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L'incidente
Un auto sfrecciava sull'asfalto di una strada provinciale alle quattro del mattino. Era una notte invernale, fredda e uggiosa. I fiocchi di neve offuscavano il cielo: una meraviglia per i bambini che, alzandosi l'indomani sarebbero stati pervasi dal candore della soffice coltre bianca, una maledizione per altri...
La strada era una pista ghiacciata, una trappola mortale per ragazze impavide e non curanti del pericolo come Catherine.
L'automobile fuggì al controllo della giovane conducente, invadendo la corsia opposta. La velocità crebbe a dismisura. Gli occhi imperterriti della ragazza scrutarono il contachilometri della macchina. Centoquaranta, ottanta e poi ancora centoquaranta chilometri orari. La lancetta era su di giri e fluiva come se si fosse animata violentemente.
"Non può succedere! No, non deve!" pensò la giovane e improvvisamente il ritmo del suo cuore divenne più forte del volume della musica. A denti stretti e con il terrore negli occhi si estraniò da quella situazione; strinse il volante con avida ferocia, riprendendo il comando della macchina sfuggita al suo controllo. Brividi di adrenalina e paura le percossero la schiena.
Ma l'auto riportata sulla corsia giusta non resse all'attrito e come se inghiottita da un vortice divoratore, era attratta indietro da forze ignare alla vista. Forze di cui ci parlano i libri di fisica e Catherine non poteva vincere anche questa sfida; avrebbe sopraffatto la natura, sconfitto le leggi universali della fisica: gli archetipi che sorreggono il mondo.
Un semplice spettatore assisteva a una scena spaventosa: un'Opel corsa fuorusciva di strada attraversando completamente l'altra corsia. Un urto terrificante e un'eco lontano risuonavano nel cuore della notte. Sembravano quasi le urla laceranti dell'automobile. Poi un lampione e il nulla. Il silenzio glaciale ora regnava incontrastato. Io quella sera ero lì e rammento questa scena come fosse ora.
Nonostante i notevoli sforzi, Catherine perse completamente il controllo dell'automobile. I pensieri sovraffollavano la sua mente pari alla velocità della sua auto: la vita intera si fuse nei suoi occhi, occhi segnati dalla paura, di chi è cosciente che la sua esistenza sta per giungere al termine. Si gelò il sangue nelle sue vene, il viso divenne torbido e agghiacciato. Non solo sarebbe stata responsabile della sua morte, ma anche di quella dei suoi amici. Certamente se fosse sopravvissuta, il peso della coscienza l'avrebbe uccisa lentamente, giorno dopo giorno. Era un susseguirsi d'immagini, che si riavvolgevano una dopo l'altra, come se proiettate su una pellicola.
Fiocchi leggiadri cadevano sull'asfalto già bagnato e il suono di un motore rombante si propagava nell'aria.
"Caro Fabrizio, ascolta l'accelerazione della mia auto! Ha fame di gareggiare. Ti sfido!" Febbricitante di gioia e con un sorriso folle sulle labbra la giovane Catherine si sentiva padrona del mondo. Pronunciando delle parole che si sarebbero presto rivelate la sua condanna, parole che reclamavano un gioco maledetto e una trappola mortale, era consapevole che non poteva tirarsi indietro. Un nuovo colpo di acceleratore fu la risposta di Fabrizio. I due si guardarono entrambi accennando un sorriso e in seguito le due automobili sfrecciarono sull'asfalto.
Catherine fu in testa per buona parte del percorso. Il cuore le batteva all'impazzata e un'espressione euforica era stampata sul suo volto. Non pensava a niente. Ascoltava la musica a tutto volume che la gasava e più spingeva a fondo il pedale dell'acceleratore più sentiva il bisogno di dover aumentare la velocità. Ormai era drogata dalla follia di quel gesto incosciente. Sfiorava i centoquaranta chilometri orari ma non bastava ancora. Forse in cuor suo sapeva che appena ne avesse avuto la possibilità, Fabrizio l'avrebbe sorpassata. Infatti non fece in tempo a pensarlo che lo vide esultare alla sua sinistra, mentre le passava accanto.
No i centoquaranta chilometri orari non bastavano decisamente e ora sfiorava i centosessanta. Poi un ultimo disperato gesto. Un sorpasso micidiale in curva, un'azione quanto mai irresponsabile ma per Catherine la sconfitta aveva davvero un sapore amaro e costituiva una vera e propria pecca per il suo orgoglio in confronto. La distanza con l'auto del suo rivale ora era troppa per essere colmata però. Tuttavia la giovane non diede nessun segno di cedimento, fino alla fine.
Nella sua ostentazione continuava a tenere saldo il volante, anche se ormai tutti i suoi sforzi erano inutili. L'Opel, come un disco di hockey su una pista ghiacciata, si schiantò contro un lampione. L'urto fu micidiale. L'auto ripiego su stessa a 360°, eseguendo ripetutamente un testa coda. I passeggeri al suo interno si trovavano su una giostra infernale. I ragazzi sui sedili posteriori furono scagliati fuori dall'auto.
Paolo assorto nei suoi pensieri e incosciente della situazione travolse completamente Angel, la povera sorella di Catherine. Lo sportello dell'automobile non fu in grado di sorreggere il loro peso a quella velocità e i due malcapitati furono scaraventati fuori dalla vettura. Dal canto suo Catherine, era consapevole di ciò che stava avvenendo. E se fosse sopravvissuta, quel ricordo avrebbe animato i suoi incubi per sempre, quel peso avrebbe gravato eternamente sulla sua coscienza. Ma accadde l'inevitabile. Priva della cintura di sicurezza, a causa dell'urto, sobbalzò in avanti, sbattendò contro il frontalino dello stereo. Poi di nuovo, come un burattino nelle mani di qualcuno, fu gettata addosso al vetro dell'auto.
La vita è un battito di ciglia. Può sfuggirci di mano senza che ce ne rendiamo conto. È semplicemente una questione di attimi. E fu quell'attimo, un semplice istante fugace, a salvare la vita di Catherine. Tempestivamente il ragazzo al suo fianco, poggiò la sua spalla sul vetro, proteggendo la giovane prima che volasse fuori dal parabrezza della vettura.
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0 recensioni:
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- Agghiacciante ma di sicuro educativo. Complimenti
- quante vite sono state spezzate per cause simili,
hai ragione, non è un gioco è una giostra mortale.
- Condivido il pensiero di Michele e avendo figli giovani tremo all'idea di una corsa clandestina che coinvolge non solo il guidatore ma anche altre persone innocenti.
Se il racconto può servire come monito ben venga.
A parte questo ben scritto e coinvolgente. Ciao, rai
- Questo racconto si fonda su una solida esperienza. La vita a volte, è maestra più di qualsiasi libro! E l'incoscienza, grazie alla vita diventa un male di cui esiste la cura.
Spero davvero che questo sia un racconto educativo, mi piace l'appellattivo ma mi piace ancora di più l'idea che alcuni possano far tesoro di certe esperienze.
- Dici bene l'incoscienza non è una malattia curabile ma una semplice constatazione.
Racconto educativo.
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