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Il mondo di Giuliatta e Romeo. Parte prima
Giulietta e Romeo erano cugini, avevano la stessa età e andavano perfettamente d'accordo nell'organizzare le loro giornate e i loro giochi. Giulietta non era il vero nome della bambina. Glielo avevano dato i suoi amici, ispirandosi all'autenticità del nome di Romeo.
Romeo andava a casa di Giulietta e Giulietta, molto più spesso, a casa di Romeo che era una casa particolare, affascinante. Incastrata fra le mura aureliane e un alto muro in mattoni che delimitava il confine di un Istituto religioso, in origine doveva essere stata una chiesa perché vi si accedeva da un portico che aveva sulla parete due grandi affreschi di santi, posti l'uno a destra e l'altro a sinistra della porta d'ingresso. Sul pavimento del portico i due ragazzi avevano disegnato, col gesso, il tracciato del gioco della "campana" sul quale saltellavano come allegri uccelli. Davanti alla casa si estendeva un vasto piazzale che terminava con un orto recintato da una rete metallica insormontabile.
Il cancelletto d'ingresso era sempre chiuso con un robusto lucchetto; la chiave era sempre sotto il controllo dei genitori di Romeo che non permettevano ai due cugini di entrare da soli nell'orto non solo per evitare che i loro piedi vandalici calpestassero le molte verdure, ma soprattutto perché temevano che i temerari ragazzi finissero dentro una grande vasca sempre piena d'acqua. Ai ragazzi il divieto non pesava. All'orto andavano spesso con il padre di Romeo, a cogliere la lattuga per la cena. Quando Giulietta andava a casa di Romeo e si faceva tardi, gli zii la trattenevano a dormire da loro. Erano serate indimenticabili!
Nella bella stagione i ragazzi, cenato in fretta, si scatenavano in cose frenetiche sul vasto piazzale. Arrivavano fino al cancelletto dell'orto e provavano un po' di paura perché era buio pesto; ma bastava guardare la luce discreta che si diffondeva dalle finestre della casa perché ogni timore scomparisse. Quando c'erano le lucciole, si incantavano a guardare i loro voli luminosi e silenziosi. Poi li afferrava il forte desiderio di prendere nelle loro mani quelle piccole luci. Qualche volta riuscivano a prenderne una. Allora correvano in casa, la mettevano sotto un bicchiere capovolto, spegnevano tutte le luci e stavano in silenzio a contemplare quel miracolo. Poteva accadere che fossero distratti da qualcosa di interessante. Poi i genitori di Romeo che erano già a letto, ordinavano ai ragazzi di andare subito a dormire. La mattina trovavano la lucciola dimenticata, morta, con le alucce accartocciate. Allora giuravano che mai più avrebbero preso una lucciola. Non sempre mantenevano il giuramento sempre pentendosi e recitando una patetica preghiera per le lucciole sacrificate.
Vicino al cancello d'ingresso c'era una pietra circolare, la parte emergente di un vecchio pozzo interrato. Quello era il giardino personale di Romeo e lì i due ragazzi facevano i loro esperimenti di botanica. Ma i polli della madre di Romeo, che razzolavano liberi dove volevano, sciupavano tutto. Con l'aiuto del padre di Giulietta i ragazzi costruirono una rete di protezione che si poteva togliere quando i polli dormivano. Riuscirono a piantare e a far crescere delle viole del pensiero di tutti i colori. Il vecchio pozzo era diventato un cesto colmo di fiori. Entusiasti del loro successo, i ragazzi si svegliavano al primo canto del gallo per correre a mettere la rete di protezione. Ma i ragazzi, si sa, non sempre sono costanti. Sono distratti da mille interessi e curiosità. Il bel cesto di fiori andò in malora mentre Giulietta e Romeo progettavano altre avventure.
Una volta si incamminarono da soli verso il Gianicolo. Stanchi per la lunga camminata, si misero a sedere su una panchina dietro la quale biancheggiava un grande cespuglio di biancospino. "Ah, che bei fiori! - disse Giulietta - Prendiamone qualche ramo". E ne staccò due o tre. "Basta - disse Romeo - Lo sai che non si possono cogliere i fiori?". Ma Giulietta nemmeno lo sentiva. Fece un mazzo enorme che stava legando con fili d'erba quando arrivò, con le mani sui fianchi e lo sguardo severo, un vigile. "Dove sono i vostri genitori? . chiese. "A casa"- rispose Romeo. "Andiamo a trovarli". "No, la prego! - implorò Giulietta - le daremo i loro nomi e gli manderete la multa a casa".
"E chi mi dice che mi darete i nomi veri?". Andò a parlare con un collega e insieme ai ragazzi si presentò dai genitori di Romeo. Questi si spaventarono ma il vigile li rassicurò. "Vi faccio solo una multa e nemmeno la più pesante". Pagata la multa, Giulietta si fece coraggio e chiese: "Posso tenere i fiori? Tanto non può ripiantarli. Andrebbero sciupati". "Tienili pure, ma mettili subito nell'acqua. Se non lo fai non arriveranno a domani".
Quando Romeo andava a casa di Giulietta che viveva, insieme ai genitori, nella grande casa della nonna, vedova da parecchi anni, i giochi si dovevano fare al chiuso. La casa non aveva un giardino ed era situata in un quartiere molto trafficato. Vi passava perfino un tram che addirittura rasentava il marciapiede. Ma i ragazzi non si scoraggiavano. Giulietta ogni tanto riusciva a convincere Romeo a giocare ai genitori della sua bambola. Ma Romeo si stufava presto del suo ruolo di padre. Cominciava a sculacciare la bambola, suscitando lo sdegno della cugina che interrompeva subito il gioco. Allora si mettevano a frugare nei cassetti di vecchi mobili con la speranza di trovare cose interessanti.
Un giorno trovarono un pacchettino legato con lo spago. L'aprirono e si trovarono davanti lo scheletro di un uccellino. Un po' turbati corsero dalla nonna che, appena lo vide, sorrise mestamente. "Questo uccellino - disse - viveva libero nella stanza di mio padre, il vostro bisnonno Nicola. Era un po' strano. Quando morì mia madre, venne a stare con me e per timore di dare fastidio non usciva quasi mai dalla sua tana. Una mattina l'andai a svegliare con la colazione su un vassoio. Sembrava che dormisse. Lo chiamai inutilmente. Era morto. Quando facemmo il funerale, l'uccellino uscì con noi e per un po' volò vicino alla bara. Poi, all'improvviso, crollò a terra, fulminato. Se n'era voluto andare con il suo amico". Gli occhi della nonna erano umidi di lacrime ed i bambini la guardavano commossi. Giulietta avrebbe voluto proporre alla nonna di seppellire il piccolo scheletro, ma capì che la nonna voleva conservarlo in casa. Andò a prendere un foglio di carta pulita, vi avvolse l'uccellino, fece un pacchetto e lo legò con un filo d'argento.
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