Il Re nel suo alto castello, circondato dalle mura spesse, dagli alberi del bosco fitto, dalle case dei sudditi al suo servizio, guarda verso l’impero sconfinato, l’orizzonte lucido dove il sole tramonta e porta la notizia del suo potere. Ad una finestra larga, in piedi vestito di regalità e stanco, guarda.
Corvi aleggiano come pensieri turbinanti. E odore di carne che brucia, fieno tagliato, legna fresca.
In lontananza messi cavalcano in tutte le direzioni, veloci e fidati.
Il suo consigliere entra nella stanza inchinandosi:
- Sire, i soldati aspettano una sua decisione…
Il Re neanche sente la supplichevole voce dell’uomo. Ha nebbia dalla quale vorrebbe districarsi, i suoni così sono ovattati, spenti.
- Dobbiamo fare in fretta… i nemici avanzano. Ogni tentennamento parrebbe simbolo di debolezza…
Adesso avverte il senso delle parole. Il Re conosce la situazione. L’ennesima guerra, contro diversi barbari feroci, contro gente affamata di potere come lui. Partire bisognerebbe, e attendere quegli animali al confine, per massacrarli. Solo che il Re è stanco.
Ricorda la sua investitura, alla morte del padre, Re severo e forte, che con l’esempio fece di lui un dominatore. Se lo portò in battaglia quando questi non aveva che dieci anni. E a dieci anni uccise, scalpitando nella ressa dei corpi e delle urla. E da allora quanti scontri? Quante uccisioni? Quante vittorie?
Andare avanti, fino a che le terre non furono distese supine di teste umane, nuove genti pronte ad accogliere quella forza che avanzava, senza più bisogno di lottare. Bastava la fama a precederli, perchè i popoli si arrendessero. E alla fine, quando tutto il mondo conosciuto stava nelle sue mani compresso, tornò indietro, verso l’origine e il cuore del suo regno. Le celebrazioni sontuose, folli di ebbrezza i suoi sudditi gridavano il suo nome, mentre loro entravano attraverso le mura, i cavalli colmi di ricchezze e schizzi di sangue. E il matrimonio con la Regina. La loro unione decisa prima ancora che essi nascessero. Stabilita secondo rituali di casta antichi e precisi.
Solo ora il Re si rende conto di aver sempre pensato a lei, prima di ogni battaglia, nel loro accampamento di notte quando si spegnevano i fuochi. Ai suoi capelli legati in una treccia sola, sottile ed infinita, ed alle sue mani carezzevoli lungo la sua faccia ispida. Al suo sguardo dolente di tempesta silenziosa.
Pensava a lei e alla speranza di ritornare. Di tornare da vincitore. Come se questo servisse a farsi amare. Illuso.
Perché anche se a lui quell’unione forzata aveva fatto nascere l’amore, sapeva che in lei questo era assente. Aveva solo ubbidito agli ordini regali. E onestamente gli stava vicino. ?" Ma - pensò il re chiudendo le palpebre - a che serve tutto, dio delle guerre, se lei non mi vuole?
Il consigliere stava per pronunciare altre parole, più decise, perchè il tempo stringeva, bisognava agire, ormai non c’era più altra possibilità, quando il Re lo anticipò.
- No. Non partiremo verso il confine. Non attaccheremo i nemici. Così ho deciso.
- Ma Sire, se loro avanzano avranno vantaggio, dobbiamo fermarli al confine, quando saremo ancora in tempo… Sire, pensi all’assedio, non siamo preparati qui…
- Così ho deciso.
Il consigliere nonostante sentisse forte una morsa di ghiaccio nel petto, inchinò nuovamente la testa, e disse: - come vuole il Mio Signore. Vado a riferire ai comandanti?" e fece per uscire veloce, sospirando.
- Ancora una cosa, consigliere. Chiami il boia. Dica lui di venire subito. E poi faccia svegliare la Regina. Così ho deciso.