Di quelle sere in cui il tuo sguardo rimane fisso sulla parete della camera, gli occhi sbarrati, immobili. Il volto, da qualche secondo, ha assunto una delle espressioni più ridicole nella storia mondiale delle espressioni ridicole. Fuori tutto tace. Ma dentro, dentro alla testa, si è messo in moto qualcosa. Non che tu l'abbia deciso. Non eri preparato ad una cosa del genere. Lo dimostrano indubbiamente le sembianze assunte dal volto. Lo dimostra il fatto che non sono più gli occhi che permettono al cervello di vedere: è quest'ultimo che dirige i giochi. È la tua mente l'assoluta protagonista in questi pochi secondi che, senza volerlo, le hai concesso. Il tuo compito è soltanto quello di stare immobile e in silenzio; ti guardi il cortometraggio proposto dagli impulsi nervosi della tua materia grigia. Ma non è come al cinema. Al cinema hai la possibilità di apprezzare, criticare, assentire, ridere, emozionarti, spaventarti, piangere; reagire d'impulso a quello cui stai assistendo. No, non è come al cinema ma abbiamo la stessa espressione. Ora dobbiamo solo aspettare, aspettare e vedere che accade, attendere l'epilogo di una storia, passata o irreale, confortante o struggente, sensata o meno. Una buffa riproduzione eterea organizzata e divulgata dal tuo cervello con la gentile collaborazione del tuo silenzio. La mente è la pellicola, gli occhi soltanto un vitreo schermo.