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Il vampiro Christopher Hancock, le origini - ultima parte
"Ottima scelta, ho creato uno splendido immortale".
Disse soddisfatta la donna dagli occhi di ghiaccio.
"Non avevi nessun diritto di farlo, dovevi lasciarmi crepare".
Mi resi conto di aver perso per sempre la possibilità di ricongiungermi ai miei familiari. La mia anima è stata dannata per sempre, rinnegato da Dio.
Sentii crescere in me rabbia e disperazione, ma più di tutto sentivo la sete infiammarmi la gola.
"Non essere in collera, quando ti ho visto ho subito capito che saresti stato perfetto... e poi mi ricordi tanto mio figlio, il mio povero Constant. Non potevo permettere che diventassi cibo per i vermi".
"Che diavolo vuoi da me? Nessuno ti ha chiesto di strapparmi alla morte, ho un tremendo bisogno di... non lo so cos'è... mi brucia la gola".
"Ti devi nutrire, andiamo".
Uscimmo, così facendo lasciai per sempre la casa in cui sono cresciuto e con essa lasciai anche la mia vita precedente, da allora non sono più voluto tornare a Eyam.
Quella notte aveva assunto un aspetto funebre, le stelle erano nascoste sotto un pesante cielo nero e uno strano odore di morte aleggiava nell'aria, inaspettatamente mi sentii parte di quella cupa atmosfera, ero perfettamente a mio agio e mi sentivo forte e indistruttibile.
Fu la notte del mio primo pasto, uccisi il mio primo essere umano guidato dall'istinto. Era una prostituta che si aggirava ubriaca in un sudicio vicolo. Conobbi per la prima volta l'eccitazione scatenata dall'odore del sangue caldo pulsare nelle vene. Non ricordo d'aver mai sentito un profumo tanto intenso e delizioso. Le fui addosso in un secondo, povera sciagurata, non ebbe nemmeno il tempo di reagire, ma se anche l'avesse avuto, niente avrebbe potuto contro la mia superiorità.
L'assalii alla giugulare, sentii il suo fluido vitale scivolarmi sinuosamente nella gola e riempirmi lo stomaco donandomi un sollievo indescrivibile.
Uccidere è semplice.
Scoprii che bere da un mortale è paragonabile al provare mille orgasmi contemporaneamente, infinite ondate di piacere che si propagano al mio interno gettandomi tra le rassicuranti braccia dell'oblio.
È quello che viene dopo ad essere difficile.
Vidi l'orrore da me compiuto, il corpo esanime della prostituta e i suoi occhi spenti riversi all'indietro. La macabra immagine della mia prima vittima mi accompagnò per le successive ore.
Poco prima ero furioso con la mia creatrice per avermi donato la vita eterna, quale diritto aveva di scegliere per me? E io, invece, che diritto avevo di uccidere quella derelitta?
Le briciole della mia parte umana si domandavano:
Soddisfare la mia implacabile voglia di sangue umano valeva più della sua miserabile vita?
I miei demoni replicavano:
Sono un efferato assassino ma uccido unicamente per nutrirmi, perché ora è questa la mia natura. Dio invece perché ha ucciso la mia famiglia con quell'orrenda malattia? Perché ha permesso che morisse tutta quella gente? Dio è molto più crudele di me.
Questa lotta interna può essere riassunta in una sola parola: dannazione.
La signora morte, mia creatrice, in realtà si chiamava Catherine, a sua volta è stata trasformata in vampira nel 1367, nel periodo in cui la peste nera fece strage in mezza Europa. All'epoca aveva un marito e cinque figli i quali morirono a causa del morbo. Dopo trecento anni di solitudine decise d'approfittare della nuova ondata della malattia per salvare (o condannare a seconda del punto di vista) sei esseri umani il più possibile somiglianti al marito e ai figli.
Inizialmente trasformò un ricco conte londinese ormai moribondo, promettendogli la vita eterna in cambio di un matrimonio e della condivisione dei suoi averi. Non fece nessun accordo con i quattro ragazzi che scelse dopo, dannò la loro anima e basta, senza chiedere alcun permesso, così come fece con me. Tre se ne andarono di casa dopo un paio di mesi, le rimase solo Sophie che stravedeva per lei e il conte William Harvey. Mi unii a loro, vivevamo in una splendida tenuta signorile. Tutto quello sfarzo non era però sufficiente a coprire la miseria che albergava nel mio animo.
Presto mi accorsi del potere seduttivo che esercitavo sulle donne. Bastava entrassi in una stanza ed erano tutte ai miei piedi, si sarebbero fatte calpestare, frustare, maltrattare pur di stare con me. Leggo il desiderio nei loro sguardi lussuriosi, mentre mi guardano spogliandomi con gli occhi, riesco a sentire il calore che divampa tra le loro cosce vogliose. Mi vogliono per il fascino magnetico della mia immortale bellezza, è tutto ciò che riescono a percepire queste ignobili sgualdrine, sono così accecate dalla mia avvenenza da farmi persino pena.
Il loro desiderio nei miei confronti le annebbia; non sono in grado di vedere il mostro che è in me, il gelo del mio buio, la mia crudele oscurità.
Le detesto perché ho bisogno di loro, le desidero, desidero avidamente tutte quelle donne, bramo le morbide linee del loro fragile collo. Adoro godere di quei corpi nudi e ansimanti prima di sfamarmi con la loro rossa linfa vitale, il sangue ha un sapore decisamente migliore dopo il sesso.
Andavo a letto con una gran quantità donne; prima di bere il loro succulento sangue caldo le soddisfavo, perciò non mi sentivo in colpa, dopotutto offrivo loro una dolce morte tra le mie braccia. Potrei definirmi un angelo nero insanguinato.
Odiavo sentir parlare dell'amore e dei suoi incanti, mi faceva soffrire quel sentimento a me sconosciuto, nella mia non-esistenza non poteva esserci spazio per qualcosa di così nobile.
L'amore è vita, luce e bellezza.
Io sono un abisso di dolore e distruzione.
Sono solo un vampiro dalla malinconica non-vita, la nostalgia di tutto ciò che mai vivrò divora la mia anima maledetta.
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