Correvo da più di un'ora e non capivo come mai non mi sentivo stanca, ricordavo il fiatone del giorno prima dopo aver fatto quel tratto di strada in salita, che percorrevo come al solito per andare a lavoro, il cuore si dibatteva nel petto e mi sentivo in pericolo, mentre ora era forte come una pietra e ondeggiava appena.
Aveva tanto sopportato che forse si era indurito per sempre ed adesso che bella soddisfazione andare spedita senza sentire le gambe stanche o il respiro affannoso! Ma dov' ero non lo capivo: c' era un bel mare blu, calmissimo, una scogliera alta ed un promontorio totalmente ricoperto da una fitta vegetazione verde cupo. E sulla spiaggia, dall' altura dove mi trovavo, vedevo una giovane donna correre velocissima fino ad alzare la sabbia asciutta, ero io? Possibile? Come potevo vedermi?
Eppure ero io: stessi capelli ricci, stessa corporatura esile e stesso modo di muoversi leggero come in una danza. Volevo chiamarmi ma preferii seguirmi da lontano senza farmi notare. Si infilò dentro il folto di una pineta, spuntava ogni tanto tra un albero e il folto della macchia di cui avvertivo l' odore di resine ed il profumo di erbe aromatiche. Non mi vedeva e sicuramente non sospettava nessuna presenza. Si fermò di scatto e poi riprese la rincorsa con un tuffo finale: era tra le braccia di un giovane uomo che la stringeva con amore feroce e la copriva di baci voraci, lei si abbandonava dandosi in pasto con vero piacere. La superficie del mare cominciava ad incresparsi in piccole ondine ed una brezza leggera soffiava, la sentivo tra i capelli.
No, no era giusto, dovevo intervenire e metterla in guardia perché quello lì, io lo conoscevo bene, non era un uomo, ma un lupo pronto a divorarla se avesse avuto più fame. Mi avvicinai silenziosa, potevo sentire il respiro dei due legati in un amplesso totale, lei rossa e abbandonata, lui possente e vigoroso, l'una dell' altro, avviluppati come in un bozzolo di seta. Come agire? Rapida, con un salto, guadagnai la cima di un albero, era curioso, ma guardandoli lui non mi sembrava così pericoloso perché esprimeva tenerezza ed abbandono, mentre lei si faceva sempre più violenta fino a conficcargli le unghie affilate sotto la pelle. Ma come potevo essere io? Era così aggressiva e lo possedeva con un ardore animalesco fatto di morsi ed ululati. Eppure quel viso tirato era il mio e quegli occhi furenti li conoscevo bene, avevano pianto tanto anche allo specchio. Il rumore del mare copriva i loro soffi e mormorii.
I capelli ispidi, ritti sulla fronte, le sopracciglia stirate, la bocca spalancata lei iniziava a lanciare urla di piacere potenti, che fendevano l' aria come lame di spade in battaglia, lui stordito, immobilizzato dalla presa mortale, cercava di liberarsi con uno sforzo inutile, le lacrime gli scorrevano dagli occhi come fiumi, miste a sangue, ormai il respiro si faceva corto e la gola bruciava. Che fare? Ero un animale selvaggio che stringeva la preda per divorarla, già i suoi morsi avevano ferito quel corpo indebolito dalla stretta impietosa, ancora pochi secondi e conficcava i denti affilati nel collo gonfio di sangue. Lei già urlava di piacere e il bosco risuonava della sua voce acuta, lui mi lanciò uno sguardo terrorizzato, m'implorava con gli occhi rossi d' angoscia. Saltai giù dal ramo e la colpii con una grossa pietra fino a spaccargli la testa e mentre gemeva ebbi pietà per quel tenero corpicino che mi stava lasciando. Avevo ucciso me stessa e non provavo dolore, ma era giusto così!