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Uno di questi giorni
Questa giornata la rimuoverò dalla mia memoria, cosa naturale per uno che soffre di amnesia, ma stavolta la malattia non c'entra. Dimenticherò questa giornata per il semplice fatto che non mi è successo niente. È semplicemente trascorsa. A parte il paziente con un fiore nel retto, niente di eccitante. Ma non posso certo dire che la mia sia una vita orrenda. C'è gente che se la passa peggio, come ad esempio il vecchio Sam, uno che passa le sue giornate alla ricerca di cacca. Secondo me ha bisogno di andare in terapia, non è normale un'inclinazione del genere. Appena finisco la doccia, mangio qualcosa e poi filo alla "Buca" da Jack e gli altri. Stasera gioco la finale di biliardo contro Giorgetto, il novellino. Per fortuna almeno oggi ha piovuto così non mi sono sporcato di terra e radici come l'altro ieri. Comincio ad insaponarmi e la radiolina trasmette One of these days, dei Pink Floyd. Agito la testa come uno scalmanato, seguendo il basso martellante di Waters, suono che ottenne usando chissà quali effetti della chitarra di Gilmour. Ad ogni riverbero provo un principio di orgasmo attraverso tutti gli anelli. Cielo che roba! Me la godo tutta, agitandomi come un impasticcato, il basso, ora il riverbero, ancora il basso, di nuovo il riverbero. Finita. Cazzo. Radio di merda, per una volta che trasmettono una canzone degna di nome, non la fanno nemmeno terminare. Meglio che cominci a sciacquarmi, sennò arrivo tardi alla partita.
«È pronto! » mi urla Eleonora dal salotto. «Va bene tesoro. Grazie mille. Se non ci fossi tu... » le dico. «Sarebbe meglio» penso mentre striscio in camera da letto. Mi infilo la camicia e non posso non avvertire ancora quel maledetto odore, che proviene dall'armadio. Sono giorni che lo sento. Vorrei capire cosa causa questa puzza immonda, ma la mia dannata amnesia mi ha portato via il codice da fare per sbloccare il lucchetto dell'armadio.
Eleonora è lì, al tavolo, con la testa rivolta alla televisione accesa che tra poco manderà in onda la milionesima puntata della sua soap preferita. Mi augura buon appetito senza guardarmi ed io le rispondo lo stesso, cercando di guardarla negli occhi, ma è una missione impossibile perché quell'affare l'ha già risucchiata nel suo mondo popolato da gente che si prende, si molla, si sposa, si molla, si lascia, si sposa, ed ogni tanto addirittura resuscita.
«Ti amo», «Anch'io ti amo Billi» ed Eleonora piange mentre i due idioti della soap si travolgono di baci ed effusioni varie. Proprio scema. Tanto si lasceranno, nel giro di qualche puntata, lo sanno tutti.
Il primo faceva schifo, per fortuna almeno il secondo è mangiabile.
«Tesoro smettila di piangere. A lui servono i soldi di lei per rimettere a posto qualche debito con qualche mafioso. Oppure lei non è assolutamente guarita, ma ha deciso lo stesso egoisticamente di concedersi, fregandosene del vuoto che gli lascerà quando lei morirà. Per poi magari resuscitare» le dico con il sorriso di chi la sa lunga.
«Come sei cinico. Perché devi vedere il marcio in ogni cosa? »
«Tutti hanno uno scheletro nell'armadio» rispondo mentre affetto la verdura. Improvvisamente ho un forte mal di testa, come se mi avessi un radar difettoso nel cranio, che non smette mai di suonare. Ogni suono della stanza aumenta di intensità e la luce del soggiorno mi squarta gli occhi. Sento che sto per svenire.
Al mio risveglio Eleonora è sopra di me con gli occhi gonfi ed il muso totalmente rosso, sconvolta ma adesso sollevata. Sento il clitello ingrossato, devo aver preso una bella botta volando dalla sedia. Mi rialzo ma lei comincia: «Riesci a stare in piedi? Guarda come ti si è ingrossato! Prendo la cremina? Te lo fascio? Guarda che ormai ho imparato! Guarda la mia fasciatura! Chiamo il dottor Lacuna? È un neurologo ma magari... », «Basta! Zitta! Sto bene ma se continui a parlare ti uccido capito? » le urlo come un demonio. Il radar ricomincia a suonare, ma stavolta smette quasi subito. È terrorizzata, deve essere la prima volta che mi vede così. credo. Ancora il radar. No. È il rintocco dell'orologio della cucina che mi avverte che sono già le nove, il biliardo! Corro in camera, prendo la borsa e volo letteralmente fuori di casa. Piove ancora, per fortuna. La serata comincia bene. L'ultima volta che non ha piovuto ci ho messo un'intera nottata a tornare a casa, perdendomi in tutte quelle maledette gallerie. Ero anche ubriaco forte. Lieve mal di testa. Nessuno in giro, nessuna talpa, nessun passerotto. Mi devo muovere.
La Buca è piena. Mi fanno tutti un applauso di incoraggiamento ed io striscio dall'orgoglio, come un lombrichino che ha appena scoperto di essere ermafrodito. Giorgetto è già al tavolo, che lucida la sua stecca. Finalmente si comincia e ci metto giusto mezzora per metterlo sotto. Ma non mi basta la vittoria, devo umiliarlo. Sono un perfezionista, non lascio mai nulla al caso e mi mancano solo la quindici, la tredici e la otto, poi tutti a casa. Quindici. Tredici. Otto. «Il codice! » urlo mentre il radar riparte a martellarmi il cervello e tutti rimangono sbigottiti. Mollo la stecca per terra e fuggo tra lo sgomento generale. Mentre mi allungo e accorcio alla velocità della luce sento l'emicrania sempre più insistente. Finalmente arrivato, apro il portone, striscio per il corridoio ed arrivo in camera da letto, dove la puzza è ormai così forte che mi sembra di soffocare. Quindici. Tredici. Otto. Apro l'armadio e il fetore che mi investe è così forte che mi fa chiudere per un attimo gli occhi. Quando li riapro il mal di testa è totalmente scomparso ma adesso il radar mi sta trapanando il cuore e lo stomaco.
Eleonora.
Il suo corpo è lì, nudo ed aggrovigliato, in un miscuglio di sangue e setole. Indietreggio sulla coda per poi cadere seduto sul letto, stupito e spaventato. Chi ti ha fatto questo Ele? Sono stato io? Non è possibile, stasera abbiamo mangiato insieme. Non posso averti fatto questo e non posso averlo dimenticato! La mia amnesia non è globale e non bevo così tanto da aver contratto la sindrome di Korsakoff, me lo ha assicurato Lacuna l'altra sera.
«Infatti. La tua è amnesia psicogena, tesoro» mi dice Eleonora, appoggiata all'ingresso della camera da letto. Eleonora? Stropiccio gli occhi e mi rigiro verso l'armadio. Il corpo di Eleonora. Chiudo gli occhi e mi volto verso la porta. Eleonora. Sono impazzito, non c'è altra spiegazione. O forse sì.
«Io non so davvero come sia potuto accadere. Eleonora. Mi spiace. Potrai mai perdonarmi? »
«Non so. Mi devo consultare con lei» dice indicando l'armadio, da dove l'altra Eleonora pian piano si rialza continuando a fissarmi. Sono totalmente incapace di muovermi. Si veste e si siede di fianco a me, alla mia destra. Non sento più puzza. Non sento più il mal di testa. Alla mia sinistra si siede Eleonora. Entrambe mi fissano. Quello che dovrebbe essere il sogno di ogni lombrico, essere in una camera da letto con due femmine, tre ermafroditi nella stanza dei segreti, la piccola perversione che si raccontava fin da piccoli ai propri amichetti e alle proprie amichette, è il mio incubo, perché loro sono, anzi, erano le mie vittime e so che una notte di sesso sfrenato è l'ultimo dei loro desideri. Sono totalmente disorientato.
«È successo l'altro ieri sera, tesoro. Mi hai presa con il bisturi mentre lavavo i piatti. Ricordo ancora il dolore cieco che provavo mentre mi incidevi tra il 27° ed il 32° anello, proprio lì. Ridevi e urlavi. Quando hai finito non ti sei nemmeno curato di pulire il casino che avevi combinato, hai preso e sei uscito a giocare al tuo maledetto biliardo. »
«La semifinale. »
«Io intanto ero qui, sdraiata in cucina con sangue dappertutto. Disperata, mi sentivo morire da un momento all'altro. Vedevo il mio intestino e la metà che mi avevi reciso completamente immobile. Piangevo. Ma il dolore ad un certo punto cominciò a diminuire. "Sto morendo" pensai. Ed invece no. Finalmente me ne ricordai. »
«Di cosa? »
«Noi siamo lombrichi. E cosa succede ad un lombrico quando lo tagli in due? » mi chiede con un ghigno di sfida l'altra Eleonora. Siamo tra i pochi esseri viventi a poterci rigenerare. «Ovvio. Non è una regola matematica: prendi un lombrico, lo tagli in due, ne nasce un altro. Non funziona così. Bisogna praticare un taglio perfetto. Dall'alto della tua laurea in medicina hai fatto un lavoro eccezionale, tesoro. Grazie. »
Il suo complimento è audace ed inquietante. A questo punto non serve più che lei continui a raccontare. Quando tornai a casa ero ubriaco forte, l'accesso alla finale mi aveva gasato. In preda alla follia totale non feci altro che prendere il suo corpo e chiuderlo nell'armadio, a chiave. Il mattino dopo mi svegliai con lei al mio fianco. Durante la mia assenza si erano già rigenerate ed avevano ordito questo piano. Una si fece chiudere nel mobile, l'altra si nascose da qualche parte in casa, per poi venire nel mio letto. Al mio risveglio avevo rimosso ogni cosa. Mi alzai e semplicemente andai al lavoro. Amnesia psicogena. Rimozione dell'evento traumatico.
«Te l'avevo detto che tutti hanno qualche scheletro nell'armadio» le dico.
«Idiota. Noi siamo invertebrati. »
«Quando vuole il destino sa essere davvero ironico. »
«Ora che ne dici di stare zitto? Io e lei non vediamo l'ora di cominciare, vero Eleonora? »
«Vero. »
Non so per quale assurdo motivo ma penso al vecchio Sam, lo scarabeo stercorario della tana accanto. Poi ricordo solo le mie due mogli sopra me.
Una con in mano un coltello.
L'altra pure.
Non ricordo nient'altro.
Sia ringraziata la mia amnesia.
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