quanto realmente fosse. Un flash, una somiglianza lontana, quel senso di inquietudine che non lo abbandonava mai: una donna, la sola donna che avesse amato, il giardino, le rose, lei che sorrideva... cercava disperatamente di ritornare padrone dei suoi movimenti, di liberare il cervello ma aveva difficoltà a concentrarsi, passato e presente si tenevano a braccetto, i volti si sovrapponevano.
Brevi passeggiate avvolti nella nebbia, quel sorriso ormai spento, quelle carezze che avrebbero voluto rassicurarmi. Foglie morte, bellissime nell'attimo estremo, l'istante che separa la libertà dalla morte. Presagio di solitudine.
Riuscì a frenare il braccio appena in tempo, chissà cosa avrebbero pensato i suoi collaboratori vedendolo accarezzare il viso della sospettata. Il silenzio cominciava a farsi imbarazzante, erano seduti da ore in quell'ufficio, sembrava che anche la vita della piccola città si fosse fermata in attesa di un suo gesto. Stava quasi per mollare quando: "Posso essere accompagnata al bagno, devo sistemarmi le lenti a contatto?" La voce di Monica ebbe l'effetto di una deflagrazione.
"No". Il commissario aveva quasi gridato lasciando stupefatti i presenti.
"Damiani la lista degli oggetti...". Ma nemmeno la guardò, i pensieri stavano prendendo forma, il viso arrossato, un misto di eccitazione e ansia, ecco la tesserina mancante: gli occhiali trovati in terra rotti non potevano essere di Linari, al momento della morte aveva le lenti a contatto, se anche avesse avuto l'abitudine di portarsene un paio di riserva li avrebbe tenuti nell'astuccio, in un cassetto, nella valigetta. Ecco il particolare fuori posto. Muoveva la bocca senza parlare, l'ispettore cominciava a preoccuparsi, tentò di dire qualcosa ma fu battuto sul tempo dal commissario: "Monica gli occhiali trovati in terra nell'ufficio la mattina del delitto sono suoi?" Lei ancora sbigottita per la reazione di qualche minuto prima scosse la testa in segno di diniego mostrando le lenti a contatto che nel frattempo si era tolta.
"Ispettore scopriamo di chi sono quegli occhiali e avremo scoperto il nome dell'assassino. Contatti gli ottici, gli oculisti, faccia rientrare quelli in ferie, faccia quello che vuole ma entro sera voglio il nome". Si avvicinò alla sospettata e stavolta le accarezzò il viso.
"Vada pure in bagno, tra poche ore potrà andare dove vuole". Si fece rintracciare Elena.
"La mattina dell'omicidio è arrivata in comune insieme al suo fidanzato?"
La risposta fu immediata "Non sapevo nemmeno che Giorgio avesse quell'appuntamento."
L'avvocato Prunier aveva perso tutta la sua baldanza, era crollato prima ancora che l'interrogatorio si facesse serrato.
"Siamo arrivati praticamente insieme, nessuno ci ha visti salire, era già alterato, ha cominciato subito a inveire..."
Si fermò un attimo per guardare i presenti, nessuno fiatò, allora riprese raccontando i fatti con dovizia di particolari.
"Il motivo dell'incontro si era rivelato subito un pretesto, continuava a ripetere -me la pagherà la troia- ..
Aveva estratto un DVD dalla borsa e si era avvicinato al televisore. Tornato alla scrivania mi invitò a godermi lo spettacolo: Elena nuda vicino al caminetto con un bicchiere di vino in mano stava sorridendo languidamente, non è difficile immaginare il resto. Chiese un bicchiere d'acqua ma continuò a raccontate, si soffermò sui tentativi di farlo ragionare, arrivò perfino a offrirgli dei soldi ma lui lo sbeffeggiò: "Ho fretta, non ho tempo, ma se vuoi te ne faccio una copia, anzi credo che ne farò più di una". Non la smetteva di ridere, ripetendo parole sempre più volgari.
"Ero in piedi sulla sua destra, mi aveva consigliato lui di spostarmi in quella posizione per non perdere i particolari più interessanti. Sul tavolino alle mie spalle c'era la riproduzione dei Diamanti, me la ritrovai in mano e... preso dal panico pensai di scappare ma cominciava ad arrivare gente, mi infilai in sala d'attesa, solo in quel momento mi accorsi di aver perso gli occhiali. Non avevo intenzione di ucciderlo, ma sono contento di averlo fatto."
Alzò gli occhi e incrociò quelli dell'ispettore: "Che fine ha fatto il DVD?" Chiese. "Bruciato! Come i miei sogni."
Il commissario fermò l'auto davanti all'abitazione di Monica, erano rimasti in silenzio per tutto il tragitto. Lei si allungò sfiorandogli la guancia con un leggero bacio, non si tolse subito come restando in attesa di qualcosa che non arrivò. "Grazie, davvero e scusi ma non ho saputo trattenermi ".
Lui accennò un sorriso e la guardò allontanarsi. Sentiva il suo profumo, sarebbe stato bello accarezzare quei capelli, sentire il calore di quel corpo, ma non si sentiva pronto. Chissà forse un giorno avrebbe trovato la tesserina mancante. Lo squillo del cellulare: "Damiani? Va bene, a tua moglie non posso dire di no. Arrivo."
"Grazie ispettore, ci sono serate dove è meglio non rimanere soli. A volte la solitudine... uccide".
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- Beh, niente di eccezionale, anche perchè non sfugge ai clichè del genere e non ci sono invenzioni che spiazzino e sorprendano, ma comunque non c'è male, una buona storia. E io non ho fatto fatica ad arrivare fino in fondo, ho letto con piacere.
- Non mi cimento quasi mai nel noir, ho voluto giocare un p0' ... cerco sempre di lavorare per migliorarmi a volte ci si riesce altre no, e forse anche il genere non mi é congeniale. Grazie per l'attenzione.
- Sono contenta di ritrovarti. Leggerò con clama dopo averla stampata darò il mio giudizio. Cio, rai
- Ho sinceramente fatto un po' di fatica ad arrivare in fondo. Forse dovresti lavorare di più sullo stile. Scusa la franchezza ma credo che ci serva a tutti noi per crescere, io per primo.
- Perfetto Ivan, semplicemente perfetto. Ottima la souspance mantenuta viva fino all'ultimo. Straordinaria anche la costruzione del racconto. Non ho altri aggettivi.
Ciao
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