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L'attesa
La testa cadeva ritmicamente una volta a destra e una volta a sinistra, come una campana suonata da
un campanaro ubriaco che dopo il primo forte rintocco ne fa altri più lievi e più piccoli. Si rialzava al centro per ricadere rovinosamente in una delle due direzioni. Era notte fonda ed Ernest non riusciva più a tenere gli occhi aperti, le palpebre si abbassavano pesanti a celare la pupilla che, come un ladro scoperto a rubare, si ritraeva furtiva lasciando intravedere solo il bianco striato di rosse venature. Il sonno cercava voracemente di avvolgerlo, il corpo intorpidito era abbandonato e costretto sulla scomoda sedia all'interno della sala d'aspetto della stazione. Un respiro pesante gli alzava e abbassava il petto e una gigantesca cravatta fuoriusciva disordinata dalla stretta giacca a quadri, chiusa da un solo bottone. La percezione ancora un po' vigile gli permetteva di non abbandonarsi completamente. Lottava per conservare un minimo di veglia ma era davvero difficile resistere al sonno tentatore. Sentiva i treni fischiare in lontananza come in un sogno, non avrebbe saputo dire dove esattamente si trovasse in quel momento, ma cercava di non interrompere del tutto il legame che ancora lo univa al mondo vigile. Il discontinuo distacco onirico in cui ogni tanto cadeva e da cui si riprendeva gli garantiva la tranquillità del ritorno della coscienza una volta sveglio e con la coscienza anche della memoria, già duramente provata da una vita di tristi ricordi.
La sala d'aspetto era illuminata da una fioca luce di servizio che stringeva il cuore in un'angoscia sorda. Lo squallore di quella luce unito alla desolazione del posto di solito brulicante di viaggiatori ben si conformava alla tristezza del suo animo. Ormai aspettava lì da tre giorni, tre interminabili giorni di veglia, con i nervi tesi e il corpo tirato nello sforzo disumano della resistenza ad ogni costo. Aspettava da principio fiducioso: in fondo gli avevano garantito di averla vista; l'ispettore gli aveva assicurato che dalla descrizione era proprio lei, circa vent'anni, occhi scuri, capelli scuri raccolti, media altezza, aspetto gradevole. Era assieme ad una signora di mezza età, si sorreggevano a vicenda. Non avevano accettato il soccorso dei sanitari, dicevano di stare bene e di voler tornare presto a casa. Nessuno aveva obiettato considerato il grande caos che c'era in quella situazione, nessuno le aveva trattenute nemmeno per prendere le loro generalità.
Alla sua domanda perciò l'ispettore lo aveva rassicurato "Si, è proprio la ragazza che sta cercando... vedrà che presto sarà lì da lei!" ...
Era corso in stazione ad aspettarla, non sapeva come contattarla, sperava che fosse lei a mettersi in contatto con lui. Era teso come una corda, non voleva assolutamente credere al peggio. Duecento erano stati i morti, alcuni ancora da riconoscere. L'attentato era stato rivendicato, un'azione dimostrativa, una disastrosa azione dimostrativa.
Aspettava da tre giorni, senza mai dormire e senza mai sentire il desiderio di dormire. Controllava tutti i treni che arrivavano, osservava tutte le giovani donne e sperava, sperava, sperava...
Mai sarebbe andato a cercarla sul posto del disastro... lei non era lì!
Ma quella notte il sonno decise di tendergli un tranello. Lo circondò a tradimento mentre era seduto aspettando l'ennesimo treno, nemmeno se ne accorse, lo circondò come una soffice schiuma avvolgente.
Non riusciva però ad abbandonarsi del tutto al suo aguzzino. La volontà lo lasciava ancora un poco vigile, lei stava arrivando, doveva accoglierla, aiutarla. Lei era spaventata, aveva freddo, fame. Lei che sicuramente si era salvata stava ritornando da lui. L'ispettore gli aveva assicurato di averla vista prendere il treno per ritornare a casa accompagnata dalla signora di mezza età. "Torni subito a casa, qualcuno telefonerà per avere sue notizie" le aveva apostrofato l'ispettore " Lei torni prima che possano chiamare, così ci risparmia l'indagine!" ... invece lui aveva chiamato la sera, quando non l'aveva vista rientrare e aveva appreso della notizia dalla televisione.
Era corso alla stazione ad aspettarla perché ERA SICURO: lei si era salvata e stava tornando a casa! ... ma erano tre giorni che aspettava e il sonno lo stava vincendo. Sperò che il sonno fosse la morte, non sopportava più quella tensione: lei non arrivava... lei era morta.
Cedette ogni resistenza: si addormentò. Cadde addormentato senza più nessuna coscienza, lontano da ogni dolore, lontano da ogni sentore di nuovo dolore...
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