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È tutto finito
Io non ho paura.
E c'è silenzio intorno, solo la mia mente non sta zitta.
Non è difficile, mi siedo e prendo in mano quella lametta, vedo la mia pelle lacerarsi, aprirsi all'istante, vedo la mia carne e il mio sangue scivolare fuori e mi sento bene. Mi dico "adesso si che sto bene".
Poi il silenzio viene rotto dal mio pianto, comincio a parlare a me stessa e un taglio non basta, non sento più dolore e mai l'ho sentito, ho freddo e ora smetto di pensare.
Piangevo e basta, mi sentivo libera e stavo meglio, sono risalita dal fondo con questo gesto e ho cominciato a liberarmi di me e dei miei pensieri che mi martellavano la testa da mesi. E il sangue scorreva goccia goccia, macchiava i miei pantaloni bianchi, come a disegnare un brutto sogno diventato realtà.
Sì, adesso sto bene, ma continuo a piangere.. mi sentono, mi chiamano, mi parlano. Il tempo passa, non so quanto, poi all'improvviso mi rendo conto: torno nel mio baratro di paura. Cosa ho fatto? Cosa dirò alle mie bambine? Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...
Ho paura, ho freddo, non parlo più, non parlerò mai più con nessuno, sto zitta... insistono.
"Vuoi davvero aiutarmi? Puoi davvero aiutarmi anche così? Guardami!". Voci confuse e spaventate, passi veloci, rumoroso silenzio.
È tutto finito.
Sento un abbraccio, una carezza, come mi mancano le carezze e quante poche se ne danno...
Adesso ho paura, vedo la luce, mi da fastidio, calpesto il mio sangue come se calpestassi i ricordi.
Non dite niente alle mie bambine, non dite niente alla mia mamma, non voglio andare a casa, continuo a piangere.
Ma che ho fatto? Ecco la consapevolezza del mio "non sto bene" di tutti questi mesi, arriva come uno schiaffo improvviso, come ora i tuoi silenzi. Ero stanca di pensare, di parlare o di tacere, non riuscivo più a gestire le mie emozioni. Nell'abbraccio di quell'amica mi sentivo al sicuro, mi accarezzava e le sue mani tremavano.
Mi portano via adesso...
Domande, quante domande mi fate adesso? Non è il momento, solo io so perchè l'ho fatto. Fa male, si mi brucia, ma sto zitta non dico niente piango e basta.
Aspetto con pazienza che mi ricuciano i pensieri e la pelle, troppa luce, mi da fastidio, voglio solo dormire e smettere di pensare.
È tutto finito, finalmente.
Eccomi riconosco il posto, psichiatria, lì dentro so che starò bene, si prenderanno cura di me. Nessuna vergogna.
Almeno posso dormire, posso piangere senza farlo di nascosto, posso riposare la mente.
Arriva lui, l'uomo che mi ero scelta per la vita, mi accarezza la testa distratto, è spaventato, non sa che dire... ma io voglio un abbraccio che quel giorno, da lui non è mai arrivato. Mi addormento e mi risveglio.
Un'altra carezza fresca, quella di un'amica, un altro abbraccio "non farlo mai più"...
Dormire, svegliarsi, colazione, poi il giorno... non lo ricordo, il giorno passa e io non me ne rendo conto. Ancora amici... "ma quanti ne avevo?", eppure sono qui con me.
Farnetico, scherzo anche! Aspetto che tu (l'uomo dei miei sogni) entri da un momento all'altro da quella porta, ti ho chiamato, ti ho chiesto di venire e tu non sei mai più arrivato.
Arriva la notte, ecco posso stare sola, accendo la mia musica e ti ascolto, mi addormento al suono delle tue note. Adesso sei con me.
Quanta povera gente c'è lì dentro, ma si stava bene, mi guardavano come se capissero, si probabilmente sono le uniche persone che hanno capito qualcosa di me.
Legati da una sottile follia!
Tutti insieme a pranzo e a cena, come in una famiglia silenziosa, ci si scambiava quattro chiacchiere subito dimenticate.
Ognuno con la sua storia, la sua malattia, la sua disperazione. E i giorni sono passati, ho dato tempo al tempo, adesso sto bene, è tutto finito.
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