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La migliore attestazione di stima nei riguardi di mio padre
Sono tanti gli episodi che mi ricordano quanto mio padre fosse una brava persona, sia in famiglia che fuori. E sono tante le persone che ne serbano un ottimo ricordo, tant'è che quando ancora oggi mi capita di parlare di lui con qualcuna di loro, ho la sensazione che il mio petto si gonfi di orgoglio.
Sono state tante, in questi vent'anni che sono trascorsi da quando lui se n'è andato, le attestazioni di stima espressemi da chi lo ha conosciuto, ma quella che più mi ha colpito, quella che rimarrà scolpita indelebilmente nella mia memoria fino all'ultimo giorno della mia vita è quella che sto per raccontare.
Una mattina di alcuni anni fa mi telefonò in laboratorio una ragazza per chiedermi di ripararle un televisore. Poiché era la prima volta che mi chiamava, le chiesi cognome ed indirizzo, quindi fissammo l'appuntamento per il pomeriggio dello stesso giorno.
Quando si fece l'ora di andarci, presi la mia valigetta di riparazione e la caricai nella macchina, quindi mi avviai verso casa sua. Strada facendo, ricordai che in passato ero già stato varie volte a quell'indirizzo, da un ex avvocato che aveva lo stesso cognome della cliente che stavo andando a trovare, una persona sempre molto gentile che non vedevo ormai da alcuni anni, e che ormai doveva avere una veneranda età. Giunto all'indirizzo dell'appuntamento ebbi la conferma che corrispondevano sia il cognome che l'abitazione, quindi la ragazza doveva essere molto probabilmente una parente di quel vecchio cliente.
Citofonai, la ragazza mi aprì il portone, quindi salii a casa sua con l'ascensore. Quando ne uscii la trovai ad accogliermi sorridente davanti alla porta aperta, ci salutammo con una stretta di mano, quindi mi fece accomodare nella stanza di quello che era suo nonno, che stava disteso sul letto appoggiato alla spalliera. Da quando lo avevo visto l'ultima volta ne erano passati parecchi di anni, più di quanti credessi; infatti l'avvocato era più vecchio di quanto avessi immaginato, e ad occhio e croce doveva avere almeno novant'anni. Poggiai la valigetta per terra, quindi mi avvicinai a lui porgendogli la mano per salutarlo e dicendogli: "buonasera avvocato, come sta? È parecchio tempo che non ci vediamo".
Lui mi guardò porgendomi la mano ossuta, che strinsi con delicatezza temendo di potergli fare del male, e mi rispose sorridendomi: "buona sera, ma lei chi è? Non mi ricordo..."
Rimasi sorpreso da quelle sue parole, ma non mi persi d'animo, dicendogli: "ma come, avvocato, non si ricorda che sono già venuto tante altre volte a ripararle i televisori? Qualche volta siamo andati assieme anche a casa di sua sorella..."
Lui mi guardava da dietro le spesse lenti dei suoi occhiali, con un'espressione perplessa, ma senza spegnere il suo simpatico sorriso.
Mi resi conto che non era più la persona che ricordavo, benché non avesse perso la gentilezza che lo aveva sempre contraddistinto. Guardai negli occhi la nipote, con un'espressione interrogativa, e lei mi disse: "mio nonno ha più di novant'anni, e non ha più la memoria di una volta".
Mi misi al lavoro, chiedendo alla ragazza quale fosse il problema del televisore che stava su un carrello in un angolo della stanza, e mentre lei mi raccontava come si fosse guastato improvvisamente, cominciai a svitare le viti del coperchio, ma in realtà, anziché ascoltarla, stavo a guardare l'avvocato chiedendomi perché ci si debba ridurre così, mentre lui continuava a fissarmi cercando di ricordare.
Mi venne spontaneo rivolgergli nuovamente la parola, e gli dissi: "e allora, avvocato, non si ricorda? E si ricorda di quando veniva a trovarmi nel laboratorio dove lavoravo prima, accanto ai Vigili del Fuoco?"
Lui mi ascoltava molto attentamente, fissandomi con quegli occhioni ingranditi dalle lenti, e mi rispose, scuotendo la testa: "no".
Io lo incalzai: "e si ricorda di quando lei aveva quella casa in via XXV Aprile, dove abitavo da ragazzo con i miei genitori..., che poi la vendette senza venirci mai ad abitare..."
"No", mi rispose scuotendo di nuovo la testa, sempre sorridente.
Che pena mi fece in quei momenti... ma non mollai, non era possibile che non ricordasse nulla!
"Avvocato, e di mio padre si ricorda? Sa chi era mio padre?" gli chiesi convinto che anche questo tentativo sarebbe andato a vuoto! "Io sono il figlio del maresciallo Formica".
Fu in quel momento che lui si fece serio, sgranò gli occhi, voltò lo sguardo verso la tenda che copriva la finestra, come se fissasse un punto lontano, e disse: "il maresciallo Formica, che galantuomo..."
Rimasi per alcuni istanti col coperchio del televisore tra le mani, di sasso, stupefatto di come nominargli mio padre fosse riuscito ad accendere una lampadina nella mente di quell'uomo così malridotto.
Quel giorno un simpatico vecchietto, al quale anni prima avevo personalmente comunicato che mio padre non era più tra noi, e nel volto del quale avevo scorto il turbamento ed il sincero dispiacere nell'apprendere quella notizia, mi fece uno dei più bei regali che abbia ricevuto nella mia vita: la conferma che mio padre era stato davvero un galantuomo, così come lui lo definì in uno sprazzo di lucidità.
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