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Miniere pericolose ( Parte 2 )
Rumore di passi. Lontani echi e voci giù al paese, mentre il Sole riscalda ciò che rimane della brina mattutina. Una delicata figura avanza per la strada sterrata, la principale che porta al paese. Deliziosi capelli neri avvolti in boccoli emanano una fragranza di gelsomino così profumata che risveglia i sensi. Il suo tipico ondeggiare, sobbalza pure il vecchio sulla sua sedia.
Caterina si avviava al paese, le sue mani sfioravano quelle che erano le foglie di una palma nana, giusto per sorridere della minuta goccia posata su essa. Sorrideva ed a grandi falcate, camminava.
La strada non era molta, ma già casa sua non si intravedeva, e lei pensava sempre più alle sue preoccupazioni, dirette ai figli. Con un gesto della mano scacciò via quei pensieri, quasi volesse ricacciarli via, e serena si accorse di arrivare alle prime case.
La prima di queste, era un elegante casetta, il benvenuto all'Argentiera. Piano terra, qui abita una graziosa famiglia, ormai composta da una signora molto anziana e dal suo consorte, questi era sempre seduto fuori, fissando la strada, come se stesse aspettando qualcosa.
Un lieve saluto accennò Caterina, subito voltando le spalle e dirigendosi dal panettiere.
Le tende rivelarono una piccola stanza inebriata da un profumo di pane appena lavorato. Le pareti erano ricche di crepe, ma l'ambiente era pressochè confortevole. Alla destra, si trovavano due sedie, occupate ora dalle pettegole del paese, che, da quella stessa finestra che sopra di loro si apriva, scrutavano le persone che andavano e venivano.
E discutevano, discutevano.. che odiose. Stavano sempre lì a parlare e bofonchiare, mai a realizzare qualcosa di realmente giusto. Ma Caterina le lasciò ai loro discorsi, poco interessata, avviandosi davanti al bancone.
<<Oh buongiorno, Caterina, come siete solare oggi, ditemi.>> Per fortuna il panettiere non amava conversare così tanto.
<<Certo, vorrei due filoni e qualche panino.. due vanno bene.>> rispose graziosamente, ottenendo anche quattro grissini e di nascosto, una busta di dolci. Senza lasciarsi vedere, si avviò alla cassa pagando in tutto ottocento lire. Il pane costava, i soldi erano davvero pochi, ma per fortuna che lì tutti si conoscevano, ed ognuno riusciva ad aiutare l'altro, ad eccezione delle due pettegole. Queste, signora Teresa e signora Natalì stavano la maggior parte del loro tempo qui, dal panettiere, oppure al piccolo bar proprio accanto al locale. Saranno state pettegole, ma forse erano le uniche persone che portavano notizie in città.. anche se brutte. Sapevano ogni cosa, ogni minimo particolare e segni dimostrativi, di ogni singola persona del paese.
Se arrivava uno nuovo.. era spacciato e sottoposto ad interrogatorio. Alle volte le hanno pure mandate a quel paese, una e l'altra, senza però risultati effettivi.
<<.. Sembra che ad Alghero ci sarà un bombardamento imminente, forse una spia si è pentita, la città ne avrà molti di danni.. Sshh zitta, c'è Caterina.. non penso sappia..>> Sempre parlando, queste due!
Ma Caterina sentì un minimo di parola. <<Che dovrei sapere io?>>
Sorprese, ma allo stesso tempo seccate, ribatterono con un niente, riprendendosi dalla loro vista alquanto stralunata. Occhi truci la fissavano, mentre usciva dal locale.
Il Sole era molto alto, le 8:00 di una mattina che si preannunciava molto calda. Caterina avanzava dolcemente sulla strada cosparsa di buchi, osservava già la miniera in lontananza, ove si distingueva la sala principale, e le venne da pensare a suo marito.
<<Buongiorno signora!>> Un uomo anziano, retto da un bastone, rivolse la parola a Caterina.
<<O dovrei dire.. signorina?>> La signora o signorina non aveva risposto, e lui rimase colpito.
Appena resasi conto di chi aveva davanti, rispose. <<Oh.. Sì, sì, signora, buongiorno a lei.. che cosa vorrebbe sapere?>>
<<Signora.. dove si trova un bar in questo posto?>> Apparentemente sorpreso da questo piccolo paese.
<<È proprio lì davanti, affianco al panettiere, c'è anche l'insegna, è molto accogliente.>>
<<Proprio gentile, mi chiedevo, può accompagnarmici?>> L'anziana persona che aveva di fronte appariva molto educata.
<<Ma certo, signor..?>>
<<Oh, mi scusi, Aurelio Frattini, sono nuovo, di qui, e non ho la più pallida idea di cosa sia un bar, qui, quindi magari potrei avere un parere da una persona del posto, così potrei cominciare a conoscere qualcuno.. ma lei, il suo nome?>> Il tono si faceva interessante.
<<Caterina, il mio nome è Caterina, spero si troverà bene qui. Venga.>> Prendendo sotto braccio il signore, si diressero al bar, dove lavorava un'amica di Caterina, che non vedeva da molto tempo, pur trovandosi nello stesso paese.
<<Ma.. Teresa guarda.. Caterina stava proprio andando dritta, verso la miniera, ed ora ha cambiato bruscamente direzione.. forse è il caso..>> Le due pettegole notavano la figura esile camminare verso loro, e si chiedevano se era il momento.
<<No, non dobbiamo, noi sappiamo, ma questa è brutta, bisogna lasciarla dov'è questa notizia, non possiamo dire. Aspettiamo.>> Rispose chiarendo il tutto Natalì. Fissavano ancora Caterina, ma ad un certo punto scomparve.
<<Possibile che voi due non pensiate ad altro?>> Ridacchiò il panettiere.
<<Va bene, è giusto che tu sappia..>>
Caterina ed Aurelio fecero ingresso al bar, scoprendo un locale non troppo ampio, una sala fungeva da bar, mentre dietro c'era un piccolo ristorante, aperto ogni tanto per i nuovi arrivati. Sonia, dietro al bancone, puliva dei bicchieri ma allo stesso tempo dava un'occhiata ai suoi tenerissimi bambini, due maschi equivalenti a due pesti.
<<Caterina? E che diavolo fai qui!>> Prese ad abbracciarla, tutta felice.
<<Sono qui, perchè questo signore aveva bisogno di un bar, e così l'ho accompagnato.>>
<<Sempre così gentile tu.. mi dica, che vuole prendere?>>
Si sedettero.
<<Vorrei un sorso del vino più buono che possedete qui.>> Ordinò Aurelio, sicuro di ottenere un assenso come risposta.
<<Sì, va bene.. Signore, il vino più buono che abbiamo costa un po'.. lo vuole lo stesso?>> Ribattè un po' inebetita.
<<Certamente, e lei, Caterina, cosa vuole?>>
<<Oh, a lei va bene la solita menta, vero?>> Sonia non le diede manco il tempo di rispondere.
<<Si.. va bene..>> Caterina sorpresa come non mai, prese a parlare con Aurelio, il suo nuovo amico.
<<Mi dica, Caterina, è da molto che vive qui?>> Introducendo il discorso.
<<Ci sono nata. Sono sempre stata qui.>>
<<È sposata.. ha figli?>> Non vi era un punto di domanda, sulla prima questione.
<<Cinque bellissimi figli, quattro femmine e un maschio..>> rispose, notando che forse sapeva che lei era sposata, ma tralasciò quell'inutile dubbio. Come faceva infatti a sapere che lei era sposata, non se ne convinceva.
<<Ecco qui, il vino, rigorosamente bianco, e la tua menta, cara. Gustateveli.>> Fece ingresso Sonia, portando le ordinazioni.
Sorseggiarono entrambi, scoprendosi un po'.
<<I suoi capelli sanno di gelsomino, e le sue mani sono veramente candide, lei sembra un angelo.>> La osservò Aurelio, sorridente. Curioso ma allo stesso tempo ferreo, educato.
<<Adoro il gelsomino, con quello lavo i capelli, per questo sente questo dolce profumo, ma il mio fiore preferito è il geranio, quello rosso, come un fuoco, che si espande attraverso delle linee curve ma delicate. No, no, gli angeli non stanno qui sulla terra, non è un posto adatto a loro. Grazie comunque. Le piacciono i fiori?>> Sorpresa e sorridente, rivelò un lato di sè alquanto bello.
<<Personalmente conosco i fiori, non molti, ma adoro il loro profumo, per questo ho sentito la sua fragranza subito, e mi ha incuriosito. Non è vero che gli angeli stanno solo sul cielo, ma camminano anche tra la gente, per soccorrerla e prestare aiuto. Ho notato che guarda molto in cielo, è credente?>> La conversazione si spostava da un lato, ad un altro. Il che rendeva molto interessante il minuto impiegato a parlare. E poi, Aurelio parlava in un modo così ricco, forse era proprio un signore.
<<Si, molto, sin da piccola sono stata istruita alla fede cristiana, ed io mi sono adeguata credendoci sempre più. Nonostante lei parli così bene.. Non capisco se lei sia credente, lo è?>>
<<Certamente, lo sono sempre stato, ci ho sempre creduto. Ma purtroppo c'è gente qui che davvero non crede a certe cose, e più la aiuti, più si allontana da ciò che è la perfezione.>> Un raggio di Sole fece ingresso nella stanza, colpendo Aurelio, rendendolo luminoso.
<<Molto interessante, come lo trova il vino?>>
<<Delizioso, la sua menta scommetto che è sempre la stessa.>> Sorrise. <<La vita qui deve essere molto dura, la intravedo nei suoi occhi, sono lucidissimi, spero le abbia fatto piacere parlare con me.>> Lo disse come se fosse finita lì.
<<Si, mi ha fatto..>>
<<Bam!>> Con un fragoroso rumore e con un fare troppo di corsa, il panettiere fece ingresso nel bar, chiaramente in cerca di qualcuno. <<Caterina.. Caterina.. Tuo, tuo.. io..>> Aveva la fronte imperlata di sudore nonostante fossero le 8:20, e pareva molto affannato, stancato. <<Fermati, siediti, e riprenditi, poi dirai ciò che vuoi. Ti porto un bicchiere d'acqua.>> Sonia lo tranquillizzò, facendolo sedere accanto ad Aurelio.
Respirava e si conteneva. Caterina lo fissava con fare strano. <<Ecco l'acqua, bevi.>>
Dopo avere bevuto, ed essersi rilassato, cominciò il suo discorso. <<Caterina. Ero venuto a cercarti alla miniera, no scusa, verso la miniera, ma non c'eri.. e quindi sono venuto qui, di corsa, perchè devo parlarti, devo assolutamente dirti.>>
<<Che devo sapere..>> rispose rimanendo calma. Almeno all'apparenza.
<<Teresa e Natalì mi hanno detto.. ecco loro hanno sentito dire, che.. quindi mi hanno detto..>>
<<Parla! Quanto diavolo ti ci vuole?!>> Sonia era sempre la tipica ragazza dall'ironismo in ogni situazione.
<<.. Va bene. Caterina, tuo marito ha avuto un malore, giù alla miniera e... non so altro, questo è ciò che mi hanno raccontato loro..>> Rivelò, amareggiato, sorpreso da quel posto vuoto accanto a lui. Tra poco se ne stava per liberare un altro.
Caterina si alzò lasciando la busta del pane sull'altra sedia e prese a correre. Uscì dal locale investita da un'aria caldissima che le baciò la faccia, scolpita in un orribile espressione, si dimenticò perfettamente di tutti gli occupanti del bar, che all'occasione, uscirono anche loro dal locale, osservando l'esile figura correre, correre, raggiungere l'unico pensiero che aveva in mente. Gavino, era l'unico pensiero, mentre correva riuscì a pensare solo a quello, la miniera era vicina.
I tre occupanti del bar restarono fuori, videro Caterina allontanarsi. Invano, Sonia cercò di chiamare l'amica, e, sconfitta, si diresse dentro al suo locale, vedendo i bambini sulla soglia della porta. <<Tornate a giocare..>>
Il panettiere scrollò le spalle, amareggiato e distrutto, triste e silenzioso, quindi si avviò al suo, di locale, entrandovi.
Aurelio si fermò lì, immobile. <<Gli angeli esistono, e camminano proprio davanti alle persone, prestano aiuto e soccorso, donano amore e felicità. Il nostro compito è creare armonia.. ma anche perseverare nella tristezza, e creare folate di vento e calore, indirizzate alla gente. Gli angeli esistono..>> Ripetendo queste parole a voce bassa, e sorridendo all'esile figura che correva lì davanti, si accorse che il suo corpo prese ad illuminarsi sempre più, sorrise un altra volta, finchè non scomparve. Come polvere che cade a terra, sparì. Forse per sempre.
Qualcuno però si ricordò di lui. <<Aure.. Aurelio!.. ma qui non c'è nessuno.. Non ha pagato neanche il conto..>> Indecisa Sonia si rintanò nel locale.
<<Ma qui stanno tutti impazzendo Teresì? Persino parlano da soli..>>
Loro erano sempre al corrente. Sempre.
Rumore di passi. Questa volta di corsa, come quando accade un terremoto, c'è molto panico, ma in quella situzione, il panico era tutto dentro al corpo di Caterina. Incrociò il dottore nella via, ma non si fermò a parlare con lui, bensì si diresse al posto di lavoro del marito.
L'imponente struttura di legno si stagliava alta nel cielo, non era molto imponente, ma nascondeva tutte le ricchezze all'interno. I lavoratori non avevano ancora scordato ciò che era successo pochi minuti prima, ma intanto lavoravano. Il loro capo ordinava sempre qualcosa di nuovo, e giù, nel profondo della galleria, si riparava la perdita d'acqua.
Le lacrime le rigarono il volto. Pianse, anche quelle lacrime provocarono rumore. Lente caddero sulla polvere, squarciandola e corrodendola. Salì le scale senza nessun tipo di ordine, con le lacrime al viso, ed un espressione distrutta, che le donava dieci anni in più. <<Si fermi, che fa qui? Chi è lei?>> Venne subito bloccata, da un omone alto e robusto, con pochi capelli e la pancia troppo larga per la sua statura. <<Mi lasci andare, subito! Devo vedere mio marito!>>
<<E così lei è la moglie del giovane coraggioso.. Penso che abbia saputo prima del previsto i fatti, non ha già parlato col dottore? È andato via pochi minuti fa.>> Stranamente cordiale, forse perchè dinanzi aveva una figura talmente angelica, il capo, cercò di calmarla, allontanando il bestione che la tratteneva.
<<No.. io sono corsa qui, l'ho visto ma.. non ci ho parlato..>> lo sguardo perso, gli occhi giravano in maniera incompresa, cercava persino di capire dove fosse, senza riuscirci.
<<Si tranquillizzi. Gavino è stato portato a casa da un nostro lavoratore, non sta male. Torni a casa e gli stia accanto, tanto qui non verrà per un bel po'.>> Così cordiale, strano ma vero, non venne neanche ringraziato dal suo tenero comportamento, perchè tutti, compresa la donna davanti, sapevano come era in realtà.
Così Caterina fuggì da quell'inferno di calore. Le 8:40 passate, doveva arrivare a casa, non importava se non aveva forze.
Fuori dalla miniera imboccò il sentiero che il marito prendeva tutti i giorni. Lei non ci aveva mai camminato.
Si amavano ancora, come tanti anni fa, quando era sbocciata la loro passione. Pensare che quella stessa mattina lo aveva salutato, amato, baciato, ed ora provava dolore nel perderlo. Dolore che proveniva dal cuore, sferzava fin nella mente, un sentimento che viene chiamato comunemente amore, e che da tutti purtroppo non viene apprezzato fin in fondo.
Ma Caterina sapeva ciò che voleva, desiderava. E nonostante i dolori, corse, corse, finchè non vide l'olivo imponente, e stagliarsi nel cielo, la figura della sua casa. Regnava un silenzio tombale, ma lei decise di andare avanti, lo amava, e per lui era pronta a tutto.
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