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Deserto di Sangue
Korti, Sudan, 1888
- Possiamo rischiare la traversata?
Sean McLean stava ritto sulla gobba del cammello e osservava l'arabo pochi metri più avanti. Zahli era seduto con le gambe incrociate sul lungo tappeto di stuoia che aveva disteso sulla sabbia fresca del mattino. Anche se l'uomo non aveva risposto subito alla sua domanda, Sean sapeva che stava meditando proprio per potergli dare una risposta precisa. Il mattino non aveva ancora strappato tutti i brandelli di oscurità dalle dune sabbiose del deserto e alle loro spalle la piccola città di Korti era solo un ammasso nero contro il lucore opaco del cielo. Il placido Nilo scorreva a un centinaio di passi sulla loro sinistra e Sean poteva sentire la brezza che soffiava docile attraverso i canneti che cingevano la riva del grande fiume: l'ultimo assaggio di vegetazione per decine di miglia.
Sean avrebbe preferito costeggiare la riva del grande Bahr el-gebel, così il Nilo era chiamato dalle popolazioni indigene, ma la battaglia che si svolgeva più a Sud tra gli uomini del Mahdi e gli inglesi rendeva quel percorso troppo pericoloso. Le ultime notizie parlavano di un esercito di rinforzo pronto a raggiungere Khartum, assediata dagli uomini del predicatore islamico, il Mahdi. Sean era un fiero appartenente del glorioso impero britannico, ma sicuramente incrociare l'esercito imperiale poteva creare qualche problema e il suo viaggio ne sarebbe risultato compromesso. Doveva muoversi con rapidità ed evitare il più possibile gli effetti di quella sanguinosa guerra. In quel frangente la rapidità si trasformava in oro sonante e non voleva rinunciare a nemmeno un grammo della ricompensa. Avrebbe sì raggiunto Khartum, ma seguendo la via della morte, attraverso il temibile serir, il deserto di sassi. Si sarebbe avvicinato alla città del Mahdi, Omdurman, per poi attraversare il Nilo solo all'ultimo istante.
- Sarà un viaggio difficile e mortale, mio signore - disse alla fine il saggio Zahli. Alzò la testa e puntò lo sguardo negli occhi fieri dell'uomo con il quale viaggiava. - Ma ce la possiamo fare - concluse, con un ghigno storto. Nonostante il turbante gli coprisse parte del volto Sean poteva notare la lunga cicatrice che sfregiava i lineamenti di Zahli. Quell'uomo aveva affrontato decine di battaglie e combattuto con nemici astuti e pericolosi, ma era sempre sopravvissuto. Il suo corpo martoriato portava ben visibili i segni di decine di battaglie, ma nel suo sguardo era sempre accesa la scintilla infuocata del combattente. Nessuno come Zahli sapeva sopravvivere in quel deserto arido e Sean si fidava ciecamente del giudizio del nubiano.
Sean annuì e distolse gli occhi dal corpo del compagno, che nel frattempo si stava rialzando. Lasciò vagare lo sguardo lungo tutto l'orizzonte verso Sud. Lui era vissuto molti anni in quei luoghi inospitali e selvaggi, ma senza una guida esperta e fidata non sarebbe sopravvissuto neanche un giorno e una notte.
- Sveglia il vecchio - ordinò infine, indicando con la testa verso gli uomini che li attendevano cinquanta passi più indietro, appena oltre il confine di Korti. - Se vuole fare il suo viaggio lo farà a modo nostro. - Con un sorriso incitò il vecchio Zahli. - Non senti già il profumo dell'oro, buon amico?
Roma, Italia, 1997
- E così sei nato nella grande Los Angeles.
Nadia era poggiata alla ringhiera del piccolo balconcino che si affacciava sul giardino principale della villa. La serata era abbastanza fresca e il bel vestito blu che indossava vibrava carezzato da un leggero soffio di vento proveniente dal mare, due chilometri verso Ovest. Robert se ne stava a mezzo passo di distanza, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo perso nella direzione opposta, dentro la stanza in penombra che avevano appena attraversato.
- Sì, Los Angeles - confermò, voltandosi di lato per guardarle il profilo. Nadia continuava a scorrere con lo sguardo nel giardino sotto di loro, dove alcune coppie di invitati passeggiavano mano nella mano, approfittando dell'intimità concessa dagli angoli più buî. Dal salone al piano di sotto giungevano le note della piccola orchestrina. In quel momento stavano suonando una vecchia canzone di Cocciante. Nadia socchiuse gli occhi e dondolò la testa seguendo il ritmo della melodia. Erano lì per il diciottesimo compleanno di suo cugino Daniele.
- Ma è come se non fosse la mia città - si sentì in dovere di spiegare il ragazzo. Nadia aprì gli occhi e finalmente si girò verso di lui, incrociando quegli occhi così particolari che da subito l'avevano affascinata. Non era solo il colore, un verde scuro che tendeva al marrone, ma era il modo in cui la guardava, quella profondità che non aveva trovato in altri volti. Robert le piaceva molto, ma voleva concedersi qualche minuto per tenerlo sulle spine.
- E quale sarebbe la tua città? - Chiese lei, strizzando gli occhi in modo affascinante, mentre le labbra disegnavano un sorriso gioviale.
Il ragazzo alzò le spalle e fece un cenno con il capo: - Roma, naturalmente. Ma è una storia lunga, magari ti annoieresti ad ascoltarla.
Nadia si girò e con uno scatto fulmineo afferrò le mani di lui nelle sue, alzandosi in punta di piedi per inchiodare gli occhi ai suoi.
- Mi piacciono le storie lunghe - lo incitò. - Dai, racconta.
Robert sorrise e distolse lo sguardo. Era difficile rimanere così vicini a lei senza provare a baciarla. Ma non era ancora il momento giusto. Seguì il contorno del suoi capelli biondi mossi dall'aria fresca della sera e si divincolò dalla presa di lei per afferrarla alla vita sottile.
- Questo non è il posto adatto - mormorò, girando la testa prima da una parte, quindi dall'altra. Nadia lo imitò e si guardò intorno, perplessa.
- No?
- Non c'è magia - confermò lui.
- Deve esserci magia per raccontare una storia?
- Per una storia come la mia, sì. Di molta magia.
- E dove pensi che potremmo andare a trovarla tutta questa magia? - Chiese Nadia, fingendo ingenuità nel tono della voce.
Robert fece finta di pensarci alcuni istanti. - Conosco un posto che fa al caso nostro.
- Allora non dobbiamo perdere altro tempo - suggerì lei.
- Daniele non si preoccuperà se spariamo insieme?
- Mio cugino sarà ubriaco fradicio e non penserà di certo a noi.
Robert fece un passo indietro e fece scivolare le mani dai fianchi di lei. - Ben detto. Andiamo allora.
Nadia lo prese per mano e si lasciò guidare nella stanza e nel corridoio, quindi giù per le scale che portavano all'ingresso. Quando uscirono in giardino nessuno badò a loro. La maggior parte degli invitati era nella sala grande a ballare, compreso il festeggiato, e quei pochi che se ne stavano in giardino avevano altro cui pensare. Scivolarono lungo il piccolo sentiero che tagliava il giardino a metà e camminarono verso il parcheggio.
Korti-Omdurman, Sudan, 1888
Il caldo era soffocante e dopo poco più di due ore di viaggio avevano già le labbra screpolate. Il deserto sabbioso imprigionava lo sguardo nel continuo ripetersi di dune di sabbia, ma anche il serir, il micidiale deserto roccioso, poteva uccidere un uomo sprovveduto e incauto.
I cammelli procedevano a passo lento e spesso incespicavano sulle pietre irregolari che ricoprivano il terreno. Davanti ai loro occhi si susseguiva un desolato paesaggio fatto di colline scistose e onde di calore. L'orizzonte tremolava e in lontananza i loro occhi stanchi ammiravano meraviglie inesistenti.
Il cammello del vecchio Zahli camminava davanti a tutti, guidando il resto della carovana. Subito dietro di lui, a una ventina di metri, procedevano i tre servi besa. Erano uomini formidabili, abituati alla malvagità del deserto e cavalcavano bestie di prim'ordine. Ognuno di quei cammelli era costato quasi cinquanta sterline. Erano gimal, cammelli corridori. Dietro al terzetto di testa c'era il vecchio, Sebastian, giunto dalla Spagna del Sud col suo bagaglio di conoscenze esoteriche e farneticazioni. Era alla ricerca della porta dei demoni e con sé portava un segreto inconfessabile. Aveva pagato centinaia di sterline per quel viaggio arduo e temerario. Sean lo aveva accolto con enorme piacere. Di solito si occupava di tutt'altro, ma quelli che il vecchio Sebastian offriva sembravano soldi facili.
Sean McLean era l'ultimo della carovana. Il turbante blu copriva quasi tutto il suo volto e solo la piccola fessura degli occhi era esposta al calore del serir. Incrociato sulla sella teneva il suo fucile, sempre carico, e sul fianco sinistro dell'animale portava la lunga spada. In quel momento non c'erano in vista pericoli, soprattutto in pieno deserto, ma Sean non amava farsi sorprendere.
Dopo nemmeno mezzora di cammino avevano dovuto riempire di nuovo la borraccia di cuoio di Sebastian. Non era abituato al caldo cocente e aveva scolato un litro d'acqua in poco più di venti minuti.
- Se continuerà a bere così morirà prima di mezzogiorno - lo aveva ammonito Zahli. Aveva preso la borraccia dello spagnolo e l'aveva riempita dagli otri che trasportava il suo cammello.
- Le deve bastare fino al tramonto - aveva ribadito. Il vecchio aveva provato a replicare, ma lo sguardo duro del nubiano lo avevano fatto desistere. Con un cenno della testa confermò di avere capito.
Sean aveva continuato a tenerlo sotto controllo. Di solito in quei lunghi viaggi ne approfittava per dormire, lasciandosi cullare dal dondolio ritmico dei cammelli, ma non poteva permettere che lo stolto spagnolo si ingozzasse d'acqua fino a scoppiare. Ogni goccia d'acqua era preziosissima e ognuno doveva bere solo la propria parte o ne sarebbe andato della vita di tutti. Piuttosto Sean avrebbe lasciato il vecchio a morire sulle pietre infuocate.
Dopo un'ora gli sembrò che Sebastian ce la potesse fare e si concesse qualche minuto di riposo. Chiuse gli occhi e nella sua mente visualizzò immagini di un mondo lontano, fresco e pacifico. Era il suo modo per trovare serenità e calma in quel mondo di fuoco.
Quando Zahli lo svegliò il sole era alto sopra le loro teste. Sean si destò prontamente e si chinò verso il servo.
- Il sole è nel punto della morte - sussurrò Zahli, indicando con l'indice il disco dorato del sole, senza osare alzare gli occhi al cielo. Sean annuì.
- Dobbiamo fermarci per qualche ora, signore. - Zahli amava ripetere anche l'ovvio e vide Sean annuire ancora una volta.
Sean scese dalla groppa del cammello e lo condusse al fianco degli altri animali. Prese la sua borraccia e per la prima volta da quella mattina sorseggiò un po' d'acqua. La gustò a piccoli sorsi, lasciando il liquido in bocca per alcuni secondi prima di deglutire. Aveva la gola secca e all'iniziò la sentì bruciare. Poi il dolore passò e riuscì a bere un altro sorso senza il sapore secco della sabbia.
I cammelli si accucciarono e gli uomini si sedettero accanto a loro, sfruttando la piccolissima striscia di ombra che gli animali proiettavano sul terreno. Ma il sole era alto nel cielo, quasi allo zenit, quindi l'ombra era davvero una striscia di pochi centimetri.
- Siamo sicuri che la strada sia quella giusta? - mormorò lo spagnolo indirizzato a Sean. Zahli, seduto a pochi metri di distanza gli lanciò un'occhiataccia e fece per alzarsi, ma l'inglese lo fermò con un cenno della mano. Poi Sean fissò il vecchio Sebastian.
- La strada è quella giusta - disse serafico. - Non ha da temere. Conti piuttosto le sue monete d'oro - lo beccò.
- L'oro arriverà in abbondanza - replicò Sebastian. - Se potrò giungere alla porta dei demoni e compiere il mio dovere - aggiunse.
- I suoi demoni correranno via a gambe levate quando le lame taglienti del buon Zahli li inseguiranno.
Il nubiano lo guardò di traverso e Sean poté intravederne il ghigno soddisfatto sul volto. Come ogni uomo del suo popolo amava essere adulato. Quando poteva Sean lo accontentava volentieri, anche perché Zahli era davvero un uomo eccezionale e dalle mille risorse.
Il vecchio Sebastian non replicò e si chiuse in un silenzio prolungato. Dopo pochi secondi chinò la testa sul petto e sprofondò in un sonno pesante.
Avvistarono di nuovo la sponda del fiume al termine del terzo giorno di viaggio. Era stato un percorso massacrante, ma sia gli uomini che i cammelli arrivarono in ottima forma. Si fermarono dietro la cresta di una collinetta rocciosa, che svettava su tutte le altre, e scesero dalle cavalcature, facendo in modo che gli animali rimanessero nascosti da un eventuale osservatore. Zahli corse strisciando fino alla cima della collinetta e rimase fermo in attesa per quasi una mezzora.
Nel frattempo il sole stava terminando la sua corsa e il cielo si scuriva ogni minuto di più. Gli animali avevano fiutato l'odore dell'acqua ed erano irrequieti, ma Sean e i tre uomini besa riuscirono a calmarli facendoli bere dalle loro mani chiuse a coppa e dando loro gli ultimi biscotti di cereale. Le scorte erano terminate, ma il Nilo era a poche centinaia di metri e una volta attraversato avrebbero potuto puntare verso Khartum. Poco più a Nord del punto in cui si trovano ora il Nilo si ingrandiva a causa dell'unione di due grossi fiumi, il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro. Khartum era proprio nel punto di confluenza dei due fiumi. Omdurman, la città del Mahdi, era a meno di mezzora da dove si trovavano in quel momento, su quella stessa sponda del grande Nilo.
Quando Zahli ridiscese dalla collinetta il giorno stava morendo.
- C'è una piccola macchia di vegetazione - spiegò. - Non ho visto nessun movimento, ma non posso garantire che delle sentinelle non siano in agguato proprio in quel punto.
Per alcuni istanti Sean non parlò. - Non possiamo fare diversamente - disse alla fine. - Non c'è altra strada.
- L'unico problema è il vecchio - aggiunse Zahli. Sean sorrise all'indirizzo dell'uomo. Anche Zahli non era più un giovincello, ma pensava al povero Sebastian come a un vecchio e nient'altro.
- Lo proteggerà la tua abile lama, mio temibile amico - decise Sean.
Zahli sorrise. - Allah mi guiderà e il vecchio giungerà vivo sull'altra sponda del divino fiume.
- Così sarà - concluse l'uomo.
Il buio nel deserto scendeva rapidamente ed entro poco tutt'intorno sarebbe stato scuro come la pece. Il buio li avrebbe protetti. E lo stesso avrebbero fatto le loro armi.
Lido di Ostia, Italia, 1997
- È molto lontano questo posto?
- Non vedi l'ora di ascoltare la mia storia, vero?
Nadia alzò le spalle e strinse gli occhi, sorridendo. - Deve essere davvero una storia molto particolare, per richiedere tutti questi preparativi.
- Ma non stiamo preparando nulla - disse Robert. - Stiamo solo cercando un luogo magico per una storia speciale.
- Allora non conosci gli altri ragazzi - lo punzecchiò Nadia.
- Cosa vuoi dire?
- Per chiunque altro questi sono preparativi alla grande. Molti mi avrebbero raccontato la loro storia su quel piccolo balconcino oppure - si interruppe.
- Oppure cosa?
- Niente. Pensavo che magari anche il giardino avrebbe soddisfatto molti di loro.
- Allora sei contenta che non sia uno dei soliti ragazzi, con la solita storia?
Nadia lo guardò e sul volto si disegnò un'espressione di felicità. - Sì, sono molto contenta.
Per alcuni minuti non dissero nulla e si tennero per mano mentre Robert guidava lungo le strade deserte. Quando fermò la macchina tutt'intorno c'era solo il silenzio e, distante poche decine di metri, il rumore della risacca.
- La spiaggia è il posto adatto?
Robert annuì. - La mia storia comincia a Los Angeles, ricordi. In riva al mare ci faremo trasportare dalla magia delle onde e
- Andiamo, allora - lo interruppe Nadia. - È una notte bellissima.
Nel cielo la luna era quasi piena e il cielo, nonostante l'ora tarda, era chiarissimo. Un'oasi di pace.
- Paolo, hai visto?
Francesco diede una gomitata al fianco dell'amico. Paolo si voltò col volto teso: - Ma che cazzo vuoi?
- Guarda quella pollastrella - indicò verso la spiaggia, dove le sagome di due figure avanzavano verso la riva.
- Ma non si vede niente, cretino! - Lo beccò l'altro.
- Ho visto bene io - lo rassicurò Francesco.
- Se è una cozza stasera mi dai tua sorella.
- Se vuoi te la do lo stesso.
- Sei proprio un stronzo - ringhiò Paolo. - Chiama gli altri e prendi le corde. Stasera c'è da divertirsi.
Omdurman-Khartum, Sudan, 1888
- Stanno arrivando, mio signore.
Seth arrivò di corsa e si fermò a un passo da Ashabi Olman. L'emiro stava terminando il suo pasto serale e non lo degnò nemmeno di uno sguardo. Mandò giù l'ultimo boccone e si sciacquò le mani in una coppa d'oro alla sua destra, quindi si asciugò sul tessuto morbido della sua jibba.
- Quanto distano? - Chiese alfine.
- Procedono lentamente e saranno al limitare del palmeto in meno di quindici minuti. - La voce del derviscio era bassa, ma decisa.
- Il loro viaggio sta per terminare.
- Così vuole il grande Allah!
- Così ha comandato il Signore della Notte - precisò Ashabi Olman.
- La notte è la regina di ogni cosa - cantilenò Seth.
- Stanotte bloccheremo i suoi nemici in modo che il nostro signore possa annientare l'eterno rivale.
- Il possente Shalim cadrà sotto i colpi del Divino
- Il Signore della Notte ricompenserà il nostro servizio.
- Che la notte regni su di noi - disse ancora Seth, quindi si alzò e sparì nell'oscurità alle sue spalle.
I cavalieri arabi attendevano pochi metri dietro il limitare del palmeto. Lo sbuffare dei cavalli era coperto dal rumore sordo del grande Nilo Bianco, cento metri alle loro spalle. Quello che proteggevano era il solo guado nell'arco di decine di miglia. Se i protetti di Shalim avessero trovato chiuso quel varco, non avrebbero avuto altra possibilità di raggiungere la città degli infedeli, Khartum.
La notte era completamente buia, ma gli uomini di Ashabi Osman sapevano che il nemico stava cadendo tra le loro braccia. Erano pronti alla battaglia, le lunghe spade sguainate, i lineamenti tesi. Mancavano pochi minuti. Poi il sangue avrebbe dissetato l'arido terreno del deserto.
Zahli alzò un braccio e fermò il cammello. Gli altri si fermarono bruscamente dietro di lui. L'uomo rimase in attesa alcuni istanti, quindi fece un cenno verso le retrovie dove Sean chiudeva il gruppo.
L'uomo spronò il suo cammello e lo portò al fianco di quello del nubiano. Rimase anche lui in ascolto per alcuni secondi, ma i suoi sensi non erano abili quanto quelli di Zahli.
- Cavalli - mormorò il servo.
- Ci stanno aspettando - borbottò Sean.
- Sono i dervisci del Mahdi. Staranno pattugliando la zona.
- Oppure attendevano noi - azzardò l'inglese, girando la testa verso il vecchio Sebastian.
- Il vecchio ci ha pagato bene - Zahli alimentò i sospetti dell'altro.
- È per questo che corriamo tutti questi pericoli.
- Potremmo mandare lui da solo.
- E perderemo il resto della ricompensa. E se poi non sono qui per lui?
- Il vecchio non mi convince. La sua storia poi: demoni, porte della notte
- Lo porteremo fino dove vuole. Gli daremo quello per cui ha pagato. - Sean chiuse il discorso. Non ammetteva repliche.
Zahli annuì e con la faccia sfregiata tornò a voltarsi verso il palmeto. - Ci sarà da correre - disse alla fine.
- E da combattere - aggiunse Sean McLean.
Fecero avvicinare tutti i cammelli e si disposero in posizione difensiva. Zahli e Sean cavalcavano adesso davanti al gruppo, l'uno di fianco all'altro, a non più di cinque metri di distanza. Dietro di loro, a una decina di passi cavalcava il vecchio Sebastian, chino sul suo animale, intimorito da quell'improvviso contrattempo. Ai lati del vecchio procedevano due dei tre uomini besa, le armi in pugno e i denti stretti, pronti all'assalto. Chiudeva il gruppo l'altro servo besa, una spada per mano.
Procedettero ad andatura abbastanza lenta, per tenere sotto controllo i movimenti e i rumori che provenivano dal palmeto. Il fiume con il guado era a poche centinaia di metri. Sarebbe stata una cavalcata breve, ma rischiosa. Zahli era leggermente chino sul suo agile gimal, pronto a guidare la cavalcata.
- Tenete questa andatura fino al segnale - mormorò Sean alla retroguardia. - Ricordate che solo rimanendo compatti possiamo sopravvivere. Compatti e veloci. - Bisbigliava le parole con un filo di voce, per timore che il silenzio del deserto portasse fino ai nemici la propria voce. Però sapeva di dover incoraggiare i suoi uomini e ricordare loro la disciplina. Erano uomini del deserto e spesso si lasciavano trasportare dall'euforia e dall'impeto della battaglia. Ma la vita di tutti loro dipendeva dal movimento dell'intero gruppo. Solo insieme potevano sperare di attraversare il Nilo e puntare verso Khartum.
Il grido di battaglia squarciò la notte e giunse violento alle loro orecchie, come il tuono taglia il cielo e colpisce la terra. I cammelli si agitarono subito e alcuni di loro si impennarono. Sean alzò un braccio e intimò di non lanciarsi al galoppo.
- Non è ancora il momento - urlò, ormai senza la necessità di non farsi udire. Non riusciva ancora a individuare i cavalieri che stavano portando l'attacco. Sentiva numerosi animali al galoppo, probabilmente cavalli, e impiegò pochi istanti a capire che i nemici erano in numero superiore, anche se non di molto.
Sono a cavallo, pensò. Sono più veloci di noi.
Attese fino a che tutti i cavalieri furono usciti allo scoperto dalla protezione del palmeto, quindi gridò: - Avanti, al galoppo. Facciamoci largo tra questa feccia!
I suoi uomini si alzarono sulle selle e lanciarono anche loro un grido acuto, sollevando le lame affilate verso il cielo.
- Allah è grande! - Gridò Zahli e insieme agli altri spronò il suo cammello per lanciarlo al galoppo.
I primi due cavalieri gli furono addosso dopo pochi secondi. Puntarono entrambi sul cammello del nubiano e Sean si allargò leggermente per lasciare al compagno abbastanza spazio per manovrare la cavalcatura. L'uomo impugnava un piccolo scudo di corteccia e nella mano destra stringeva l'elsa della lunga e affusolata sciabola. Strattonò il cammello e lo fece curvare bruscamente verso sinistra. Il cavaliere che lo aveva attaccato da quel lato dovette allargare la corsa e perse il momento buono per affondare il colpo. Zahli nel frattempo si era piegato dal lato opposto e con l'arma protesa aveva attaccato l'altro avversario alle gambe.
Sean non poteva distinguere bene la scena, ma quando sentì l'urlo salire nella notte capì che il colpo del vecchio nubiano era andato a segno. Il cavaliere derviscio si piegò su un lato e dopo pochi metri cadde dal cavallo con un tonfo sordo. L'altro derviscio nel frattempo aveva girato il cavallo e stava tornando indietro per attaccare di nuovo.
Sean vide l'arabo che lo attaccava quasi all'ultimo istante. Si chinò sulla sella del suo scattante cammello e parò il colpo. Il cavaliere aveva mirato alla testa e se avesse portato a segno il colpo l'avrebbe staccata di netto. Poi la notte inghiottì il suo avversario e ancora una volta Sean si ritrovò a cavalcare da solo.
Dietro di lui la battaglia infuriava. I dervisci avevano portato un attacco laterale e adesso i tre besa stavano duellando ognuno con un avversario. Sean provò a voltarsi per cercare Sebastian e intravide la sua cavalcatura galoppare pochi passi dietro di lui. Lo scudo degli altri compagni per il momento era stato efficace.
Nel frattempo il primo cavaliere che aveva attaccato Zahli era tornato all'attacco e stava affiancando il vecchio nubiano dalle spalle.
- Zahli - gridò Sean.
L'uomo si voltò appena in tempo per schivare il colpo micidiale dell'altro. La lama dello spadone sibilò vicino al suo orecchio e lo ferì alla spalla, ma in modo non grave. Zahli sentì il caldo del sangue macchiargli la jibba e lanciò un urlo feroce di rabbia. Frenò leggermente il suo gimal e si lasciò superare di slancio dal cavallo del nemico. Mentre questi passava al suo fianco lo trapassò con la lama tagliente della sua sciabola prima che il derviscio potesse rendersi conto dell'accaduto.
- Oh mio signore - il grido impaurito dello spagnolo stonava con lo stridere delle armi e l'eccitazione della battaglia. Sean e Zahli si voltarono allo stesso tempo e frenarono i cammelli. Il servo alla destra dello spagnolo non c'era più. Il cammello correva libero del peso del suo cavaliere e stava allargando la traiettoria, lasciando scoperto Sebastian. Il derviscio aveva intuito che l'uomo era una facile preda e incurante degli altri cavalieri che battagliavano tutt'intorno aveva deciso di attaccarlo. Non era un gesto nobile, ma nella furia della battaglia non c'era sempre il tempo per pensare. Alzò la lunga spada e si piegò sul corpo tremante del vecchio.
- Per Allah! - gridò.
Sean aveva subito notato il pericolo e con un gesto rapido aveva rinfoderato la spada. Allungò una mano e strattonò il fucile che aveva davanti a sé per liberarlo da legaccio che lo teneva alla sella. Si piegò indietro roteando il busto e senza mirare sparò in direzione dell'uomo nel momento esatto in cui questo stava abbassando la lama sullo spagnolo. Il rinculo del fucile gli fece quasi perdere l'equilibrio e si voltò di scatto per afferrarsi alla sella.
Non vide il cavallo piegarsi in avanti e catapultare via il derviscio. Zahli, che era ancora voltato verso Sebastian, urlò di gioia e fece un cenno verso Sean. - Bel colpo, signore! Bel colpo.
Sebastian si era coperto gli occhi e solo dopo il grido del nubiano ritrovò il coraggio di guardare avanti e tenersi di nuovo alle redini.
- Per il momento sei salvo vecchio imbroglione! - Lo beccò ancora Zahli.
Il primo attacco era terminato ed erano riusciti a respingere i cavalieri del Mahdi. Avevano perso un uomo, ma il cavaliere che cavalcava in retroguardia avanzò fino a coprire il lato scoperto. Quando si preparavano a fronteggiare il secondo attaccò entrarono nel fitto palmeto. La notte diventò ancora più scura e dovettero rallentare l'andatura. Ma il fiume era ormai a pochi metri da loro.
Sean si voltò e vide i cavalli dei dervisci di nuovo in formazione d'attacco. Erano indietro di almeno cento passi e non li avrebbero raggiunti prima che loro non fossero con gli zoccoli nel Nilo Bianco.
- Andiamo, ragazzi. Non sentite il profumo dell'acqua? - Con i talloni spronò il suo cammello e gli altri lo seguirono. In quel punto la corrente del Nilo non era molto forte e i cammelli erano degli ottimi nuotatori. Non appena giunsero sulla riva dovettero spronare gli animali affinché non si fermassero a dissetarsi, ma la loro decisione e la voglia di trovarsi al più presto sull'altra sponda fu più forte.
Quando gli spruzzi d'acqua li bagnarono sul volto gridarono ancora una volta tutti assieme. Si unì al coro anche il mite Sebastian.
- Il luogo è questo - mormorò Sebastian, alzando gli occhi al cielo. Avevano lasciato Khartum dopo un solo giorno di riposo e avevano ripreso il viaggio con passo celere.
Alzarono tutti gli occhi verso il cielo, mentre un altro giorno stava terminando. Il sole era già oltre l'orizzonte e solo una opaca luminosità resisteva ai richiami della notte.
- Dobbiamo affrettarci, non manca molto.
- A cosa, non manca molto? - Chiese Sean per la prima volta incuriosito dalla missione di quel vecchio pazzo.
- Shalim, il signore del varco, sta per cedere. Dobbiamo correre in suo aiuto. - La voce dello spagnolo era stridula, piagnucolosa.
- Sei un vecchio matto. Vuoi farmi credere che lì dentro c'è una specie di mostro che attende il nostro aiuto?
Sebastian non rispose subito. Non sapeva come spiegare quello che avrebbero visto. - Una specie di mostro, sì - si arrese. - Dobbiamo andare. - Senza attendere altre domande scese dalla groppa del cammello e a passi svelti si incamminò verso la grezza struttura di pietra che doveva essere un vecchio tempio religioso.
- Seguiamo quel pazzo - mormorò Sean all'indirizzo di Zahli. Il nubiano alzò gli occhi al cielo e sbuffò, scese anche lui dal cammello e seguì il suo signore. Gli altri due uomini rimasero con gli animali.
L'ingresso del tempio era una piccola apertura scavata nella pietra. Dovettero chinare la testa. Subito dopo l'entrata scesero alcuni scalini e procedettero per uno stretto corridoio. Era tutto buio e l'aria era afosa e irrespirabile. Zahli accese una torcia e la debole luce illuminò alcuni metri di terreno giallognolo intorno a loro. Dopo una ventina di passi sbucarono in una stanza rotonda e ampia. Non c'erano altre porte e lungo le pareri si notavano alcune nicchie vuote.
L'uomo li attendeva al centro della stanza.
- Il vostro viaggio è terminato - disse. La voce cavernosa aveva un timbro basso e inquietante.
- Senti, amico - cominciò Sean, ma Sebastian lo zittì con un gesto brusco della mano, che sorprese l'inglese.
- La notte non è ancora scesa su questa terra, figlio dell'oscurità - disse quindi Sebastian, con un'autorità che Sean e Zahli stentavano a riconoscere. L'uomo di fronte a loro sogghignò. Era molto alto e la penombra non permetteva loro di vederne bene i lineamenti. Solo gli occhi sembravano spiccare sopra ogni cosa. Neri come la notte che presto avrebbe avvolto il deserto del Sudan.
- Non farai un altro passo, uomo - disse di nuovo il Signore della Notte, poi mosse verso di loro.
Poi avvenne tutto in modo incredibilmente rapido. Dal buio si materializzò un'altra figura e si scagliò contro l'uomo che li aveva accolti in modo alquanto brusco. Sebastian rimase fermo nel punto dove si trovava, ma Sean e Zahli indietreggiarono di alcuni passi fino a toccare le fredde pareti circolari della stanza. Il nubiano lasciò cadere la torcia, che non si spense, e il debole fuoco continuò a illuminare il combattimento dal basso verso l'alto, non riuscendo comunque a chiarire quello che stava accadendo. Gli uomini sembravano fatti di ombra e si muovevano rapidi come serpenti a sonagli. Sebastian osservava la scena senza muovere un solo muscolo, mentre gli occhi dei due alle sue spalle saettavano da una parte all'altra della stanza, seguendo l'ombra che si avvolgeva su sé stessa in vortici senza fine.
All'improvviso il duello sembrò giungere a una svolta. Le ombre si schiantarono contro una nicchia, nella parte più lontana della stanza, e un poco alla volta le due figure sembrarono riacquistare forma umana.
- Sei finito, Shalim - sentirono urlare da un punto indefinito. In risposta un debole respiro affannato. L'uomo che li aveva accolti aveva schiacciato contro il muro il suo rivale e lo stava premendo con forza nella parete. Non sembravano fatti di carne e ossa e a Sean sembrò di vedere il corpo dell'altro, Shalim presumibilmente, sprofondato nella dura pietra.
Poi l'urlo di Sebastian squarciò l'aria e ghiacciò il sangue nelle vene di Sean. Zahli si scosse e raccolse la torcia per illuminare meglio.
Lo spagnolo aveva estratto un lungo coltello dalla tunica e lo aveva alzato verso l'alto. Quindi con un gesto inaspettato e atroce se lo piantò nello stomaco. Tirò su con forza e si squarciò da parte a parte. Il sangue schizzò fuori in uno spruzzo e con gli ultimi residui di forza e coraggio Sebastian si gettò verso i duellanti. Avvinghiò il Signore della Notte con forza e si schiacciò contro la sua schiena.
Il sangue imbrattò tutto, poi la scena cambiò. Il corpo di colui che doveva essere Shalim sembrò riprendere vigore. Il sangue che fuoriusciva dal corpo di Sebastian veniva risucchiato attraverso il corpo del rivale e confluiva verso il protettore del varco, Shalim, il ribelle.
Il Signore della Notte, schiacciato tra il corpo dello spagnolo e quello di Shalim, sibilò tutto il suo dolore e per un breve istante nella notte echeggiò straziante il suo grido di morte.
Poi tutto finì. Il vecchio Sebastian cadde a terra, sulla schiena, respirando affannosamente. Stava traendo gli ultimi suoi respiri. I corpi del Signore della Notte e di Shalim si dissolsero in pochi secondi. Dove prima infuriava un terribile duello, adesso c'era solo il corpo sanguinate di un vecchio spagnolo.
Sean si scostò dalla parete e si avvicinò all'uomo, chiaramente morente.
- Il Signore della Notte è di nuovo sconfitto - mormorò tra una fitta e l'altra.
- Non parlare, vecchio - sussurrò Sean, ma sapeva che era inutile. Dalla ferita che l'uomo si era inflitto fuoriuscivano le budella e per terra tutto era bagnato col suo sangue, tutto quello che non era servito a Shalim per ritrovare la forza.
- Il grande Shalim si è perso nei meandri del buio del tempo - Aggiunse. - Così era scritto. Sconfiggerà la notte e si perderà nel tempo. - Tossì e sputò sangue, sporcando la jibba di Sean.
- Riposerà in pace insieme al tuo spirito - lo rassicurò l'uomo, cercando di abbozzare un sorriso.
Il vecchio scosse la testa. - No. Lui non è morto. Si è solo perso e - Tossì di nuovo e chiuse gli occhi. Dopo pochi secondi non respirava più.
Zahli era fermo alle spalle dei due uomini e osservava la scena in silenzio. - Andiamo, mio signore. Questa notte è troppo buia - mormorò.
Sean annuì e poggiò la testa dell'uomo sul pavimento duro del piccolo tempio. - Qui riposerai in pace.
Uscirono dal tempio e montarono in groppa ai loro gimal, i cammelli più veloci del deserto. Il viaggio di ritorno era molto lungo.
Lido di Ostia, Italia, 1997
- È veramente un posto magico - sussurrò Nadia.
Robert annuì e le sorrise. - Hai visto che avevo ragione? Qui potremmo addirittura non parlare e stare bene lo stesso - buttò lì.
- E no, non ci provare - lo rimbeccò - hai una storia da raccontare!
- E se la storia iniziasse con un bacio?
- Ma
Robert si chinò su di lei e bloccò la sua protesta con il tocco delle sue labbra. La bocca di Nadia era morbida e si schiuse subito quando lui la punzecchiò con la punta della lingua. Erano a pochi metri dalla riva e il pulsare delle onde era una musica di sottofondo perfetta. Stavano sdraiati sulla pedana di legno di una cabina, l'ultima di una lunga serie, e in quella nicchia scura neanche i raggi della luna scendevano a importunarli.
Quando il baciò terminò Nadia rimase a occhi chiusi.
- Questo potrebbe essere l'inizio di una storia magica, non credi? - Chiese Robert, tenendola stretta in vita. La ragazza annuì e piegò la testa fino ad affondare il volto nell'incavo del collo di lui.
Senza rompere l'incanto Robert fece salire una mano dal fianco, sfiorò delicatamente il seno e si fermò sulla spallina del vestito. Nadia alzò la testa e cercò di nuovo la sua bocca. Mentre le loro lingue si sfioravano Robert fece scivolare la mano e tirò giù la spallina del vestito. Nadia lo aiutò e il piccolo top le scese fino in vita, lasciandola mezza nuda.
Il colpo arrivò nel momento esatto in cui Robert slacciò il reggiseno. La testa esplose in un dolore sordo e lanciò un urlo che tagliò in due il silenzio della notte. Nella confusione della sua mente sentì Nadia gridare e dibattersi sotto il suo corpo inerte, ma non riusciva a reagire e percepì distrattamente la presenza di altre persone.
- Lasciatelo! Andate via! Aiuto
Nadia era terrorizzata, ma cercò di gridare con quanta voce aveva nel petto. I ragazzi erano emersi all'improvviso, da dietro la cabina, e avevano colpito Robert alla testa con qualcosa di pesante, poi in due si erano chinati su di lui e lo avevano sollevato. La testa di Robert dondolava china sul petto e gli occhi erano chiusi. Nella confusione di quel momento la ragazza riuscì a vedere il rivolo di sangue che colava sulla fronte del ragazzo tramortito.
Due dei ragazzi che non stavano trascinando Robert le si avvicinarono e lei smise di urlare. Si chiuse le mani intorno al petto per nascondere la sua nudità e puntellando i piedi sul legno cercò di alzarsi.
- Brava - disse con voce squillante uno di loro - alzati in piedi, così ti spogliamo meglio.
- Vi prego - Nadia aveva capito che urlare non le sarebbe servito a nulla. Cominciò a piangere in silenzio.
- Aspettateci - gridò uno dei due che stavano trattenendo Robert. Il ragazzo più vicino a Nadia si voltò verso di loro e indicò un palo nel terreno due metri alla loro sinistra.
- Legatelo lì e con forza. Si godrà tutto lo spettacolo senza pagare nulla. Ma si agiterà parecchio. - Non appena ebbe finito di parlare fece un passo in avanti e mollò un ceffone violento al volto di Nadia. La ragazza non si aspettava quel colpo improvviso e non fece nulla per schivarlo. Cadde a terra pesantemente, le braccia distese lungo il corpo.
- Guardatela, già non si copre più! Che puttanella.
Si chinò su di lei e la afferrò per le gambe. La distese e con movimenti bruschi le strappò gli indumenti di dosso, lanciandoli all'indietro, sulla spiaggia.
- Svegliatelo - disse alla fine, guardando il corpo nudo di lei. - Lo spettacolo sta per iniziare.
Robert si riprese quando lo schiaffeggiarono al volto. La testa gli doleva in ogni punto e sembrava che il cranio fosse trafitto da una trave all'altezza delle tempie.
Quando aprì gli occhi la vista era annebbiata, ma non impiegò molto a capire quello che stava succedendo. Era legato a un palo conficcato nella sabbia e i polsi dietro alla schiena erano stretti con forza. I due che lo avevano legato si stavano allontanando proprio in quell'instante e camminavano verso la cabina dove lui prima era con Nadia.
La vide subito, nuda e indifesa, sdraiata sul legno della cabina.
- Lasciatela, bastardi! - Gridò, ma nessuno si voltò verso di lui. Il dolore alla testa aumentò per lo sforzo di gridare, ma lo ignorò. Il dolore di quello che stava accadendo era decisamente più intenso.
Uno degli aggressori era già nudo e si stava chinando su di lei. Gli altri tutt'intorno ridevano e facevano battute oscene, mentre cominciavano a spogliarsi.
- No! - urlò ancora Robert, cercando di strattonare i legacci ai polsi per liberarsi, ma senza successo. Nel frattempo il primo ragazzo si era sdraiato tra le gambe di Nadia e cominciava a muoversi su di lei. Gli altri la accerchiarono e a turno allungavano le mani per profanare il suo corpo.
Robert strinse forte i denti diede ancora uno strattone violento. Sentì un rumore sordo quando l'osso del polso di spezzò, ma le corde erano troppo strette e non riuscì a fare scivolare le mani per liberarsi.
Lanciò un urlo impressionante e la vista si annebbiò, per il dolore e la rabbia. Un brandello di notte scese su di lui e lo avvolse.
Dolore e disperazione raggiunsero un luogo al di fuori del tempo e dello spazio, perso nei meandri dell'oscurità. Il nero più intenso venne attraversato in tutta la sua non esistenza e la rabbia, come un faro nella notte, illuminò la strada del ritorno.
Nel buio qualcosa dormiva da oltre un secolo, imprigionato in un'esistenza fatta di silenzio e inconsistenza.
Shalim si aggrappò a quei sentimenti così densi e si lasciò guidare attraverso quel mondo di ansanti respiri. Il viaggio fu breve, ma agghiacciante e doloroso. Assorbì tutta la rabbia e la disperazione e costruì attorno a esse la propria essenza.
Era scritto che si sarebbe perso nel buio.
Ora Shalim sapeva che c'era anche la strada per il ritorno.
Il cielo si scurì in modo anomalo, ma i ragazzi non se ne accorsero. Stavano sfogando la loro goduria sul corpo indifeso della giovane ed erano impegnati a spartirsi in quattro quel corpo morbido e accogliente.
Ma l'urlo che sentirono alle loro spalle riuscì a distrarli. Uno di loro alzò la testa e guardò verso il giovane legato. Solo in quel momento si accorse del buio che li circondava. Era tutto avvolto in un nero improbabile e non riusciva a vedere nemmeno a un metro dal naso.
- Ma cosa diavolo - Cominciò, poi vide gli occhi di fuoco. Erano a un paio di metri di distanza e lo fissavano immobili. Rossi, incandescenti come un tizzone.
- Mio Dio! - Sussurrò, ma gli altri non lo stavano ascoltando. Uno di loro piegò la testa all'indietro nel momento dell'orgasmo, gli occhi stretti come due fessure.
Nello stesso istante vennero attaccati.
Robert sentì fluire qualcosa dentro il suo corpo. Il dolore sparì all'improvviso, sia quello fisico che quello interiore. Sentì come un fuoco crescere dentro di lui e finalmente le corde che lo tenevano legato cedettero.
Si alzò in piedi con un balzo e fissò la scena raccapricciante che si svolgeva davanti ai suoi occhi. Uno di loro si accorse quasi subito della sua presenza. Mormorò qualcosa, ma le sue parole si persero nella notte.
Robert balzò in avanti e con una velocità mai posseduta si gettò sui corpi nudi degli aggressori. Il primo che raggiunse era quello più vicino. Aveva la testa leggermente piegata all'indietro e gli occhi chiusi nell'attimo dell'estremo piacere. La morte subentrò improvvisa al godimento.
Il corpo di Robert era incandescente come la lava e il ragazzo venne dilaniato in meno di un secondo. Non riuscì nemmeno a gridare.
Tutto avvenne in pochi secondi. Gli altri non ebbero il tempo di rendersi conto di quello che stava accadendo che i loro corpi vennero attraversati da artigli mortali e infuocati.
Poi tutto finì e la notte tornò a colorarsi in modo naturale. Robert riprese un poco alla volta la sua forma di uomo e si chinò sulla ragazza.
- Nadia - sussurrò. Era svenuta, ma il respiro era regolare. Le carezzò il volto e poi le poggiò una mano sopra la fronte. Lesse a fondo nella sua mente. Vergogna e paura dominavano sopra ogni altra cosa. Provò a cancellare alcuni brandelli di quei ricordi, ma non ci riuscì.
Shalim era ancora troppo debole. E lui, dopotutto, era ancora un uomo, o almeno così voleva credere.
Si guardò attorno. I corpi dilaniati degli aggressori giacevano in pose innaturali. Robert guardò i suoi vestiti e si accorse che era imbrattato di sangue.
Tornò a fissare il volto di Nadia. Tra poco si sarebbe risvegliata e sarebbe iniziato il suo vero incubo, fatto di ricordi, di urla, di mani invadenti e
Robert allungò di nuovo la mano e le toccò ancora una volta la fronte. Chiuse gli occhi e con riluttanza cominciò a fare scivolare il buio dentro di lei. Era l'unica cosa che oramai poteva darle. Quando Nadia smise di respirare, si alzò.
Si guardò intorno, poi risalì lungo la spiaggia.
Anche per lui iniziava una nuova esistenza. Robert Vice era morto quella sera. Nel suo corpo, nel buio della sua inesistenza, Shalim aveva trovato la strada per il ritorno.
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