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La notte che ho incontrato un angelo Cap. V
Non riuscì a spiegarsene il motivo ma fin da subito si sentì inspiegabilmente attratta dal ragazzo che le sedeva di fronte, era incuriosita, stranamente eccitata e proprio non riusciva a capire il perchè di tanto interessamento. Apparentemente era un ragazzo come tanti altri se non fosse per quel... come definire quell'alone magnetico quasi tangibile che irradiava e che, pertanto, lo rendeva così irresistibilmente attraente ai suoi occhi? Quasi non riusciva a vederlo in viso intento com'era a scrivere o disegnare tranquillamente qualcosa su di un grande blocco per appunti; i capelli neri, lisci e lucidissimi gli coprivano la fronte, le sue mani erano lunghe, affusolate, mani che non avevano conosciuto la fatica, e ogni tanto lentamente le staccava dal blocco per passarle delicatamente tra i capelli, quasi una carezza, inutile tentativo di scostarli dalla fronte. Scuro di carnagione, doveva essere giovane, "molto più giovane di me" si sorprese a pensare Erica mentre lo osservava. Snello e muscoloso, le spalle ben delineate, sul braccio destro dalla t-shirt bianca spuntava un tatuaggio dal soggetto indefinibile, coperto quasi completamente dalla manica della maglietta.
"Chissà come si chiama" pensò meravigliandosi del suo interesse per quello sconosciuto, "Simòn" rispose il giovane in un sussurro e senza alzare lo sguardo. Lo pronunciò con un lievissimo accento straniero forse sudamericano: "mi chiamo Simòn, e ho da poco compiuto 30 anni. Era questo che ti stavi chiedendo vero?" continuò lui alzando finalmente il capo. Stupefatta oltre l'inverosimile Erica non riusciva a capire, era come ipnotizzata, come poteva aver letto nella sua mente, capire ciò che stava pensando, senza aver mai alzato lo sguardo su di lei nemmeno una volta? Solo quando finalmente riuscì a guardarlo negli occhi, solo allora capì, ebbe un sussulto, una scossa di adrenalina che sfrecciando veloce partì dal cervello ed esplose nel cuore... in quegli occhi, grandi scuri e profondi, Erica riconobbe lo sguardo di Davide.
Cominciarono a parlare come fossero amici da una vita, Simòn era di origine peruviana, viveva in un paesino del Sud da quando era stato adottato all'età di 3 anni. Era stato un ragazzo ribelle, un adolescente inquieto ed ora, a 30 anni, era ancora un uomo in divenire, in cerca di se stesso, combatteva quotidianamente con gli spettri del suo passato, viveva a fianco ai demoni del suo presente, temeva i fantasmi del suo futuro. Così errava per il mondo con il suo tormento cercando la quiete per la sua anima sofferente, dipingendo e scrivendo poesie. Il viso bello e malinconico era segnato da alcune rughe, invisibili rughe che gli errori della vita lasciano come ricordo di esperienze dolorose, aveva sofferto nella sua giovane vita e aveva sbagliato era caduto spesso e sempre si era rialzato, cittadino del mondo da questo fuggiva prigioniero delle sue paure conscio del suo dolore, possedeva soltanto la sua arte, il suo grande tesoro.
Erica era affascinata, rapita da quegli occhi, intenerita nel leggere dentro di lui tanta sofferenza, tanta ribellione, tanto sgomento.
Eppure era calmo, trasmetteva pace, meditava ogni parola e parlava per metafore come un vero poeta.
Il treno, intanto, continuava la sua corsa, si fermava in ogni paese della costa, erano lontani entrambi dalle loro rispettive mete, quando ad un tratto Simòn le chiese di scendere dal treno, Erica non si meravigliò più di tanto di quella richiesta e senza pensarci nemmeno un secondo, lo prese per mano.
Scesero in un piccolo paesino affacciato sull'adriatico, respirarono a pieni polmoni l'aria salmastra. Era da tanto tempo che non si sentiva così bene, la testa libera da ogni pensiero angosciante, il cuore leggero e finalmente aveva ritrovato la voglia di vivere, la serenità, il suo splendido sorriso.
Mentre camminavano sul lungomare tutto intorno svaniva al loro passaggio, erano soli tra tanta gente, ad un tratto Simòn si fermò la prese tra le braccia, teneramente ma con decisione, quella stretta non le lasciava spazi di movimento, né Erica desiderava trovarsi in un luogo diverso dal calore di quell'abbraccio; i loro corpi erano un tutt'uno, i profili si sfioravano, sentiva il respiro di Simòn, un lieve soffio a penetrarle le labbra, chiuse gli occhi e si abbandonò al suo bacio.
"Posa per me" le disse Simòn senza lasciarla andare e non era una domanda, Erica lo guardò e lui lesse la risposta negli occhi di lei.
Trovarono alloggio in un piccolo albergo, dal balcone della loro camera potevano guardare il mare, oltre al letto in camera c'era un piccolo divano dormeuse, Simòn lo posizionò davanti alla finestra spalancata, "spogliati" sussurrò piano, Erica cominciò a denudarsi, lentamente, con naturalezza, lui la guardava, quasi distante.
Alle sue spalle la luce del primo pomeriggio la accarezzava, ombreggiava le curve morbide del suo corpo, rimase così, immobile per un tempo che le parve interminabile, sospesa nel silenzio, nell'emozione magica che si respirava in quella stanza.
Simòn si avvicinò, l'aiutò a distendersi, un braccio languidamente appoggiato su una coscia, l'altro dietro la testa, gentilmente le sistemò i capelli intorno al viso e poi con il pollice le sfiorò le labbra.
Si sedette di fronte a lei e cominciò a dipingere.
Passarono dei momenti interminabili di assoluto silenzio, la mente di Erica non aveva pensieri, posava per lui come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se lo avesse fatto da sempre, dimentica di sé, di ciò che era sempre stata fino a quel momento.
Ad un tratto Simòn si alzò:
"Tu,
tra tutte
musa che arte protegge
gea mai procreò,
oggi
la pittura ha la sua musa
ed io conosco il suo nome
... Erica"
Mentre parlava si avvicinò e si fermò dietro di lei, pronunciò il suo nome in un sussurro molto vicino al suo orecchio e iniziò a baciarla, con le mani accarezzava i fianchi, con la lingua delineava i contorni il lobo, la piega del collo, le spalle e poi giù lungo la schiena.
Erica era in preda ad una forte eccitazione e sospesa nel vortice delle sue sensazioni aveva completamente perso il controllo della situazione, ciò che voleva era vivere quel momento con tutta se stessa senza remore né inibizioni.
Si ritrovò distesa accanto a lui, completamente in balia delle sue carezze, senza freni né incertezze, fecero l'amore per ore, la sua pelle bruciava sotto le sue mani esperte, forti e delicate che esploravano ogni curva, ogni piega del suo corpo, fremeva sotto il tocco della sua lingua che lambiva ogni intimo segreto. I loro corpi all'unisono congiunti, mossi dalla stessa passione raggiunsero l'apice del piacere con tale intenso appagamento da lasciare entrambi esausti e sazi.
Era ormai notte fonda quando Erica aprì gli occhi, Simòn era lì acanto a lei dormiva ed era bellissimo, rilassato e sereno sembrava quasi un bambino, ora poteva osservare il suo tatuaggio rappresentava un angelo, sì un angelo ma che sanguinava e proprio questo era lui un angelo che non poteva spiccare il volo oppresso e ferito dalla sofferenza, dall'inquietudine, da tutte le sue pene; con la punta dell'indice Erica seguì i contorni dell'angelo e posò delicatamente un bacio proprio lì dove l'angelo sanguinava.
Si alzò, si avvicinò alla finestra e guardò il mare ancora una volta. Era passato solo un giorno dall'ultima volta che aveva contemplato l'immensità di quello scenario, quante cose erano successe, avvertì lievemente la brezza notturna che la fece rabbrividire leggermente, la luna era alta nel cielo e pareva sorriderle, leggera una lacrima le bagnava il viso, ma questa volta non c'era sofferenza, per la prima volta dopo tanti anni Erica era finalmente serena: "da quella notte che ho incontrato un angelo..." pensò tra se e sé, poi, improvvisamente, percepì ancora una volta quella sensazione di tepore, di un caldo abbraccio che le cingeva la schiena ma questa volta non si spaventò, girò lievemente il capo, Simòn era lì dietro di lei, la testa appoggiata nell'incavo della sua spalla: "ora il mio angelo non sanguina più" le sussurrò piano.
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0 recensioni:
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- Sai Denny per ora la storia di Erica e Simòn si interrompe qui, chissà se in futuro... grazie del tuo commento, un abbraccio
- Grazie dei complimenti Andrea sei molto gentile
- daniela, forse.. erica, ha preso il treno.. l'attimo.. giusto, forse.. --Ben scritto!! daniela, molto bella!! la chiusura, sul lungo mare, un bacio, un albergo, il mare a pochi passi.. l'inizio di un'emozione.. erica e simòn l'inizio.. di un disegno...
Daniela, mi fermo... e aspetto.. nuovi colori..
Mi piace!! daniela, erica, simòn l'artista...
Brava!!!
- Mi piacerebbe scrivere come Te! Brava.
- Certo hai ragione pure tu!!!! Grazie Michele, ma almeno l'esame l'ho passato...è solo il secondo racconto che scrivo...
- Daniela, contesto decisamente il tuo racconto e ti spiego perchè.
1° nella vita di tutti i giorni miliardi di persone devono fare i conti con il proprio specchio che rimanda loro un'immagine non certo soddisfacente.
2° Miliardi di persone fanno peccato per non finire in paradiso.
3° Perchè anche lassù gli angeli devono essere balli, biondi e aitanti? e' proprio necessario?
4° Se neanche un angelo basso, semicalvo e sconcio non riesce a fare breccia su una donna allora mi sai dire tu quanta speranza comunichiamo al genere umano?
Però l'hai scritta benissimo, almeno questo te lo concedo
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