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Miniere pericolose ( Parte 1 )
Un raggio di Sole fece ingresso nella stanza, illuminando la faccia di Gavino. Era la sua sveglia quotidiana, che gli intimava ad alzarsi, per dirigersi al lavoro. Senza far rumore, si alzò dal letto e si vestì di quei pochi stracci che possedeva per affrontare la giornata. Sentiva girare la testa, ma molto probabilmente era il risveglio che gli faceva assumere questa prospettiva.
Scendendo le scale, osservò quelle poche foto che ritraevano la sua famiglia, solare e sorridente, di fronte a quella casa che oggi è la sua abitazione ed a quell'albero di olivo vicino ad essa. Si intravedeva molta vegetazione, e la casa era situata su di una collina, ove si ammirava tutto il panorama. Le scale erano in pietra grezza, i suoi passi giocavano echi rumorosi alle sue spalle. Giungendo all'ultimo gradino di quelle che parevano interminabili scale, si affacciò nella sala, fissando l'orologio per un attimo.
Le 6:05 di una mattinata che si preannunciava faticosa, forse più delle altre. Anche qui, qualche spiraglio di luce riusciva a fendere l'atmosfera circostante. Mugollii, tremiti, le gambe gli erano diventate pesanti, spiombando su una sedia, di fronte al tavolo della cucina. Caterina, sua moglie, gli aveva preparato delle cose da poter mangiare la mattina dopo.<<Papà! Papà! Guarda!>> Lucia era comparsa al posto accanto a lui, teneva un giocattolino di legno, con disegnato un cavallo, lo armeggiava per aria, quasi volasse. Il suo sorriso era smalliante, i suoi capelli sistemati alla rinfusa. Girò la faccia, vedendo anche Tore, il più piccolo, unico maschio. Prese il cavallo a Lucia di nascosto, ed ora ci giocava facendole dispetti. <<Tanto non lo prendi! Vieni sù!>> Lucia alzandosi si dimenava contro il fratello, ma, avendo la stessa forza, non ne cavava piedi.
<<Su smettetela.. sveglierete>> sbattendo un'altra volta quelle palpebre così pesanti, Gavino si accorse che quelle erano solo figure della sua mente, un'immagine, un sogno della stanchezza, o forse della fame.
Prese a mangiare quel pane alle olive, che era così magnifico. Le 6:20, un rumore lo fece girare, scorgendo la moglie sull'ultimo gradino. <<Buongiorno.. ti ho sentito parlare, che c'è?>> anche lei pareva molto assonnata.
<<No nulla.. sarà stata la tua immaginazione..>> rispose lui riluttante, fingendo.
Con un mugolio, Caterina si avviò al lavello, per lavarsi le mani e per incominciare la giornata. <<Era buono il pane? Le olive sono del nostro albero.. Uoh..>> con uno sbadiglio si avvicinò per baciare il marito, così facendo lo fece svegliare, finalmente. <<Buonissime, grazie.>> ricambiando il bacio, si alzò dalla tavola, dirigendosi in sala.
Caterina lo seguì. <<Oggi lascio i bambini da soli per un po'. Devo scendere in paese a fare delle spese, Antonina li terrà a bada. In più, ieri sera, ho spiegato loro dei compiti da svolgere, devono pulire qui, e poi leggere qualcosa, tanto la scuola è lontana ancora. E poi possono giocare. Se vuoi ti porto qualcosa a lavoro?>>
<<Puoi venire quando vuoi.. ma sai, il mio capo non ammette pause lunghe e regolari, penso che oggi riuscirò a convincerlo.>>
Caterina si appoggiò al muro, pensando a ciò che poteva portare al marito durante la mattinata seguente. <<Va bene, allora passerò>> Gavino si avviò al massiccio portone, aprendolo. <<La borsa..>>
Caterina gli passò la borsa, ed insieme uscirono fuori. L'alba imperversava, creando colori cremisi sul cielo. <<Buon lavoro>> dicendo lo baciò teneramente. Si amavano, fin da quando si erano conosciuti, giù in paese. Lui era sbarcato da una nave carica di passeggeri provenienti dall'alta Italia, vicino a Ravenna, lei era nata e cresciuta qui. Fecero amicizia quando erano molto piccoli, alla tenera età di 10 anni, giocando sempre soli per le vie del paese. Del resto, non amavano gli altri bambini lì presenti, e quindi preferivano restare soli. Così, crescendo, si innamorarono, e successivamente, le idee vengono alla testa. A 20 anni si sposarono, ed a 21 subito nacque Antonina. In successione tutti gli altri, con Tore e Lucia per ultimi.
Si amavano anche ora, forse anche di più, e baciandosi in quell'alba così rosa, ricordarono sempre più la loro infanzia. Ma era già tardi, il lavoro attendeva lui, e le spese attendevano lei. Si lasciarono con un altro tenerissimo bacio, e lui si avviò al sentiero, non quello principale, perchè da questo arriva prima.
Caterina entrò in casa omaggiando l'olivo lei di fronte, solo dopo che il marito scomparve alla sua vista. Spalancò persiane e finestre, aumentando così la luce in casa. Erano le 6:45, oggi la sveglia suonava prima per i bambini, che si affrettò a svegliare. Tra tante esitazioni, dopo neanche cinque minuti erano tutti in piedi, al profumino della colazione imminente.
Tutti erano riuniti nel tavolo della cucina, mentre Caterina era lì sempre al suo lavello, scrutando lo sguardo dei figli. Solo dopo che tutti si furono seduti, lei si avvicinò baciandoli uno per uno. <<Buongiorno Tore, ciao Antonina! Buongiorno Lucia.. e Maria>> baciandoli rumorosamente, infine facendo la curva del tavolo, sorprese Fannì, ancora inebetita dal risveglio e le mise le mani negli occhi. <<Chi sono?>> scherzando ottenne una semplicissima risposta. <<La mamma più bella del mondo!>> girandosi di scatto, Fannì abbracciò la mamma.
Così fecero tutti colazione, sapendo già cosa svolgere la mattinata seguente. Avrebbero tutti fatto le faccende domestiche, compreso Tore, che si rifiutava più volte, ma, di fronte a quattro sorelle chi poteva averla vinta?
Caterina li lasciò soli un attimo, salendo le difficili scale per giungere in camera sua, doveva prepararsi. Dopo un attenta visione allo specchio, e dopo essersi lavata, quella mattina scelse tra i suoi pochi vestiti, uno lungo in cotone bianco, che terminava in una gonna larga, le donava un senso di freschezza assoluto. Ai piedi scelse le scarpe nere, che portava di solito. Quindi prese pochi soldi, e si visionò allo specchio. <<Sei bellissima>> Caterina spaventata si voltò, vedendo sul ciglio della porta Lucia, sul punto di terminare la frase <<.. mamma.>> accigliata, Caterina prese in braccio la figlia, coccolandola per un po'. Scesero insieme le scale, e dopo l'ultimo gradino, apparentemente stanca, la madre fece scendere la figlia dalle sue braccia.
Chiamò tutti a raccolta. <<Devo andare a fare spese, miraccomando comportatevi al meglio. Antonina, ora lava i piatti, strofina bene il lavello. Maria, passa in tutte le camere, fai i letti e passa la scopa. Fannì, oggi tocca a te il bagno.. Tore e Lucia, state qui, aiutate vostra sorella e nel frattempo spolverate un po'. Chi finisce per prima aiuta l'altro, e poi potete giocare fuori tutti insieme! Quando torno voglio vedere tutto fatto, va bene? Porterò una cosa per ciascuno, Antonina, fai attenzione.>> Così baciò tutti singolarmente. Aprì di conseguenza la porta, e scese i due gradini dell'ingresso, salutando i figli e dirigendosi per la strada principale, erano le 7:35, il Sole era già alto, mentre lei ricordava le cose da svolgere.
Le 6:45, Gavino si inoltrava nel sentiero che conduceva direttamente alla miniera. Il colore rosato del cielo andava attenuandosi, ispirandosi più al giallo ed al celeste. Questa strada è ricca di ciottoli, fiancheggiata da enormi e sporgenti cespugli di lentischio e ginestra. Qualche palma nana si erge indisturbata, come qualche lingua di suocera. Il mirto sta preparando i fiori, mentre nei pochi spazi vuoti che rimangono spuntano cipressi dalla loro chioma pungente. Tutto l'ambiente profuma di vita, e piace alla persona che vi cammina. Pochi passi per Gavino, che giunge ad un rivolo d'acqua, molto stretto, che forma un laghetto poco più avanti. È un ruscello che si riempie da una fonte delle montagne. D'estate il suo volume è minuto, come ora, mentre d'inverno raddoppia, triplica, ed è meglio non passarvi. È presto ancora, e già si vede la miniera in lontananza. Alcuni degli operai che sono soliti ad arrivare in anticipo, hanno già acceso qualche candela, si riescono a sentire persino delle voci.
<<È presto, posso avvicinarmi a bagnarmi un po'>> borbottò ansioso Gavino, che si sentiva un po' male. Sentiva ancora un lieve malditesta che gli attanagliava persino la visuale. Decise quindi di rinfrescarsi. Abbassandosi verso lo specchio d'acqua, notò stupito quello che era il suo viso: non si era accorto di una ruga che spiccava nella fronte, le occhiaie apparivano sotto i suoi occhi verdi, i capelli erano tutti arruffati, il suo viso stava cambiando. Sarà l'aria respirata laggiù, sarà lo stress, ma si sentiva spossato. Gli dolevano ancora le gambe, e non capiva il perchè. Cancellò quell'immagine raccogliendo un po' d'acqua con le mani e passandosela sul viso più volte. L'acqua risplendeva nello specchio d'acqua, le foglie del timo si appoggiavano delicatamente su di essa. Credeva di sentirsi meglio, dopo quella rinfrescata, quindi riprese a camminare. Fuoriuscì quasi subito dal sentiero scosceso, finendo nella via che dava davanti alla miniera. Il mare imperversava nel suo turbinio azzurro, mentre qualche barca prendeva il largo per pescare.
Le 6:55, quando Gavino entrò in miniera, era letteralmente in anticipo. <<Buongiorno..>> salutò tutti ricevendo un lieve assenso, e subito si dovette abituare alla penombra dell'interno. La sala era un locale molto grande, e c'erano già alcuni operai intenti a lavare le rocce avanzate dal giorno precedente. Subito gli si presentò il capo dinanzi. <<Buongiorno Gavino, oggi devi scendere nel livello 2, la miniera sta producendo molto in questi tempi, quindi mi aspetto buoni risultati, oggi.>> Si aspettava sempre, buoni risultati. <<Certo, apposto>> e fece per andarsene.
<<Ah dimenticavo, oggi lavori con Livio, ho voluto lavorassi con lui per fargli capire il mestiere, sai non è ancora capace. Aspettalo, è in ritardo..>> disse, irritato, armeggiando una frusta e camminando per tutta la sala.
Gavino si prese un momento di pausa, adatto per indossare il suo casco e per prendere il suo unico strumento, il piccone. Non aveva alcuna protezione, lì non esistevano alcune leggi al riguardo, anzi, a chi importava sinceramente che qualcuno rimanesse intrappolato nel buio dei bassifondi? All'epoca era l'argento che risplendeva negli occhi dei potenti, e di certo non la vita delle persone. Le 7:00, ecco spuntare il compagno odierno di Gavino. <<Sei in ritardo, cos'è, oggi non ti si reggevano le gambe dalla folta sbornia di stanotte?>> Prese a ridacchiare.
Livio avanzò, per andare a prendere i suoi strumenti di lavoro. <<Mi scusi.>> scusandosi, ricevette solo un'altra risata arida.
<<Tu.. scusarti? Questa me la -bevo- proprio!>> bofonchiò.
<<Perchè non pensi a reggerti su quelle tue stupide calzature..>>
Sorpreso, il capo si girò assumendo un sorriso maligno, schioccando la frusta. <<Come osi parlarmi in questo mo..>>
<<Si fermi!>> Gavino gli si parò davanti, non voleva più assistere a certe scene.
<<Levati di torno>> mormorò il capo spostandolo leggermente, ma facendolo cadere, già oggi non si reggeva sulle proprie gambe.. Alzò la frusta, diretta sull'uomo.
<<Aspetti! Non lo vede.. è.. è sbronzo, non ragiona, non sa che dice, lo faccio riprendere col lavoro io!>> difendendolo.
Abbassando la frusta, visibilmente irritato, il capo assunse un aria gonfia. <<Forse, Livio Giacomo (e questa volta, disse il suo nome per intero) c'è ancora qualcuno che tiene a te, in questo gruzzolo di terra, quindi adesso prendi le tue cose e sparisci al livello due con questo uomo, e bada, voglio trovare perfetti risultati, non buoni.>>
Sollevato, Livio raggiunse l'ascensore, attendendo che l'amico si alzasse. Anche Gavino, dolorante, si avvicinò all'ascensore, così come la persona che doveva farli scendere.
Piano, la luce cominciò ad attenuarsi. Dall'esterno non si vide più niente, solo buio. Superato il primo livello, si fece ancora più fitto, mentre giungendo già al secondo, si intravide un leggero bagliore delle torce. Scesero dall'ascensore, e si avviarono al lavoro che li attendeva paziente. Il tunnel del livello numero 2 era molto stretto rispetto agli altri, al centro aveva una rotaia, con sopra due carrelli, quando essi erano pieni, venivano trasportati fuori dal tunnel attraverso l'ascensore, e venivano fatti salire alla sala, dove vengono ripuliti e messi in cassette destinate all'estero.
Gavino si mise al suo posto, vicino al primo carrello, successivamente passò il compagno toccandogli la spalla, mormorandogli un leggero grazie. Gavino si stupì, e prese a lavorare.
Livio era un uomo sui 35 anni, era arrivato all'Argentiera pochi anni dal ripopolamento del paese. Proveniva dai paesi interni, per cercare lavoro. Di lui non si conoscono nè nome, cognome, data di nascita o luogo, di nascita che siano veri. Era uno sprovveduto ed un ubriacone, ma col tempo, si sarebbe messo apposto. Pertanto, oggi si accorse di avere una persona speciale con lui, quindi approfittò per provare a parlargli.
Cominciarono a raccogliere le prime pietre, ma Gavino perse il peso su una gamba, mettendosi in ginocchio. <<Tutto bene?>> Dall'altro lato, il compagno si informò della salute di Gavino, cui rispose di si, tremante.
Picchiando la pietra, ad un certo punto, Livio provocò un <<Booom>> da cui ne fuoriuscì un rivolo d'acqua. <<Oh! No! No.. Gavino te la caveresti quaggiù per un po'? È spuntata dell'acqua.. devo avvisare!>>
<<Si.. si corri.. vai.. io.. me la cavo.>> pronunciò queste ultime parole in tono pesante.
<<Sei sicuro? Posso..>>
<<Sii!>> Urlò, forse neanche accorgendosi. Sembrava più un urlo acido, forse non pronunciato nemmeno da sè stesso, forse probabilmente era la stanchezza, infatti non si rese conto di essere ancora in ginocchio.
Il compagno si allontanò subito, lasciando Gavino solo. Cadde. Sull'altra gamba sbattè sulla roccia, bagnata. Infatti l'acqua stava raggiungendo le sue ginocchia, sprofondate nella terra. Si appoggiò alla roccia, con tutte le due mani, cercando sostegno, ma non trovandolo. Sentiva dolore nel petto, ansimava, respirava a fatica. Finchè non si costrinse ad abbassare la testa.
Non si era reso conto neanche dell'acqua che scorreva limpida e fresca sotto di lui. Così, ebbe una visione, quasi come quella di stamattina. <<Papà! Papà! Salto in alto vero? .. Papà mi aiuti qui? .. prendimi in braccio dai! Prenditi una pausa amore, siediti, ti preparo un qualcosa di caldo..>> Vide un'immagine chiara, un giorno, forse. Stava male, il Sole stava tramontando, forse era tornato da lavoro. Sembrava che l'immagine corresse sotto di lui, sotto i suoi occhi, dentro quell'acqua che scorreva. Si annebbiò la vista. Riprese i sensi immediatamente, cercando di rialzarsi, ma non ci riuscì. <<Papà Papà! Il mio cavallo vola..>> Lucia era apparsa nell'acqua. <<Lucia..>> dopo questa visione, gli parve di cadere. Si sentiva caldo, quindi sbattè sulla roccia, non lo sentì nemmeno, ma rimase con gli occhi aperti, la faccia girata verso il muro, l'acqua che gli scorreva dinanzi. Vide ancora Lucia, e Fannì, si divertivano a saltare tra una pozzanghera e l'altra, ridevano, giocavano. Tutto quello gli parve pace, serenità, sorrise.. <<Gavi.. no? St.. Bene?>> non comprese niente, e vide ancora quella tenera immagine, sprofondando in un buio totale.
<<Presto! Portiamolo sù!>>
Gli operai portarono Gavino nella sala, e lo fecero sdraiare su una brandina, lui era immobile, ma respirava. Il capo giunse subito sulla scena e, alla vista di chi aveva fatto cadere pochi minuti prima, raggelò. <<Chiamate un dottore. Subito!>>
Passarono dei minuti, il dottore arrivò dopo le 8:00 e prese a visitarlo. Tolse quella maglietta dal torace di Gavino, e controllò battiti cardiaci e polso. Dopo dieci minuti annunciò il suo resoconto. <<Gavino ha la malattia della miniera, ha respirato troppa polvere in questi ultimi mesi, e dovrà stare a riposo per ripulire i polmoni.>>
Prima che qualcuno intervenisse, parlò subito il capo. <<Quanto, tempo dottore?>>
<<Due mesi perfettamente, potrebbe persino non tornare in questo posto, se ciò dovesse costargli la vita.>>
<<Ah, bene.>> male, perchè perdeva un lavoratore, e questo gli costava. Scocciato sgridò tutti, ricacciandoli al loro lavoro.
<<Qualcuno conosce bene questo ragazzo? Bisognerebbe portarlo a casa sua.>> annunciò il dottore.
Ottenne risposta dalla persona inaspettata. <<Lo accompagno io, se mi dite dove abita>> si accorse di essere fissato. <<E'.. è il minimo, dopo quello che ha fatto per me.>>
<<Va bene, mi potrei fidare. Livio, la sua abitazione si trova dopo la strada principale, prendi il sentiero che c'è qui e ti porterà dritto alla sua casa. Appena arrivato, sdraialo sul suo letto e coprilo. Apri le finestre e raccomanda di mettere sempre qualche rametto di lentischio e mirto vicino al letto. Ogni giorno deve prendere queste. Una dopo pranzo. Per il resto, è apposto, non è nulla di preoccupante, può mangiare ciò che vuole, e bere acqua. Le piante sono molto importanti. Miraccomando.>>
Sentenziò il dottore, indicando la via, ed ottenendo un sì squillante come risposta. Il capo concedette il permesso, al patto che il lavoratore tornasse subito in miniera. Così il nostro amico caricò sulle spalle Gavino, e lo accompagnò a casa, per quel sentiero così scosceso. <<Lu.. ci.. a..>>
<<Sù, tranquillo, ti porto a casa io, ci penserò io.>>
I lavoratori tornarono a lavoro, tutti indaffarati, mentre i raggi del Sole cominciavano a inoltrarsi per la sala. Tutti però fissavano Livio, che pareva cambiato, come illuminato, allontanarsi con Gavino sulle spalle.
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l'autore Giuseppe Tiloca ha riportato queste note sull'opera
Ricordate ''La guerra all'Argentiera - Primo bombardamento''? questo è il continuo di quella avventura, centesima opera, alla scoperta della guerra vissuta dalla mia nonna materna. Buona lettura!
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0 recensioni:
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- Ho letto con attenzione il racconto. Mi e' piaciuto.
- Uno spaccato di quotidiane abitudini familiari.
Bello, ma andrebbero riviste alcune "imperfezioni" della lingua italiana, così come andrebbero sfrondate alcune parti che appesantiscono (anche se di poco) il racconto.
Quando si scrive non bisogna essere frettolosi, capisco la tua giovane ed impulsiva età (beato gioventù, però alcune regole sono fondamentali per la buona riuscita di un'opera.
Sono sicura che la tua intelligenza ti permetterà di capire e fare tesoro che ogni commento ricevuto, è un prezioso consiglio.
Vero?
- Grazie ragazzi, mi rende felice sapere che vi piace questo racconto, la seconda parte la sto scrivendo, ma ci vuole un po', visto che dopodomani comincio scuola, e quindi ho una valanga di impegni!
Grazie
- Un pizzico di Sardegna sapientemente descritto: il lavoro in miniera, così duro e terribile!
Mi è sembrato di rileggere la meravigliosa Grazia Deledda... continua così Giuseppe!
Aspetto la II parte: fammi emozionare, cucciolo!(Potresti essere mio figlio!).
(Senza alcuna offesa, mi permetto di sottolineare che andrebbero apportate alcune correzioni, per rendere il lavoro anche più fluibile e di facile lettura.)
Bravo!
- è un bel racconto anche se necessita di piccole correzioni, le descrizioni sono deliziose profumano di natura, bravo!
- Bravissimo!!
- Bravo Giuseppe...
magnifico inizio...
... in attesa del finale...
- Wow. Visto che bravo!
dai dai continua così
- Sono beatificato dai vostri commenti: avete riconosciuto in me uno stile più maturo.
Ne vado pienamente fiero, Grazie mille!
- bravo giuseppe una gran bel racconto... sarò lieta di leggere la continuazione che da quanto presume ci dovrebbe essere... complimenti davvero... scritto più che bene nonostante la tua giovane età...
- Complimenti Giuseppe, un racconto molto "maturo" scritto benissimo, come nel tuo stile, che ormai ben conosco e ammiro.
Credo inoltre che non finisca qui.
Ciao Giuseppe.
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