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Il fantasma rino
L'idea di fare un week end a Roma l'aveva avuta Fabio.
Spinto dalla noia della solita routine lavoro - casa - fidanzata - prove col gruppo avevo subito accettato, e così in un bel giorno di fine ottobre eravamo in treno alla volta della capitale, entusiasti come scolaretti in gita.
Tre giorni di ozio! Saremmo stati degli stupidi a non essere in stato di pura gioia!
Ricordo il verde del panorama fuori dal finestrino del treno. Marche, Umbria, Lazio. Ancona, Fabriano, Foligno. Ricordo il male alle gambe perché gli Intercity hanno questa cosa che i sedili sembrano progettati per persone con le gambe da hobbit. Mi aveva sfiorato il dubbio che i passeggeri dello scompartimento in cui viaggiavamo erano tutti quanti degli hobbit omosessuali in gita di piacere proprio come me e Fabio. Avevo guardato Fabio ridendo di questo pensiero ma per fortuna non eravamo hobbit e non eravamo ancora diventati omosessuali.
Finalmente Roma.
La stazione Termini ci veniva incontro come una zia infagottata e premurosa che attenda l'arrivo degli adorati nipotini. Ricordo il caldo, un caldo strano accentuato dalle cose pazze che gli uomini stavano facendo alla nostra povera terra.
I senza casa, come tanti pipistrelli morenti, facevano piccoli capannelli sul selciato appena fuori dalla stazione. Due di loro stavano litigando di brutto. Benvenuti, cari figli della provincia carina e viziata, benvenuti nella metropoli!
Avevamo guadagnato abbastanza velocemente la strada per l'albergo. Qui al posto dei senza casa c'erano per strada decine di immigrati indiani e pakistani, con i loro volti calmi e dignitosi. Una donna straniera male in arnese fumava una sigaretta seduta al tavolino di un bar che mi sembrava bello cencioso, gli occhi distrutti dalla sofferenza. Ricordo che mi aveva colpito la giovane età della donna, e che mi ero chiesto cosa mai l'avesse potuta far soffrire e invecchiare in quel modo.
Dopo aver smollato i bagagli e pagato in anticipo per le tre notti di permanenza, Fabio aveva proposto di punto in bianco di andare a salutare la tomba di Rino Gaetano al cimitero del Verano. Il portiere dell'albergo ci aveva detto che questo cimitero non era poi molto distante e ci si poteva anche andare a piedi con una mezz'oretta di buona camminata.
Perfido Fabio! Non aveva pensato alla cosa di punto in bianco! Se l'era preparata covandola per benino da chissà quanto tempo, e a dire il vero all'inizio non ero tanto contento dell'idea e ancora oggi non me lo so spiegare razionalmente. In fondo, quando l'anno prima ero stato a Parigi, avevo pure trascinato Stefania con la forza al Père Lachise a porre omaggio al buon Jim Morrison, come migliaia di fan dei Doors avevano fatto regolarmente da quarant'anni a questa parte, e in virtù di questa esperienza mi sarei dovuto considerare un veterano di quella particolare forma di turismo che si lasciava affascinare dagli artisti famosi morti e dalle loro eterne dimore.
La stanchezza del viaggio aveva giocato un ruolo importante sulla mia già debole forza di volontà, così avevo dato il consenso al mio amico e ci eravamo incamminati di buona lena alla volta del cimitero monumentale del Verano.
Che giardino immenso! Su alcuni monumenti funerari risalenti all'ottocento c'erano i volti dei morti dipinti, un po' come negli antichi ritratti nelle tombe etrusche. Parevano guardare, con calma distratta e triste, un qualcosa che stava dietro di noi, proprio alle nostre spalle, a dieci metri oppure all'orizzonte più lontano del mondo ma comunque in linea retta rispetto alle nostre goffe sagome.
L'atmosfera poetica del luogo stava però per evaporare. Fabio aveva chiesto a uno dei custodi del cimitero dove si trovava la tomba di Rino dato che da soli non eravamo riusciti a localizzarla. - 'A tomba?!? - gli aveva risposto stupito il custode. - Ma che tomba e tomba! Er loculo, vorrai dì! -
E così una ventata di romanità schietta e verace aveva messo fine alle mie divagazioni da Lord Byron.
Intimiditi dalla grandiosità del cimitero e dall'imminente incontro con Rino ci eravamo subito incamminati verso il luogo preposto. Ecco la foto del nostro eroe sorridente e umile che ci guardava dalla sua eterna dimora ( un modesto loculo con decine di inquilini stipati insieme a lui in puro stile casermone popolare). Davanti ai suoi resti c'era un piccolo tavolino di legno con sopra alcuni vasi colmi di fiori e un piccolo quaderno aperto. Incuriositi gli demmo un'occhiata scoprendo che era una raccolta di pensieri e dediche a disposizione dei fan di Rino. Chi voleva poteva lasciare una traccia del suo pellegrinaggio, e da lì era nata subito una confabulazione tra me e il mio amico su che cosa dovevamo scrivere. A me venne in mente di disegnare una zampa di cane come quelle che di solito lasciava Snoopy e Fabio scelse la frase da scrivere a fianco:
"non siamo esclusi".
Per chi conosce le canzoni di Rino è superfluo spiegare la citazione.
Soddisfatti del nostro incontro eravamo tornati rapidamente al mondo dei vivi e alle nostre vacanze romane ancora tutte da vivere.
La città ci travolse con la sua bellezza mentre sul versante donne e abbordaggi vari saremmo rimasti a becco asciutto come al solito. Il resoconto del nostro viaggio però non è ancora finito. Andiamo dunque all'ultima sera prima della ripartenza.
Eravamo in un pub a Trastevere e stavamo terminando una bevuta fiacca e poco consolante, per cui nonostante non fosse ancora tardi decidemmo di rientrare in albergo. Ero uscito per primo dal locale quando mi inchiodai d'un tratto, sorpreso dalla musica che stava uscendo dal locale dirimpetto al nostro. - Senti un po' che canzone stanno dando - mi ero subito girato verso Fabio, che ancora non si era accorto delle note malinconiche di "Escluso il cane".
Cioè, proprio la canzone che avevamo citato nel quaderno davanti alla tomba di Rino. Proprio quella, e dire che non era neanche uno dei suoi brani più famosi!
Non credo di avere altro da aggiungere che sia degno di nota riguardo alle nostre vacanze romane di quel lontano ottobre caldo e ventoso. Dico solo che per come la vedo io il fantasma di Rino ci aveva fatto uno scherzetto. Forse voleva ringraziarci per la nostra visita o forse voleva dare un po' di sollievo alla nostra perenne depressione di emarginati di provincia.
Fatto sta che ancora oggi spesso ne parlo con Fabio, e lui ogni volta che si tira in ballo la questione ammette che quella fu la volta in cui il suo essere ateo ed estraneo ad ogni credenza religiosa venne messo più a dura prova di tutte.
Quindi, come direbbe Rino, chi vivrà vedrà ... o forse correggendo il tiro potremmo anche dire:
chi morirà vedrà.
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0 recensioni:
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- bella coincidenza!
anch'io sono stata al verano! un salutino agli amici non si nega mai!
- Molto interessante Marco!!!!
chissà perchè é come se quel Fabio lo conoscessi...
un pò...
comunque certe "coincidenze" fanno pensare...
chissà?
scritto bene.
complimenti!!
Laura
Piaciuto!
ps...
- ironia, aldilà, citazioni tamarre (hobbit) e citazioni di lusso (Byron, Morrison), tocchi di classe (metafora: stazione termini/zia premurosa) proprio bello, do 5 scudisc... emmm volevo dire stelle