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Niente
Quella notte era particolarmente scura.
Quella notte sarebbe stata molto silenziosa, probabilmente la notte più silenziosa di tutti i tempi ma nessuno avrebbe mai potuto saperlo...
Quella notte qualcuno si svegliò di scatto.
Quella notte quel qualcuno sapeva di dover fare qualcosa.
Non sapeva Perchè.
Non sapeva Quando.
Non sapeva Dove.
Non sapeva nemmeno che cosa ma sapeva che era il suo compito, qualcuno l'aveva scelto, aveva fatto sì che nel bel mezzo di quella notte scura e silenziosa Lui si svegliasse di soprassalto senza sapere perché, quando, dove e tantomeno cosa.
Con uno sforzo colossale provò ad alzarsi ma ricadde subito a sedere in uno spigolo del letto; poteva essere uno qualunque, come accorgersene?
Le sue palpebre ancora così pesanti gli annebbiavano la vista e non gli permettevano di capire dove fosse.
Quella stanza era molto scura, forse era la stanza più scura che ci fosse mai stata.
Non vi era luce ad illuminarla, dalla finestra spalancata non penetrava nemmeno il chiarore della luna, forse perché la luna non c'era. Era coperta dalle nuvole. O forse non esisteva più, conscia di ciò che stava accadendo aveva deciso di sparire per non dover vedere, per non dover assistere a quello che sarebbe successo.
Sempre che quel qualcosa si fosse avverato e che non era semplicemente una Sua impressione. Sua di chi?
Ah sì, c'era un Lui che si era appena svegliato e seduto su un lato del letto con i suoi occhi pesanti semichiusi e aveva capito che avrebbe dovuto far quel qualcosa che non gli era dato sapere.
Dopo essersi sfregato a lungo gli occhi intravise sbucare da sotto il letto delle scarpe.
Erano le sue? Era la sua stanza quella? Era la sua casa? La sua città? Il suo mondo? La sua vita?
Si infilò una scarpa. Gli entrava perfettamente. Si infilò l'altra.
Provò ad alzarsi in piedi. Questa volta le sue gambe ancora deboli per il precoce risveglio gli permisero di mantenere una posizione eretta seppur barcollante.
Si avviò a passi lenti verso la porta. Uscì dalla stanza. Quella stanza così buia e silenziosa. Al suo interno si trovava a suo agio, era come se la conoscesse a memoria nonostante non l'avesse mai vista.
La porta si chiuse di scatto alle sue spalle con un cigolio di quelli da film dell'orrore seguito da un colpo secco come quello di un grosso libro che cade a terra.
Scese le scale ed uscì dal portone principale che era spalancato. Qualcuno era uscito prima di lui?
All'esterno tutto taceva. Nessun rumore disturbava il silenzio stagnante e cupo della notte. Né il latrare di un cane né il cinguettio di un uccello né qualche lattina lasciata da chissàchi per strada rotolare al vento.
Non c'era neppure il vento.
Tutto era fermo.
Con qualche passo lento e indeciso si diresse verso il centro della strada.
Una paura inaspettata gli pervase le interiora propagandosi fino alla testa che gli sembrò scoppiare.
All'improvviso iniziò a camminare più velocemente, i suoi passi divennero sempre più svelti e frettolosi, fino a trasformarsi in una corsa stanca e disperata.
Correva nel mezzo della strada alla ricerca di quei rumori che aveva sempre odiato. Cercava il rombo di un auto che passa a tutta velocità, il volo di un aereo che taglia il cielo sopra la tua testa, il vociferare di gente sconosciuta. Cercava suoni, cercava colori, cercava odori, cercava vita.
Continuava a correre, inspirava aria ributtandola fuori con una velocità preoccupante, la sua magra cassa toracica si allargava e restringeva come se avesse al suoi interno un pistone impazzito e non sembrava avere tregua.
Non sapeva dove stesse andando e non sapeva se ci sarebbe arrivato mai ma doveva correre, doveva fuggire di lì, doveva raggiungere la sua meta, vicina o lontana che fosse.
Tutt'a un tratto nell'oscurità qualcosa sembrò afferrargli la gamba, cadde a terra di faccia.
Al contatto del suo naso con l'asfalto sentì un liquido caldo uscire verso l'esterno. Doveva essersi rotto il naso. Si immobilizzò, non riusciva più ad alzarsi o forse non ne aveva più voglia, non voleva correre, non voleva arrivare al suo destino, era troppo stanco e impaurito per farlo; forse era più semplice restarsene lì, sdraiato a faccia all'avanti sull'asfalto freddo con il sangue che continuava ad uscirgli dal naso e a propagarsi tutt'intorno a lui in un unica grande pescolla.
Chiuse gli occhi.
Il nulla che lo circondava incominciò a penetrare dentro di lui. Una alla volta le parti del sue corpo smisero di funzionare o di esistere e in pochi secondi egli stesso smise di esistere, scomparve, entrò a far parte di quel vuoto da cui fuggiva ma che non avrebbe mai potuto evitare.
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