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Il mondo di Giulietta e Romeo. Parte seconda.
La creatività ludica di Giulietta e Romeo si esprimeva soprattutto d'estate. La loro nonna, dopo la morte del marito, si era ritirata a vivere in un paese di mare non lontano da Roma, in una casa comprata anni prima dal marito. La madre di Giulietta, l'unica dei fratelli che non fosse impegnata in un lavoro, passava con lei tutta l'estate, dalla chiusura alla riapertura delle scuole. Portava con sé Giulietta e i genitori di Romeo lo mandavano dalla zia perché facesse le sue vacanze al mare, non potendolo accompagnare loro, impegnati nel lavoro.
Il legame tra i due ragazzi si rafforzava e la loro fantasia si scatenava anche perché godevano di una maggiore libertà.
Sotto una delle finestre della casa c'era un negozio di barbiere. Una sera i due fantasiosi ragazzi spensero la luce della stanza, scavalcarono il davanzale e si misero dritti in piedi sulla tettoia del negozio. Poi chiamarono in tono drammatico la madre di Giulietta che accorse subito, accese la luce e lanciò un urlo vedendo i mezzi busti dei ragazzi affacciarsi dalla parte sbagliata del davanzale. Al suo urlo rispose la risata, urlo di vittoria, dei due diabolici cugini.
La casa della nonna era grande e poteva ospitare a turno gli altri suoi nipoti. Fra questi, un bambino di sette anni, Gaetano, coccolato e viziato dalla madre oltre ogni limite. Anche lei lavorava e mandava il suo adorato pargolo al mare con una baby sitter che aveva l'ordine di portare al mare Gaetano, in pieno luglio, con un maglioncino.
Giulietta e Romeo lo esclusero subito dalla loro compagnia e, per evitare che li seguisse, uscivano furtivamente di casa per le loro avventure. La sera si divertivano a suonare i campanelli delle case, scappando subito e nascondendosi. Avevano scoperto una stanza sotto il livello stradale, sempre vuota. Cominciarono a lanciarvi sassi.
Una sera, contrariamente al solito, era con loro anche Gaetano. Si era accorto della loro uscita e li aveva seguiti. Purtroppo il lancio dei sassi aveva attirato l'attenzione e l'ira del padrone della stanza. Appena i cugini lanciarono i loro sassi, il padrone della stanza che li stava aspettando al varco, balzò sul povero Gaetano che non aveva corso abbastanza e gli mollò due sonori ceffoni.
Da quel momento Gaetano fu ammesso alla compagnia di Giulietta e Romeo, ma con molte restrizioni e secondo le loro condizioni.
In certi periodi la casa si riempiva di bambini di tutte le età che creavano molti problemi alla madre di Giulietta, già gravata da una mole pazzesca di lavoro. I due cugini cercavano di prendere le distanze da tanto eterogenea compagnia e passavano molto tempo fuori casa. Fu in uno di questi periodi che nacque il loro folle amore per un cane randagio al quale dettero il nome di Ras.
Era un bastardo ma aveva molta dignità. Camminava per le strade del paese con passo lento e non sembrava aver paura né delle molestie dei bambini né delle intolleranze degli adulti. Aveva il pelo lungo bianco e beige, una bella coda folta, la corporatura e il muso di un pastore e sarebbe stato senz'altro un bel cane se fosse stato più pulito. La mattina Giulietta e Romeo si alzavano molto presto e, prima di andare al mare, giravano come due invasati per le strade del paese, nella speranza d'incontrare Ras. Quando lo scorgevano attraversare una strada in lontananza, si lanciavano in quella direzione rimanendo delusi, perché Ras, cacciatosi in chissà quale vicolo, aveva fatto perdere le sue tracce. Qualche volta, girato l'angolo di una strada, se lo trovavano all'improvviso a portata di mano; allora, eccitati da un avvenimento che per loro aveva del prodigioso, tentavano l'approccio diretto, muovendosi lentamente con le braccia tese, pronte alla carezza. Ma Ras, con un'improvvisa sveltezza, si girava su se stesso e si allontanava di gran corsa.
Ormai i ragazzi andavano al mare sempre più raramente e dedicavano quasi tutto il loro tempo e le loro energie ad escogitare espedienti per guadagnarsi, se non l'amore, almeno l'amicizia di Ras. Mettevano da parte avanzi di carne ripescandoli dal secchio delle immondizie, di soppiatto, perché la nonna e la madre di Giulietta giudicavano cani e gatti secondo un'unica categoria, quella di possibili, anzi, sicuri portatori di malattie. Nascosti gli avanzi, avvolti nella carta gialla, nella tasca dei pantaloni di Romeo ripartivano alla ricerca di Ras. Quando finalmente lo incontravano, depositavano a terra il ghiotto fagotto bene aperto. Il cane avanzava di qualche passo, annusava a distanza e con evidente desiderio, la carne, guardava i ragazzi che tenevano il fiato sospeso e non si muoveva più. Giulietta e Romeo aspettavano un po', ma poi, essendo chiaro che mai Ras avrebbe rischiato qualche spiacevole incidente per un boccone di carne, se ne andavano sconsolati.
Un giorno Giulietta ebbe un'idea che sembrava risolutiva, tanto che i ragazzi passarono subito alla sua realizzazione. Andarono dal macellaio, si fecero spezzare in piccoli pezzi degli ossi carnosi e si misero subito alla ricerca del cane. Furono fortunati: ad un incrocio apparve Ras. Al colmo della tensione, Romeo prese un osso e lo lanciò abbastanza vicino a Ras che, senza esitazione, raggiunse l'osso e lo sgranocchiò lentamente, piegando di lato la grossa testa. Poi guardò i ragazzi muovendo la coda, come per chiederne un altro. I ragazzi intanto, camminando all'indietro, avevano controllato le mosse di Ras e alla sua muta richiesta, lanciarono un altro pezzo d' osso che ebbe la stessa felice sorte. I ragazzi stavano attuando il loro piano: continuando ad arretrare secondo un preciso itinerario e lanciando l'uno dopo l'altro i pezzetti d'osso di cui erano abbondantemente forniti, contavano di portare Ras fino a casa per cogliere di sorpresa mamma e nonna per convincerle poi, una volta entrato il cane e chiusa la porta di casa, a farlo restare con loro. Il piano funzionava. In un tempo relativamente breve, cane e ragazzi, a distanza sempre più ravvicinata l'uno dagli altri, si ritrovarono davanti al portone di casa. Il piano entrò nella sua fase più difficile. Il cane infatti si rifiutava di varcare il portone. Con molta pazienza Giulietta e Romeo cercavano di vincere la diffidenza di Ras, mostrando allettanti ossi e chiamandolo con voce rassicurante. Ras varcò il portone ma, di fronte alle scale da salire, diventò di nuovo diffidente. I ragazzi erano all'estremo della tensione ma ormai erano quasi certi della vittoria. C'erano da salire due sole rampe di scale. Salita la prima avevano constatato l'avverarsi della loro speranza: la porta di casa era aperta, come spesso avveniva. Ancora uno sforzo e ce l'avrebbero fatta. Saliti i primi gradini Ras aveva superato la diffidenza ed era tutto teso a conquistare un altro boccone. E, finalmente, insieme ai ragazzi, entrò in casa. Giulietta chiuse subito la porta. Sua madre, attirata dall'insolito frastuono, uscì dalla cucina dove stava friggendo, tutta rossa in viso e, appena vide Ras, lanciò un urlo: "Ma siete matti!? Un cane ci mancava in questa baraonda!". Andò decisa alla porta, l'aprì e, rivolta al cane, gridò: "Via, via! Esci". Ras si precipitò giù per le scale. I ragazzi si misero a ridere perché il loro piano, dopo tutto, era riuscito. Ma nei giorni successivi sentirono nascere in loro un'amarezza e un imbarazzo crescenti. Non parlarono più del cane, né andarono a cercarlo. Confusamente avvertivano di aver commesso una violenza contro il povero Ras, umiliato a seguire l'uno dopo l'altro, tanti pezzi d'osso e costretto a subire l'imposizione del loro amore dissennato.
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