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Due amori
-Non si tratta di inutili parole, ma di fatti- mi sussurrò Antonio, stringendomi le spalle col braccio.-Ti do tre milioni e tu mi porti Penelope in Turchia, ad Antalya,- aggiunse ancora.
-Che ci faccio con tre milioni? Non mi bastano, non se ne parla...- obiettai, conoscendo bene Penelope e le sue esigenze.
- Non fare il difficile, lo so che Penelope ti piace. Ho visto come la guardi, come la sfiori...- mormorò malizioso. -E poi, quando ti capita... hai un mese intero da trascorrere solo con lei, lontano da quel ladro che la mantiene e che la trascura...-
Annuii in silenzio, fissando i suoi occhi lucenti da felino attraverso la fessura delle palpebre. "Ha ragione", pensai uscendo,"io amo Penelope e farei di tutto per stare un po' con lei".
Penelope la vidi per la prima volta a Favignana. Era sola come me, stava quasi in disparte sulla banchina della tonnara vecchia, carezzata dalle acque limpide della baia, dalla brezza tiepida di giugno, ed era, non ho bisogno di dirlo, bellissima.
-Il denaro non è importante- mi assicurava ancora Antonio - l'importante è il mare, l'avventura...- e io, ingenuo, gli credevo, anzi credevo a tutti quelli che mi lusingavano con le sirene dell'avventura ad ogni costo.
Col senno di poi devo ammettere a me stesso che la storia dell'avventura costi quel che costi io l'ho pagata di prima persona e a caro prezzo, mentre i "signori" che me la facevano continuamente baluginare davanti hanno continuato ad essere ricchi adoperando altri deficienti come me per fare i loro porci comodi. Ma questa è un'altra storia.
Quel giorno d'inizio giugno Antonio mi consegnò le chiavi di Penelope... perchè Penelope è uno splendido sloop di quaranta piedi in vetroresina dalle linee molto marine chel'armatore lasciava marcire nelle acque sporche del porto per quasi trecento giorni all'anno. Io ero felice ( da giovani basta poco), avevo una barca, un porto d'arrivo ben distante e quattrini e ancora un carico di nafta, mezza tonnellata d'acqua e scatolame a volontà.
Sull'equipaggio avevo avuto mano libera da Antonio -porta chi vuoi- mi assicurò - basta che non mi costi nulla-. Che tradotto in lingua italiana significava qualche altro disperato in cerca d'avventura come me, disposto a tutto per il mare, convinto di fare lui l'affare della vita.
Il mare... chi non conosce il mare non può capire. Non potrà mai capire come ti entra dentro, con quale forza, con quale prodigiosa intensità. Chi non conosce il mare non potrà mai distinguere il suo odore mai uguale, il suo sapore sempre diverso, i suoi colori sempre cangianti, i suoi umori perennemente mutevoli.
Il mare è un'onda che ti droga, una droga che alle volte ti uccide.
Blasco l'avevo conosciuto ad una regata d'altura il marzo precedente e sapevo che voleva mettersi alla prova con qualcosa di più impegnativo. Certo il fatto che ci avesse fatto perdere, volando in acqua in mare aperto colpito dal boma di randa, non deponeva a suo favore. Ma tant'è, nonostante la mezz'ora nel mare frangente di marzo al largo di Ustica cercando di recuperarlo, lo chiamai... gratuito con un mese a disposizione c'era solo lui. Era un entusiasta Blasco, si entusiasmava rapidamente di tutto e per tutto, e non si rendeva conto che io lo stavo usando e che qualcun altro stava usando me. Così va la vita.
Il giorno della partenza il mare era increspato solo dalla brezza del mattino: drizzammo la randa e il genoa e via, bussola a novanta gradi verso il misterioso Oriente. Da Palermo filammo al traverso per tutta la giornata con le sole vele lungo la costa settentrionale della Sicilia. Blasco, elettrizzato, cazzava e lascava senza sosta le scotte con i winch, regolava il trasto di randa e il caricabasso, insomma si dava da fare. Tirando le somme era un buon diavolo e sapeva anche cucinare. Io invece ero incatenato al timone e almeno per il momento non ne volevo sapere di mettere il pilota automatico; volevo godermi il timone della mia (finalmente mia) Penelope.
-Hai mai visto le Eolie dal mare?- chiesi a Blasco all'altezza di Cefalù.
-No- rispose lui.
- Allora vedrai le isole Eolie- gli dissi.
Arrivammo che stava facendo buio: Alicudi è l'ultima (o la prima) ed la più selvaggia delle sette sorelle. Non c'è nulla a parte il fortunoso attracco per l'aliscafo e poche case appollaiate lungo i suoi ripidi pendii vulcanici. Non una strada, non una macchina, persino l'elettricità è scoperta recentissima e per fortuna non esiste nelle strade. E infatti Il cielo notturno è magnifico: migliaia di stelle, gemme, soli lontanissimi forse già morti. E poi il mare, un liquido blu che si frange su antiche lave nere. Mi ormeggiai alla meno peggio al molo dell'aliscafo e saltai a terra, mi sentivo come Cook, ma ero solo io.
Poco vento e molto motore, Filicudi, Salina, Lipari, Vulcano. Diedi fondo nella baia di ponente, ben distante dagli scogli e dalla riva e diedi la libera uscita a Blasco che, contento ed entusiasta come mai, raggiunse presto la spiaggia col tender. Io preferii rimanere solo con Penelope, memore di una brutta avventura capitatami in quello stesso posto tempo prima, quando un'improvvisa tempesta spedò le ancore di tutte le barche all'ancora in baia facendone affondare anche qualcuna. Io fui fortunato e riuscii a salire in tempo e a dare motore verso il largo. Altri lo furono meno di me.
Gente con tanti soldi e poco cervello.
Ma quella sera meglio avrei fatto a lasciare Penelope sola e a seguire il prode Blasco, entusiasta per natura, marinaio per volontà e passione, casanova da strapazzo per vocazione, idiota come tutti gli uomini accecati dal testosterone. Quella sera Blasco, al ritorno dalla sua spedizione, portò in barca un'olandesina di sì e no vent'anni con un corpo da modella e un viso d'angelo... o forse era il contrario. Poco importa.
-Ti presento Kelly...- fece Blasco con un sorriso che gli allargava la faccia come a un Jolly senza campanelli. -Le ho promesso un passaggio sino ad Atene- fece sicuro di sé.
-Ma quale Atene- sbottai - ad Antalya dobbiamo andare. E tu non sei autorizzato a dare passaggi a nessuno...-
-Ma Antonio non t'ha detto porta chi vuoi basta sia gratis?-
-L'ha detto a me che sono il capitano, non a te che sei il mozzo!- lo ripresi.
-E io, infatti, a te lo sto chiedendo... e poi una mano a bordo ci serve... mi ha anche detto che sa cucinare.-
-Sì, hamburger, birra e salsiccia- sfottei - di donne a bordo non ne voglio. Portano male.- obiettai.
-Ma l'hai vista? Hai visto che corpo, che gambe, che seni... che occhi - mi tentò, il diavolo accecato dal testosterone.
-Seeee, guardi gli occhi tu. Niente donne, è un'ordine- esclamai categorico, con piglio militare.
- Kelly, avvicinati- le ordinò Blasco, mettendola in mostra.
La ragazza, occhi verdi, bocca rossa e una maglietta bianca che più che nascondere lasciava intravedere ogni ben di Dio, si accostò a me e mi baciò sulla guancia, alitandomi sul collo. Rimasi interdetto e la guardai di traverso, presagendo guai a non finire. Fui sul punto di buttarla fuori, ma il diavolo, complice il mio testosterone, accecò anche me.
-Va bene,- acconsentii riluttante.
-Dagli la tua cabina a prua e prendi la cuccetta a poppa. Si cena tra mezz'ora, si parte all'alba. Voglio arrivare in Calabria prima di sera...-
-Agli ordini capitano- rispose Kelly contenta, fissandomi con i suoi occhi da gatta in calore.
La cena a base di aricciole pescate alla traina se ne andò insieme a due bottiglie di Bianco d'Alcamo. Mentre mi addormentavo pensai al fatto che quella donna era in barca da poche ore e già m' aveva fatto infrangere il divieto assoluto dell'alcool mentre si è in navigazione.
Non incontrammo vento sino allo stretto di Messina e procedemmo a motore, poi, finalmente, la brezza si alzò potente. Drizzammo il genoa, lo scafo si inclinò, la spuma iniziò a spazzare il ponte, cominciò la bolina. Iniziai a dare ordini di virata continui, zigzagando tra i traghetti che fanno la spola tra le due rive dello stretto, i cargo che passano da Oriente ad Occidente e le ultime spadare dalle lunghe antenne a caccia di spada.
-Vira a dritta- ordinai e sentii l'adrenalina scorrermi dentro, i sensi acuirsi, i muscoli farsi più potenti. Lo facevo per tenermi in allenamento e poi volevo sfiancare Blasco, che aveva trascorso tutta la mattinata a pomiciare con Kelly, a toccarla, a strusciarsi. Lo volevo stancare... punire. Il testosterone faceva effetto, la gelosia anche.
In quel frangente Kelly, non potendo fare uso di Blasco, si avvicinò a me. Io stavo dritto sulla ruota del timone, con un occhio alle navi che ci incrociavano e avevano sempre la precedenza e un occhio al mostravento posto a riva. Kelly si sedette dietro di me e cominciò a carezzarmi le spalle, scendendo verso giù, la schiena, i glutei, le gambe. Rimasi impietrito, interdetto, ma lasciai fare, sorridendo la lasciai fare... il diavolo e il testosterone la lasciarono fare.
Kelly aveva diciannove anni, ma ne poteva avere trentanove per come sapeva giocare con gli uomini. Infatti a Melito di Porto Salvo lo dimostrò ancora. Il porto era angusto, con l'entrata semi interrata, tanto che il progettista si sarebbe meritato d'esser legato all'ultima crocetta della maestra e portato a spasso per il Mediterraneo. Ma in quel momento avevo unicamente bisogno di carburante e di acqua prima di affrontare la traversata dello Jonio; e di tornare indietro a Reggio o di salire a Crotone non mi andava proprio.
Entrando nel porto per poco non mi arenai, mi innervosii, comunicai alla ciurma di voler fare solo acqua e benzina e di mollare subito gli ormeggi per Cefalonia.
-Ho voglia di camminare un po'- obiettò nel suo italiano cantilenante e zoppicante Kelly.
-Ho detto di no- la contraddissi bruscamente.
Anche Blasco insistè. Purtroppo per me non valgo un mignolo della grinta del comandante del Bounty e acconsentii a passare la notte in quel buco di posto dimenticato da Dio e ricordato male dagli uomini per accontentare la bella Kelly. La notte la trascorsi insonne tra i mugolii amorosi di Kelly e i muggiti di Blasco che, nella cabina accanto, si divertivano e fuori le grida dei pochi pescatori che lo facevano apposta a urtare la barca ad ogni passaggio.
Il giorno dopo i due amanti ancora dormivano e io ho lasciai il porto più squallido del Mediterraneo settentrionale con bussola a novanta gradi, direzione isola di Cefalonia, porto di Argostoli. Il mare era calmo, il vento spirava dai quadranti meridionali, branchi di delfini mi inseguivano saltando a prua della barca accompagnandomi gioiosamente, tutto era perfetto se, alle nove, non avessi ricominciato a sentire mugolii e fremiti di libido. Verso le dieci il casanova e la gatta uscirono con loro comodo a prendere il sole. Io ero già arrostito e stanco, misi l'automatico e mi sdraiai all'ombra della randa.
-La terra quasi non si vede più- mi fece Blasco e io annuì.
-Quanto ci impiegheremo per arrivare a Cefalonia?- chiese.
-Due tre giorni- feci io secco, infastidito e scesi in quadrato a fare il punto nave stimato. Dopo salii con in mano il mio sestante e il volume con le tabelle effemeridi dell'Istituto Idrografico della Marina per fare il punto nave con il sole. Kelly prendeva il sole in topless sulla tuga e vederla così, bella, giovane, luminosa, mi tolse letteralmente il fiato.
-Segna sulla carta- ordinai a Blasco - latitudine trentasette gradi quarantasette primi e ventotto secondi nord, longitudine sedici gradi trentadue primi e dodici secondi a est. Corrisponde al punto stimato?- chiesi.
-Per niente- rispose lui acido, geloso dei miei lunghi sguardi a Kelly.
-Dammi qua- lo zittì io.
-Difficilmente corrispondono, non fosse per me vi perdereste in una tinozza. Deficiente.- lo apostrofai e tornai al mio posto all'ombra della randa. Kelly ci osservava divertita: sapeva o, almeno, intuiva di essere lei la causa del malumore tra noi due e non faceva nulla per metterci una pezza.
La navigazione proseguì tranquilla fino a quando non incrociammo un relitto che passava a sinistra ad una cinquantina di metri da noi. I miei sensi si rimisero all'erta, fiutando il pericolo. - Dobbiamo fare i turni per la notte- dissi. -Mi faccio il primo fino alle due del mattino, poi ti sveglio e fai una tirata fino alle sei.-
-Non c'è pericolo- obiettò Blasco - la rotta commerciale passa più a sud... -
-Tu fai quello che ti dico io. Possono esserci navi che transitano più a nord e per loro siamo invisibili. - tagliai corto e mi rimisi al timone.
Kelly nel frattempo si era messa ai fornelli, soltanto un pareo trasparente copriva le sue attraenti nudità e osservarla diventava una tortura senza fine, quasi quanto le stupide effusioni di Blasco ripetute sotto i miei occhi. Ad ogni modo Kelly si dimostrò un'ottima cuoca e la cena passò allegramente, lei seduta al mio fianco e pronta a versarmi il mio grecanico nel calice, a stuzzicarmi maliziosa. Penelope, che sino a quel momento aveva sopportato di buon grado il mio malumore e le mie disattenzioni cedette ad una sventolata di scirocco. Accelerò d'improvviso, il pilota automatico non resse la rotta e cominciò a fischiare. Corsi al timone e lo disinserii. Mollai la scotta di randa e ridussi il genoa, la navigazione riprese tranquilla, Penelope mi aveva fatto capire che non la potevo tradire, che con lei dovevo stare sempre in guardia. Mi feci praticamente tutta la notte perché Blasco si era sbronzato col mio grecanico, solo Kelly mi venne a fare visita verso le tre del mattino con un caffè caldo in mano accucciandosi accanto a me, inebriandomi col suo profumo. Mi tenne sveglio, mi coccolò con la sua cantilena italo-olandese, mi raccontò dei suoi sogni, del viaggiare per il mondo libera, senza legami e costrizioni. -E i soldi?- chiesi io. -I soldi si trovano- rispose lei facendo spallucce.
Verso le cinque, albeggiava, le ordinai di andare a dormire e io proseguii la mia veglia con Penelope, la moglie che non tradisce mai.
Erano due giorni che vedevo solo acqua, il vento si era calmato, il mare quasi non si muoveva. Ritirai il bucato e le stoviglie alla traina in mare e li sciacquai in acqua dolce. Ammainai la randa e il genoa e mi tuffai nel blu: sotto di me cinquemila metri di acqua, attorno a me Penelope alla deriva, che scarrocciava lentamente verso nord, e una testuggine che mi osservava attenta, quieta. Avrei voluto essere come lei, come un delfino, come un tonno... felice in un adesso eterno e senza tempo. E invece il diavolo era in agguato, mi seguiva. Toccai la testuggine, lei fuggì nell'azzurro spezzando l'incanto. Vidi Kelly sul ponte, magnifica, e Blasco completamente inebetito, fuso, che pendeva dalle sue labbra.
-Ti potrei lasciare a mollo a duecento miglia dalla costa e scappare con Penelope, Kelly e vivere felice per il resto della mia vita- fece Blasco armeggiando col timone.- L'incanto si spezzò definitivamente, quasi gli credei, anzi gli credei e nuotai velocemente verso la scaletta. Rideva, l'infame, e con lui Kelly." Ho fatto la figura del codardo", pensai " lo odio".
Un altro giorno passò nell'ozio, ci prendevamo cura soltanto di noi stessi e di Penelope, mentre la costa greca si avvicinava e il nervosismo saliva. Cercai di pensare solo a Penelope, di concentrarmi solo su di lei, ma vidi Kelly e poi Blasco e mi ricordai di quanto mi diceva Antonio: "donne e barche guai e delizie".
Cefalonia apparve la mattina del giorno seguente, eravamo più a sud del previsto, Zante a dritta, Cefalonia a sinistra. Preferisco sempre la seconda, per le coste frastagliate, i fiordi profondi, le possibilità praticamente illimitate di ormeggi tranquilli.
Argostoli ci accolse sonnolenta verso mezzogiorno. Il porto era praticamente tutto nostro, poche barche ormeggiate battenti le bandiere più diverse, svedesi, inglesi, americane, australiane. L'unico marinaio della capitaneria di porto di Argostoli ci accolse annoiato invitandoci a compilare distrattamente dei moduli, osservando i nostri passaporti. O meglio osservava quello di Kelly. Attaccò bottone in inglese e alla fine lo interruppi non troppo gentilmente. Mi guardò di traverso e mi disse di andare via. Per una volta Blasco mi diede una pacca sulla spalla.
Feci rifornimento d'acqua e di verdure e prenotai la cisterna per il carburante che arrivò poco dopo cigolando. La baia lasciava senza fiato, profonda, tra mare e monti, le acque calme e trasparenti, migliaia di ricci ad aspettare solo qualcuno che li facesse diventare un condimento per la pasta. In Grecia ogni angolo ricorda la Sicilia, nei nomi, Panormos e Drepanon dovunque, nei colori, nella vegetazione, nei monti calcarei che si tuffano nel mare, nella cucina, nei sapori, persino la gente sembra la mia gente. Il Mediterraneo è una grande patria che ha perso la sua memoria. Mi venne voglia di verdura e le insalate greche con feta, pomodoro, zucchine e cipolla mi attendevano innaffiate da birra ghiacciata e ouzo, dopo giorni di acqua brodo.
Ci dondolammo per qualche giorno tra Zante e Cefalonia, poi risalii la costa dell'isola; volevo far vedere a Penelope la sua isola, la bella Itaca. Penelope mi ringraziò, la sentivo contenta, anche Blasco si era rilassato e Kelly la vedevo meno femme fatale, meno pericolosa. Mandai Blasco a terra in cerca di cibo fresco e Kelly rimase in barca con una scusa. -Non me la sento, vai tu-gli disse.
Quando Blasco sparì alla vista Kelly cominciò a stuzzicarmi: non reagii, poi mi saltò addosso come una belva affamata. Ottenne ciò che voleva con la sua merce più preziosa. Non avevo scampo, ero suo.
Da Itaca verso la terraferma, il vento rinforzò avvicinandoci alla costa greca; decisi di non passare per Corinto, e di puntare a sud oltre il Peloponneso, verso l'isola di Creta. Oltrepassammo Oxia con mare frangente e vento quasi al traverso, dieci nodi pieni facendo rotta sul Peloponneso. Penelope cavalcava le onde che era una meraviglia e decisi di montare il gennaker. Sistemai le scotte e drizzai la grande vela asimmetrica all'esterno del genoa.
Solo chi va per mare può capire. Dodici nodi, acqua libera a prua, libertà sciolta da vincoli.
Eppure il diavolo è sempre dietro l'angolo e questa volta mi attendeva oltre il Peloponneso, tra Citera e Candia. Blasco infine si era accorto che tra me e Kelly era successo qualcosa ed era tornato aggressivo, quasi isterico. Il Meltemi aveva cominciato a soffiare impetuoso da nord gonfiando il mare al largo di Heraklion, le onde si alzavano una dietro l'altra e frangevano, l'anemometro segnava i quaranta nodi di vento. Terzarolai la randa, ingarrocciai un piccolo fiocco a prua, ma commisi l'errore di essere troppo prudente. Penelope perse velocità... l'acquistava sul cavo d'onda, ma ne perdeva troppa in salita rischiando di straorzare in cima a causa del frangente. "Ci vuole velocità" pensai "surfare sulle onde è il rimedio".
-Molla un terzarolo- ordinai a Blasco che stava raggomitolato nel pozzetto accanto a Kelly che era stravolta dalla paura.
- Sulla tuga non ci salgo manco morto- mi urlò di rimando.
Persi la pazienza: -il timone automatico questo mare non lo regge e di sicuro non lo reggi neanche tu- gli urlai - alza il tuo culo molle e leva una mano di terzaroli, altrimenti finiamo a mollo, deficiente-
-Tu sei pazzo!- mi rispose rosso in viso, mentre Kelly piangeva di fianco a lui. D'un tratto un'onda più alta e frangente delle altre ci colpì da prua. Penelope, lenta, venne investita dal frangente ma questa volta non riuscì a liberarsene, straorzò sull'onda coricandosi con la mura di sinistra quasi in orizzontale, le crocette quasi in acqua.
-Tenetevi- feci quasi in tempo a gridare e vidi la piccola Kelly quasi librarsi in aria. Misi la barra tutta a dritta, sperando che la fortuna e la fisica facessero il resto, riportandomi in orizzontale. Penelope non mi tradì e si riprese.
-Bastardo! Ci farai affondare- gridai a Blasco, ma lui non replicò né si mosse e perciò decisi di rischiare con l'automatico che, appena inserito, iniziò a gemere e a fischiare. Feci entrare Kelly nel quadrato e le ordinai di chiudersi dentro; feci appena in tempo a scorgere il caos dabbasso. Mi precipitai alla randa, sciolsi le borose, ma la drizza non ne volle sapere di andare su, la pressione del vento era troppa.
-Il paranco- urlai a Blasco -drizzala col paranco...- Penelope straorzò ancora. E questa volta fu peggio della precedente. Riafferrai il timone e diedi barra a dritta, poi mi venne l'idea... il motore.
Tentai di accenderlo, sperando che le due straorzate non avessero prodotto danni e la fortuna mi assistette. Diedi tutta manetta e Penelope, finalmente, riacquistò velocità, ogni cosa tornò al suo posto. Avevo pagato l'errore, ma ce l'avevo fatta.
-Sei un vigliacco e un pezzo di merda Blasco. Ti sbarco ad Heraklion.- gli dissi quando la buriana si fu calmata.
- Sono un vigliacco- ammise lui -io ho paura, perché amo la vita e ho paura di perderla. A te invece la vita fa schifo e giochi a fare il coraggioso. Non è coraggio, sei uno psicopatico- mi disse.-E Kelly?- chiese poi.
-Kelly può fare ciò che vuole- gli risposi.
-Hai fatto l'amore con lei, vero? - domandò -Lo sai che era mia, che ci tenevo...-
-Ho fatto l'amore con lei- ammisi e in risposta mi arrivò un pugno in faccia.
-Vai via- dissi a Blasco non appena fummo ad Heraklion e portati pure Kelly.-
-Non voglio andar via- mi pregò allora Kelly
-A me basta Penelope- gli dissi laconico e la feci scendere.
Non bisogna mai avere due amori alla volta e la strada per Antalya era ancora lunga...
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