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Il ritrovo di un amore
Le giornate andavano avanti. Il sole del mattino mi consolava, il buio della notte mi rilassava. Il fuoco che ardeva nel camino tutti i santi giorni di freddo che dovevo sopportare, mi diceva che avrei superato quel momento, che sarei tornata a vivere la mia vita senza la solitudine che da più di un anno mi affiancava costantemente. No alla fine mi davo una risposta non c'è l'avrei fatta a superare quel momento. Da quando lui se ne era andato ero sprofondata in un abisso e temevo di non riemergere più. Lo avevo tanto amato e tanto ancora l'amavo... ma lui non c'era, forse non ci sarebbe stato mai più. Ci eravamo lasciati per chissà quale motivo, di quelle storie che a volte prendono quella brutta piega.. fatta di continui litigi.. parole incomprese.. sguardi assenti. Ultimamente non ci capivamo più e addirittura ero giunta a pensare che avesse un amante. Troppe incomprensioni, avevano portato a tanti litigi fino alla perdita della nostra fiducia che avevamo cresciuto insieme con tanta cura.. il nostro era un rapporto che non doveva aver fine, ci ripetevamo sempre, invece da più di un anno non avevo più sue notizie come lui non le aveva delle mie. Lo avevo lasciato lì su due piedi, davanti la soglia della porta, mi fissava con quei occhi che ogni notte mi ritrovo davanti e che durante il giorno cerco fra la gente. Mi ero trasferita nella casa dei miei genitori, che ormai da tre anni non c'erano più. Avevo lasciato la casa in affitto che distava di un chilometro dalla casa di Alberto per essere più tranquilla. Per evitare di non incontrarlo più avevo scelto la meta più lontana a cui potevo mirare, tenendo sempre in considerazione il fatto che dovevo continuare a lavorare se volevo mantenermi da sola. Avevo trovato impiego in un negozio di alta moda e ottocentocinquanta euro al mese mi facevano più che comodo. Sapevo gestirli bene.
Quel mattino mi ero portata la sciarpa di lana che intorno al collo mi confortava dal freddo che faceva gelare i miei piedi dentro gli stivali. Avevo fatto una coda e me ero pentita, le orecchie erano fredde e sicuramente bianche. Andavo sempre a piedi al negozio. La signora Palermo mi aveva dato un orario che dovevo rispettare, e così avevo fatto da un anno tutti i giorni. Alle nove puntuale ero arrivata al negozio.
<Salve signora Palermo>
<buongiorno Pia>
<c'è un sacco di roba da sistemare, su rimbocchiamoci le maniche>.
La signora Palermo era una cara donna, mi voleva bene, era sposata ma non aveva figli, per questo mi trattava come se fossi una figlia. Ogni tanto mi regalava qualche golfino che diceva che mi accendeva il viso con quel colore. Sapeva la mia storia;perché avevo lasciato il mio paese, e sopratutto sapeva di Alberto.
Tante volte ero cascata in lacrime mentre ero a lavoro, sopratutto nei primi giorni. Adesso mi diceva lei che ero un poco più tranquilla, ma in cuor mio lo sapevo che non era così, sentivo troppo la sua mancanza. Mi mancavano i suoi abbracci, i suoi baci e a volte pure i nostri litigi sulle piccole sciocchezze. Da più di un anno provavo a dimenticarlo ma ancora non c'ero riuscita. Sicuramente lui a quest'ora mi aveva già dimenticata, d'altronde ero stata io a lasciarlo, senza alcun modo di poterci chiarire, il mattino dopo ero partita e da allora non avevo avuto più sue notizie.
<Pia cara.. sistema tu questi maglioncini io vado a dare un'occhiata in magazzino>
<Sì signora>le risposi.
Mi piaceva sistemare i maglioncini di lana, il mio lavoro mi distraeva, mi piaceva guardare la gente fuori che passeggiava per i negozi tutti coperti fino al collo, sciarpe cappotti e berrettini. Chi portava con sè l'ombrello in mano per paura che da un momento all'altro si sarebbe scatenata una tempesta, come era solito fare.
Un bimbo correva incantato dai giocattoli del negozio di fronte, e la mamma che gridava, correndo dietro di lui. Un signore che parlava al telefono si era fermato davanti la nostra vetrina e ammirava gli eleganti abiti da sera da donna, poi privo di interesse aveva voltato l'angolo.
Avevo alzato lo sguardo, poi lo avevo abbassato e subito dopo lo avevo rialzato verso la strada, un fantasma??? un sosia che era passato da quelle parti?? o forse non era lui... o forse avevo avuto un'allucinazione?? continuavo a guardare là fuori oltre la vetrata, oltre la gente che in fretta passava, cercavo con lo sguardo di intravederlo un'altra volta, ma non vidi più nessuno, nemmeno la gente che vi attraversava, sentivo solo il vento, e poi la signora Palermo che mi chiamava.
<Pia.. Pia??>mi chiamava la signora.
<Sì.. signora>
<ma cosa fissavi??>
<niente mi ero persa nei pensieri>.
Anche oggi avevo finito di lavorare, erano ancora le otto e già stato andando a richiudermi in casa. Non avevo amici, solo pochi vicini che neanche ci salutavamo. Mi sentivo spenta, non ridevo da chissà quando tempo.
Stavo voltando l'angolo per prendere la scorciatoia che portava alla mia casa, quando da lontano fra la folla intravidi un uomo.
Era alto i capelli corti e neri. Aveva un impermeabile beige più o meno non si vedeva bene tutto il corpo, a causa del flusso di gente che passava di continuo avanti e indietro a destra e a sinistra. Eppure doveva essere lui.. lo avrei riconosciuto fra mille persone, sentivo che era lui, non era stata un'allucinazione, come non lo era stato nemmeno davanti al negozio. Lui era lì...!
Mi misi a correre. Entrai fra la folle di gente.. sbattevo fra la gente che cercava di schivarmi, pestavo piedi senza fermarmi a chiedere scusa alla gente colpita, cercavo con gli occhi sbarrati di vederlo. Vedevo tanta gente ma non vedevo lui. Gridavo il suo nome fra la corsa e gli urti. Ma non c'erano più tracce di Alberto si era di nuovo volatilizzato.. non mi davo ancora tregue, le mie gambe correvano ormai da sole. Si mise a piovere, l'acqua non mi fermava, le gocce di pioggia si mescolarono con le mie lacrime che scendevano a rigare il mio viso. Stavo diventando pazza, la gente che mi guardava già lo pensava.
Ripresi la strada verso casa e non curante della pioggia che mi aveva ormai inzuppato, camminavo come se stessi passeggiando. Guardavo i miei piedi, e li invidiavo loro sapevano dove andare, sapevano qual'era il ruolo della loro vita.. loro erano in due.. sempre coordinati e sempre affiancati. Io ero sola, senza una meta. Rimpiangevo di essermene andata via e di aver buttato per rabbia cellulare e scheda telefonica.. per non essere più rintracciata da nessuno. Ma tutto questo mi aveva portato solo alla mia distruzione... ormai ero quasi distrutta.
Un fascio di luce attraversò i miei occhi, i piedi di colpo si fermarono, adesso non li invidiavo più perché non sapevano più cosa fare. Rimasi piombata al suolo davanti casa mia. Mi tremavano le mani, la pioggia continuava incessante a cadermi addosso, i miei occhi sbarrati e increduli fissavano quelli suoi, scuri e profondi. Mi fissava davanti la porta di casa mia, anche lui bagnato dai piedi alla testa; il suo cappotto beige era diventato marrone scuro, ma era lui... mi aveva trovato.. forse neanche lui mi aveva dimenticata, forse in questo anno mi aveva continuamente cercato... Non parlavamo... nessuna parola usciva dalle nostre bocche... quello che ci stupì furono i nostri occhi che avevano tradotto tutto quello che il nostro cuore aveva da dire... ci amavamo ancora.. molto più di quando ci eravamo in passato amati... adesso lo sapevamo, avevamo bisogno l'un dell'altro..
Mi aprì le braccia venendo verso di me... io le corsi addosso... tra lacrime, pioggia e singhiozzi... ci guardammo da vicino e le nostre labbra si unirono...
Finalmente ci eravamo ritrovati grazie anche al suo aiuto, Alberto non avrebbe mai trovato la casa di Pia da solo.. anche lui si era accorto che lei lavorava in quel negozio.. così dopo che Pia se ne era andata Alberto era entrato nel negozio ancora aperto.
Aveva assistito alla scena del ritrovo e si era pure commossa... adesso non c'era più bisogno del suo aiuto. Senza farsene accorgere la signora Palermo andò via con il suo ombrello che parava la furia della pioggia; a poco a poco scomparve in quella sera che tra lacrime di gioia e lacrime di pioggia un amore era tornato a vivere...
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