Era il tratto di strada che preferiva. Lasciata la statale generosa di corsie, cominciava l'umile strada comunale in salita compagna di più intime ascese. Tornante dopo tornante il paesaggio rabboniva; le case sempre più rade battevano il ritmo della luce solare. L'effetto delle curve, imboccate a bassa velocità, dava una sensazione di contatto diretto con l'asfalto caldo accompagnata da una strana complicità tra l'uomo e macchina. Alla fine, come sempre in quei luoghi, si senti tutt'uno col mondo.
Com'era strano, per un uomo da sempre avverso all'uso di automobili, sorprendere il proprio cuore agitarsi per cose di strade e motori. Essendo stato iniziato alla guida dal padre a solo nove anni, non capiva l'interesse che i ragazzi in genere nutrono per la guida delle automobili. Per molti anni si era rifiutato di affrontare gli esami di guida; era stata infine la necessità e forse un po' di imbarazzo, dopo quattro esami da privatista regolarmente disertati, a costringerlo a prendere la patente.
Ora era contento di quella scelta così tardiva; in certe stagioni della vita si apprezzano e si trae forza da cose che non ti saresti mai aspettato prima. Tra quei monti, curva dopo curva il dolore placava, non che nascessero chissà quali proponimenti o nuove idee, era solo pace e quiete. Era solitudine ristoratrice, sentimento così nuovo e diverso da quello che provava nella compagnia di altri.
È così che avrebbe un giorno desiderato morire; viaggiando in solitudine tra le montagne nella piccola utilitaria ascoltando Chopin.