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Stratificazioni
C'è nebbia, non si vede a pochi metri, e poi c'è anche silenzio, non so perché, nessuno parla, siamo immobili ad osservare le piste dell'aeroporto attraverso la grande vetrata di fianco all'imbarco, sembra che il nostro aereo parta lo stesso.
Io provo a distrarmi, provo a pensare ad altro, ma non è per la paura di un volo nella nebbia, cerco di allontanare il pensiero, ma non posso fare a meno di ripetere senza sosta le tue ultime parole al telefono, spero che il mio cellulare cominci a vibrare per un tuo ripensamento, un messaggio di speranza.
La prima immagine, ancora una volta il gioco della prima immagine, dimmi quale è la prima cosa che ti viene in mente e capirò chi sei, cosa sei per me, cosa sono per te: una tua foto, quella che mi hai fatto vedere a casa tua, seria, un po' di profilo, i capelli lunghi, lisci, scuri, i tuoi occhi, quella sera a casa tua, e poi il tuo seno, a pochi centimetri da me, il tuo volto nascosto dai capelli, i tuoi sospiri, mentre sei su di me e ti muovi, veloce, profonda, lenta, sospiri, sussulti, tremi, mi dici qualcosa, amore mio, chiudi gli occhi, li riapri, mi osservi attraverso i capelli, sono dentro di te, ti sfioro i capezzoli, li stringo fra le dita, sai che mi piace, ci sei, sai che basta solo un piccolo movimento, attendi, inarchi la schiena, lasci la testa cadere dietro, guardi in alto, tremi, ed allo stesso modo il tuo seno che sfioro per l'ultima volta.
Penso in maniera confusa, penso sempre in maniera confusa, sarà anche per questo che non riesco a scrivere in modo chiaro. Sono convinto che tutti in fondo pensino in modo confuso, ma qualcuno mi ha detto che la scrittura serve proprio a questo, a mettere ordine, io ho il sospetto di scrivere per vivere e rivivere.
Una ragazza si aggira nervosa, ripete al suo compagno che preferisce non partire, non gliene frega niente di tornare a casa, preferisce mille volte rimanere lì per un'altra notte piuttosto che rischiare la vita. L'ultimo incidente è solo di pochi giorni fa, e tutti parlano eccitati, provano a vincere il tempo con il chiasso delle parole, provano ad essere divertenti, ridono facendo solo rumore.
È tutta colpa delle stratificazioni, si accumulano, coprono tutti gli spazi, levano l'aria, oscurano la luce, non lasciano vie di scampo. Nei rapporti a due niente va perso, tutto rimane, si stratifica, fino al punto in cui lo spazio manca, ogni nostra espressione, ogni nostra parola.
Vorrei parlarvi della storia del cd nuovo, del fatto che quando si acquista un nuovo cd che ci piace non possiamo fare a meno di ascoltarlo senza sosta, una volta dopo l'altra, con piacere, finché non sentiamo poco a poco che ci emoziona sempre meno. Vorrei parlarvi del fatto che tutto quello che accade nella storia di un uomo ed una donna si stratifica, che esistono stratificazioni positive e stratificazioni negative, e che in ogni caso non bisognerebbe mai ridire le stesse parole, mai ripetere gli stessi gesti.
Detto questo all'improvviso mi perdo, penso di nuovo a te, mi chiedo dove sia l'inganno, dove sia il mio errore, penso alla mia gelosia.
Al gate annunciano il nostro imbarco, faccio in modo da essere l'ultimo, spero ancora che tu mi chiami.
E poi ancora un'immagine, la prima che ti viene in mente, così capirò chi sei, capirò chi sono: ti vedo camminare, dall'alto, sono ad una finestra, tu sei per strada, stai andando via, sei piccola, piena di amore, cammini e fai fatica a mantenere la direzione, oscilli, perché questo è il tuo modo di affrontare la vita; poi siamo fermi in auto, a lato della strada, tu mi osservi e fai fatica a nascondere la prima lacrima, la nostra prima lacrima (come vedi ho conservato anche questo primo istante), mi chiedi perché non sei libera di amarmi, tu stai ancora con tuo marito ed io ti ho appena detto che i miei figli sono la cosa più importante per me. Ricordo il tuo sguardo, il profilo della tua bocca innaturale, disegnato sulle parole che riesci a buttare fuori, di getto, me le urli contro, poi ti stringi a me, mi dici che tra le mie braccia ti senti bene.
Mantengo ancora il telefonino acceso, ancora spero, salgo sull'autobus, la nebbia è molto fitta, la scena è insolita, non ricordo mai di aver ascoltato un simile silenzio sulle piste di un aeroporto, take off and landings, decolli ed atterraggi. Non si vede proprio niente, la ragazza che prima dichiarava di non voler partire continua a discutere con il suo ragazzo, tutti noi la osserviamo infastiditi dalla sua voce, da quello che dice, è come se interrompesse la magia del momento, a tutti noi sembra di essere negli istanti più importanti della nostra vita, tutti pensiamo a quello che avremmo voluto essere. Io penso a te, mi commuovo solo all'interno, spero di non avere gli occhi lucidi.
Vorrei parlarvi della gelosia, del fatto che alcune immagini, alcuni tuoi momenti mi tornano a volte in mente e non vanno via, devo fare un grosso sforzo per mandarli via. È che ci sono certi sguardi e certi tuoi movimenti che pensavo di conoscere solo io, certe oscillazioni impercettibili, che ho colto per intuito quando ero nei tuoi pensieri e non sapevo di esserlo, e che, spiate in terza persona mentre parlavi o ti muovevi con un altro, continuano a ferirmi. Sai, è proprio quando le rivedo, quando penso che prima o poi sarà questa la fine della nostra storia che vorrei che tutto finisse subito, in questo momento. Sarà il momento in cui ti sarai annoiata dell'ultimo cd.
Immagino l'istante in cui proverai quell'emozione nuova che devi aver provato per me, penso di non essere tanto unico, mi chiedo se hai dovuto nasconderla in questi mesi in cui stiamo insieme, ascolto le tue bugie, vedo i tuoi tentativi di soffocare in te stessa la tua emozione.
E qui non si vede proprio niente, un'auto con un faro sul tetto che illumina il bianco della nebbia deve scortare il nostro autobus verso l'aereo, quando siamo a pochi metri distinguo con difficoltà la scaletta, la fusoliera bianca. Siamo gli unici che si muovono sulle piste, gli unici con l'intenzione di prendere il volo, altrove tutto è silenzio ed immobilità. A questo punto riprende vita il gruppetto dei giovani simpatici, le battute si sprecano, ridono, si agitano, sono nervosi, noi altri, dopo un ultimo sguardo alla ragazza, che finalmente ha veramente paura, rimaniamo in silenzio ad assaporare il nostro coraggio, la nostra indifferenza per la vita, riusciamo solo ad essere stanchi, ed a desiderare un lungo sonno, di qualsiasi natura sia.
Spengo il cellulare mentre sono in attesa sulla scaletta, mi guardo attorno affascinato, non ho mai visto niente di simile, penso che sei lontana, che non conoscerai mai quella mia paura, anche se mi piace averla dentro, mi fa sentire vivo.
Mi siedo al mio posto, sono vicino al finestrino, non ho nessuno al mio fianco, mi fa piacere, purtroppo i ragazzi simpatici non sono molto lontani, qualche fila dietro di me, sono costretto ad ascoltare le loro risate forzate, non vedo la ragazza terrorizzata, la immagino abbracciata al carrello dell'aereo, mentre il fidanzato prova a convincerla a salire.
Ripenso alla storia del cd nuovo, mi ripeto le stesse domande di sempre, mi do ancora una volta le risposte di sempre, è che a volte sembra proprio che esistano delle regole semplici ed ineluttabili. Sembra che nelle storie a due esista un meccanismo che ripete le stesse azioni a reazioni, e noi ci illudiamo di poter vivere una storia d'amore che evada da queste regole, ci illudiamo di poter inventare qualcosa che fino a quel momento nessuno è riuscito a creare. Sarà per questo che poi si continua a cercare, che non ci si vuole arrendere all'idea che tutto sia governato da regole evidenti, e prima o poi se ne ritorna schiavi, si può solo rimanere ad osservare come le si rispetti, poi ancora una volta ci illudiamo di poter essere liberi. Capita quindi che si soffra, che un gesto, una parola, all'improvviso, senza motivo, ci faccia stare male, quindi si prova a spegnere il dolore frapponendo distanza, ostacoli, muri, e quando finalmente ci si ritrova, ci riconosciamo, di nuovo con noi stessi, a quel punto siamo lontani, ci accorgiamo di essere lontani, sentiamo di essere lontani.
Le hostess si guardano attorno sorridenti, sono sicuro che anche loro devono avere dentro qualcosa che nascondono, penso alla fatica di fingere e poi ancora un'immagine, una tua immagine, la prima che mi viene in mente e ti dirò chi sono: ci seguiamo, controlliamo i nostri movimenti da lontano, ogni volta che entro in una stanza in cui ci sei tu sento che reagisci, ti muovi, mi guardi, vibri, anche se ancora non abbiamo avuto il coraggio di dirci niente, non sappiamo nulla di noi, siamo già collegati, esiste già qualcosa tra noi, oltre noi, ci lega a nostra insaputa, poi quel giorno siamo più vicini, io ti prendo la mano, tu tremi, sussurri il mio nome, un piccolo e dolce rimprovero, spaventato e pieno di gioia, tremi e mi baci, mi spingi contro il muro e mi baci, io incontro il tuo sapore, non abbiamo fatto altro che assecondare quello che già esisteva tra noi, per questo è stato così naturale e facile.
Penso ancora che tutta vada da solo, segua le proprie regole, penso che il nostro intervento sia in fondo trascurabile, il nostro amore ha deciso per noi più di una volta, ed io so quanto abbiamo cercato di contrastarlo, l'aereo si muove ed io sento che devo abbandonarmi al mio destino, il mio intervento conta poco, devo abbandonarmi, tra le nuvole, qualsiasi sia il mio destino.
Infine torno sul luogo del delitto, a quella sera, due giorni fa, provo a partire dall'inizio, se guardo fuori dal finestrino faccio fatica a vedere le luci a pochi metri che illuminano la pista, non mi ero mai trovato dopo tanti anni a vivere un decollo così, mi chiedo cosa vedano i piloti, vorrei chiudere gli occhi, ma non ci riesco, osservo ancora fuori e sento la tua voce, mi dici che sei emozionata all'idea che venga a casa tua, quella sera, vai a comprare qualcosa da mangiare.
Entro in casa, tu mi accompagni in cucina, hai qualcosa sul fuoco, ti osservo con tenerezza, ti muovi morbida, sei emozionata, perché sei così, vibri, ti emozioni, ed io vivo di questo, mi nutro dei tuoi tremori, spillo la vita che violenta ti scorre dentro, che ti scuote, ti fa ridere di gioia e piangere di dolore, che ti emoziona, che ti fa tremare per la forza del suo flusso. Ti dico che forse è presto per cenare, tu non sollevi lo sguardo dai fornelli, con un gesto veloce allontani i lunghi capelli neri dal viso e spegni la fiamma. Mi prendi per mano e mi accompagni in salotto, mi inviti a sedere sul divano, ti sistemi di lato, su di me, ti accucci tra le mie braccia.
Rimaniamo così, stretti l'uno all'altra, in silenzio, ci baciamo, proviamo a spegnere i pensieri, di qualsiasi tipo.
Ci siamo, freni al massimo, motori al massimo, vibriamo del nostro desiderio di lasciarci finalmente andare al vuoto, sappiamo che l'aria per fortuna non è poi così vuota, guardo fuori, non si vede niente, l'aereo vibra nervoso, mancano pochi istanti, poi qualcuno lascia andare i freni, partiamo, ci muoviamo, l'aereo si muove.
Le nostre mani camminano sui nostri corpi, si insinuano, sfiorano i vestiti, cercano varchi, stringono, ti sfilo il pullover, tu provi a slacciarmi la cintura in vita, ci baciamo, io ti slaccio il reggiseno ed immediatamente corro a cogliere il successo della mia azione, ho il tuo seno nella mia mano, lo stringo e penso che ti sto facendo male.
Corriamo sulla pista, sento che i piloti danno alcune correzioni alla direzione, sono sicuro che non vedono niente, tu mi inviti ad alzarmi, stretti tra noi, camminiamo come due marionette, con i pantaloni alle caviglie, le camicie aperte, continuiamo ad accarezzarci, avanziamo nel buio, ci baciamo, mi lascio guidare verso la tua camera da letto, ed infine ci lasciamo cadere sul letto, sento l'impatto.
Ci lasciamo cadere, e rimaniamo in silenzio per un secondo, io mi guardo attorno, sento il tuo respiro emozionato. Sei tu la prima a muoverti, vieni su di me, mi osservi, provi al leggere il mio sguardo, mi scruti, mi chiedi se va tutto bene, io rispondo di sì, anche se sto in realtà cercando di cancellare qualcosa, qualcosa che ho intravisto. Sei sensibile, troppo, non posso nasconderti niente, senti che c'è qualcosa, continui ad accarezzarmi, mi sfili il pantalone, ti fermi, mi guardi, mi chiedi ancora una volta se va tutto bene. Io questa volta non rispondo, so che non dovrei, ma mi sollevo un po' sulle braccia, giusto per poter vedere meglio la foto sul mobile a lato del letto. C'è una foto, mi osservate, siete tu e tuo marito abbracciati, di sera, alle spalle qualcosa che potrebbe essere una fontana o un castello o tutti e due, sorridete, abbracciati, tu e tuo marito. Tu segui il mio sguardo, capisci, io mi lascio andare disteso, tu non vuoi arrenderti, sei di nuovo su di me, mi baci, mi accarezzi, senti che io sono fermo, non riesco a muovermi, interrompi anche tu il disperato tentativo, mi sussurri un meraviglioso "scusami" all'orecchio.
Ed io sono tra le nuvole, nel silenzio delle nuvole, non sento niente, cerco di frapporre distanza, muri, ostacoli fra me e ed il mondo, fra me e te, sussulto tra le nuvole, il comandante dice di non preoccuparsi troppo, è solo un po' di turbolenza, a più alta quota non sentiremo più niente. Sento il silenzio, tra le nuvole, smetto di tremare, di sobbalzare per le turbolenze dell'aria, mi slaccio le cinture di sicurezza, fuori pericolo, sono solo, solo con me, e tu sei lontana, ti osservo, mi stai guardando, non sai che dire, hai gli occhi lucidi, ma io sono lontano, da solo, non ti sento più, mi ripeti ancora una volta le tue scuse, io ho sguardo perso nel vuoto, frappongo distanze, ti socchiudi la camicia, ti comprimi il seno tra le tue braccia, ti rivesti, mi inviti a tornare in salotto.
Tornano le luci, le hostess si muovono, offrono qualcosa da bere, tutti sono più rilassati, siamo tornati uomini normali, con un futuro normale, niente foto in prima pagina o funerali al telegiornale per noi, dobbiamo solo pagare la bolletta del telefono, e dare la buonanotte ai nostri figli.
All'improvviso sorrido, perché penso che qualche volta ti ho fatto sorridere, mi piace farti ridere, forse basterebbe questo per giustificare questa nostra storia illogica, basterebbero pochi attimi di gioia persi in una risata. Non posso poi fare a meno di ricordare il sorriso di quell'uomo strano, non più giovane, dal tono gentile, delicato, che era seduto al mio fianco in una delle mie tante cene di lavoro. Dopo l'antipasto in imbarazzo, ben accolto da parte mia come al solito alla ricerca di un po' di silenzio, dopo il primo piatto con lo scambio di opinioni sull'andamento dell'economia mondiale, il difficile momento della nostra compagnia, dopo il secondo di pesce condito con una breve storia della sua iniziale veloce carriera ed il successivo arresto per un superiore imbecille, ci ritrovammo sul sorbetto al limone a parlare del sorriso di sua moglie. Ed a quel punto il suo sguardo cambiò, ci ritrovammo nella sua vita e nel suo bisogno di raccontarla, parlava anche lui con un lieve sorriso distorto, era emozionato, con gli occhi lucenti, e mi diceva che la moglie aveva sorriso nuovamente dopo quattro anni, dopo quattro anni di coma. Un giorno attraversava la strada ed un'auto la aveva fatta volare in aria, proprio come me adesso, che sono tra le nuvole. Chiudo gli occhi, provo a pensare alle tue risate, provo ad immaginarti felice, e ripeto nella mente le parole di quell'uomo reso vulnerabile dalla stanchezza, e dai suoi anni, mentre mi racconta della moglie in coma legata al letto in verticale davanti al balcone, per permetterle di vedere la luce del giorno, e dei massaggi su tutto il corpo, le braccia, le gambe per aiutare la circolazione del sangue, per conquistare dopo quattro anni un sorriso, lo stesso che vorrei adesso tu potessi condividere con me, alla faccia della nostro amore disperato e degli aerei che non riescono ad atterrare per le cattive condizioni meteorologiche.
Ancora qualche sussulto, turbolenza in alta quota, le hostess devono aggrapparsi ai sedili per non cadere, i bicchieri con le bevande tremano, alcuni si rovesciano, io e te siamo tornati in salotto, sempre in quella sera, e tu ti siedi in modo da essere di nuovo tra le mie braccia, ti stringo e ti chiedo scusa.
Non riesco subito a ricordare con chiarezza quegli attimi con te sul divano, li immagino di silenzio, sento una musica in sottofondo, ma so perché non ricordo molto, sono in realtà solo attratto dai movimenti del tuo seno che intravedo attraverso la tua camicetta che hai lasciato aperta, ogni tanto provi a richiuderla con un gesto veloce, ma non so se sia veramente quello il tuo intento. Ricomincio ad accarezzarti, lascio finalmente scivolare la mia mano sul tuo seno libero, recupero la mia tensione, ci baciamo, so che non hai intenzione di arrenderti.
Rimaniamo così, in silenzio, per un bel po', poi riprovo a parlare ed ovviamente sbaglio tutto, scelgo l'argomento sbagliato, e so che, per quanto possiamo fingere in quel momento, siamo entrambi delusi.
Ti parlo di una mia amica, lo faccio senza pensarci, te la descrivo come una persona interessante, intelligente, ti dico che mi è simpatica, te ne parlo forse perché per me ci sono alcuni aspetti del suo comportamento che non capisco, lo faccio per avere un tuo parere, non ricordo di avertene parlato altre volte.
Ed ecco nuovamente i meccanismi ineluttabili, i meccanismi della tua mente, sei delusa, offesa, adesso hai lo spunto, quella mia maledetta amica di cui parlo sempre, sarà almeno la terza volta che ti racconto la sua storia. Le tue difese sono in campo, e la miglior difesa è sempre l'attacco. Le tue truppe si preparano, si caricano, e nel mentre io non sospetto niente, sono tra le tue braccia con un'espressione da imbecille, convinto di aver superato nel modo migliore un momento difficile, quasi mi complimento con me mentre tu stai per sferrare la tua bordata.
L'aereo scorre nell'aria, siamo tutti più rilassati, il gruppo dei simpatici parla di lavoro, seguo un po' i loro discorsi, mi avvilisco, i luoghi comuni sono quelli in cui preferisco non essere, concludo che è meglio quando fanno i divertenti, poi un sussulto improvviso, si accendono le luci che ci avvertono di legarci in vita le cinture di sicurezza. Tu mi guardi, diritto negli occhi, mi dici che sei contenta, sei riuscita ad organizzarti il fine settimana senza di me, mi fai l'elenco degli appuntamenti che hai, non manchi di descrivermi gli amici che incontrerai, tra cui ovviamente quello e quell'altro che sono tanto simpatici e carini.
Ed io, che oramai dovrei avere dimestichezza con i meccanismi del gioco, non riesco mai a fidarmi di loro fino in fondo, ogni volta dubito, cado in modo ineluttabile tra gli ingranaggi, vengo trascinato nella direzione prestabilita, vittima di quelle leggi che fanno di noi inutili burattini nelle storie dei nostri amori, a favore dell'equilibrio mondiale dei sentimenti, senza il quale probabilmente non ci sarebbero le guerre, le epidemie, i figli, le carriere nelle multinazionali, i processi per corruzione, i campionati di baseball ed il cenone di fine anno. Cerco di non guardarti, soffro, mi sento solo, mi pento di averti amato tanto e di aver immaginato che tu potessi provare qualcosa di simile per me, mi ripeto che non sei la donna giusta, mi trincero in un mutismo implacabile mentre ti immagino in discoteca, con il seno traballante, tra le braccia di ragazzi muscolosi e simpatici, ridi, ridi in modo esagerato, balli, ti diverti, sculetti.
Penso di nuovo alle stratificazioni, mentre sono in volo, mi tengo ai braccioli del sedile per non cadere nel vuoto, penso che non ci sia modo per evitare che le stratificazioni si accumulino, che lo spazio venga lentamente occupato, fino ad evitare ogni movimento. Forse la parola d'ordine è la delusione, sentimenti verso se stessi che possiamo provare solo noi, forse non c'è proprio niente da fare, non c'è scampo. Una ragazza ha paura, chiama l'hostess, le viene da vomitare, ed io mi ricordo della paura, già c'è anche lei, qualcuno ha detto che è l'origine di ogni violenza, e già poi c'è anche la violenza, quella che si deve scaricare, e poi... il passato, le fotografie, il futuro, incerto, le tue mani, la tua voce, il nostro passato, il futuro, mai il presente, mai, quel pomeriggio a passeggiare, i nostri primi istanti, la nostra prima notte, la sorpresa, sempre troppo presto per diventare delusione, le difese, le distanze, amore, il nostro amore.
Tu in un primo momento mi osservi sorpresa, riesci a non confessare a te stessa il tuo intento, non so, forse anche tu non ti fidi delle regole, dei meccanismi, forse hai problemi con le azioni e le reazioni. Pochi minuti, solo pochi, e sei lì a preoccuparti per il mio silenzio, adesso sono di nuovo io che vado recuperato. Io sono corroso dalla gelosia, ti odio.
Il comandante ci avvisa che le condizioni del tempo sull'aeroporto di arrivo non sono buone, ci dice di mantenere le cinture allacciate, di stare tranquilli, tutto è sotto controllo, faremo qualche giro in quota poi proveremo ad atterrare, tu ti stringi a me, fai in modo che la camicetta, che hai mantenuto socchiusa, si apra, mi prendi la mano e la trasporti sul tuo seno, mi accarezzi, fai quello che ho sempre desiderato che una donna facesse, fai scorrere l'altra mano sul mio pantalone, fino a fermarti sul mio sesso, fino a quell'istante in silenzio come me.
Scendiamo, perdiamo quota, sobbalziamo che è un divertimento, sembra di essere sulle montagne russe, io corro lungo il profilo del tuo seno, dei tuoi fianchi, delle tue gambe, e perdo i sensi sull'improvviso cambio di pendenza che hai al fondoschiena.
I sussulti sono davvero forti, il tempo si è fermato, non finisce mai, tu sei sopra di me, i capelli sugli occhi, sulle labbra, poi un uomo urla di terrore, dice di aver paura, un altro intima la calma, calmi, state calmi, io non riesco più a mantenermi, lascio andare le braccia al vuoto, si sollevano nell'aria da sole, e poi sono io su di te. Mi muovo prima lentamente, sento i tuoi sospiri, accompagni i miei movimenti più profondi con un "huu" che mi fa impazzire per il piacere, ti adoro, sei stupenda, muovi le labbra con una morbidezza da sogno, sei bella come mai, sei una donna, sei dentro di me, io dentro di te, mi sussurri parole, mi chiami, io ti dico che ti amerò per sempre, che non posso vivere senza di te, ti imploro di non lasciarmi mai, mi tengo stretto, chiudo gli occhi, non riesco a pensare che anche quell'istante interminabile debba finire, sussurro il tuo nome ancora una volta, chicca, oh chicca mia, sento che ci siamo, chiudo gli occhi, aspetto l'impatto delle ruote sul terreno, faccio in tempo a pensare che ci muoviamo troppo, c'è troppo vento, non sarà facile arrivare con un perfetto allineamento, il comandante continua a correggere la rotta, lavora sui motori, mi sussurri di non preoccuparmi, non c'è pericolo, vai amore mio, non temere, vai fino in fondo, io non ti do ascolto, non so perché, mi sottraggo un istante prima, mi lascio andare sul letto al tuo fianco, l'aereo tocca terra, corre impazzito sull'asfalto, poi si ferma, tu non applaudi come tutti gli altri passeggeri, io mi scuso a bassa voce per averti sporcato tutte le lenzuola.
Silenzio, siamo ancora vivi, eppure perché siamo così tristi? Tu sei in silenzio, il viso affondato nel cuscino, io ti stringo a me, penso di sapere a cosa stai pensando, stratificazioni, vorrei dirti che è bello essere lì con te, nudi, stretti tra noi, vivi, miracolosamente vivi, ma tu stai male, i tuoi pensieri ti portano dove vogliono loro, io cerco le parole, vorrei dirti che non so perché non sono rimasto dentro di te fino all'ultimo, anche se tu mi hai detto che potevo, non è certo perché non mi fido di te. Ma tu soffri, ti sta crollando tutto addosso, ed io non posso salvarti, pensi le cose peggiori, la fiducia è la fiducia, l'inganno è l'inganno.
Quando scendo per le scalette dell'aereo ho le gambe che mi tremano, sono vivo eppure sono triste, ho male allo stomaco, lo stesso dolore che ho mentre esco da casa tua, dopo che tu mi hai invitato ad andare via, sbircio in cucina, saluto la mia cena, mi gira la testa, qualsiasi mia parola non è stata sufficiente per giustificare quanto successo poco prima, tu sei convinta che io sia venuto via da te prima perché non mi fido, credi che io abbia pensato che tu volessi ingannarmi, un po' complicato da scrivere, altrettanto da dipanare nei tuoi pensieri feriti. Una bella ferita, proprio una bella stratificazione, riaccendo il cellulare, lo osservo pieno di speranza, gli do tempo, in genere se c'è qualche messaggio viene fuori dopo un po'.
Niente, nessun messaggio, sono vivo ma non mi interessa.
Vorrei parlarvi delle stratificazioni, dei cd nuovi, della gelosia, dell'amore e del mio mal di stomaco, vi risparmio i sensi di colpa ed il fatto che quello che mi fa essere felice fa sempre stare male qualcun altro.
Vengo fuori dal gate degli arrivi, mi guardo attorno e ti vedo, penso che sei lì per me, ma il bello dura poco, non sei sola, parli, sorridi, stai con un altro uomo, mentre parli gli posi una mano sul braccio, lui ti mette una mano sulla spalla. Non ho dubbi, non sei lì per me, abbasso lo sguardo ed avanzo anonimo tra la folla, mi nascondo, esco al freddo senza che tu mi abbia visto.
Non penso, non voglio pensare, salgo in macchina, sono vivo ed ho la spia della benzina che si accende, sono vivo e devo fare benzina.
È il destino, lo vedi piccola mia, non dipende da noi, tu saluti quel tuo vecchio compagno di università che hai incontrato per caso, e mi cerchi nel flusso dei passeggeri in arrivo, non mi vedi, io non ci sono. Provi a chiamarmi al telefono, ho la segreteria, il mio telefono è staccato. Non sai che fare, non sai che pensare, attendi ancora un po', ora non c'è più nessuno, infine ti dirigi verso la tua auto, missione fallita.
Io mi fermo al primo benzinaio, riempio il serbatoio, mi perdo fra me in considerazioni ripetitive, del tipo lo sapevo che sarebbe finita, l'ho sempre saputo, e sapevo anche che sarebbe finita così, con te che ti innamori di un altro, lo sapevi, vecchio mio, ora non fare lo stupido, fatti forza, fatti coraggio, non fare stupidaggini, non buttarti troppo giù. Penso al caso, al destino che ha voluto che ti vedessi a tua insaputa. Ho la testa che mi fa male, le mani mi tremano, pago e sto per andare via quando vedo una bambina. Si guarda attorno, ha le lacrime agli occhi, nessuno le dà retta, mormora qualcosa. Scendo, le vado vicino, mi guarda, potrà avere quattro anni, forse cinque, la smette di piangere, di lamentarsi, rimane in silenzio, le chiedo cosa c'è, se sta bene, perché piange, mi fa capire che sta cercando la sua mamma. Le chiedo dove può stare la mamma, dove è che era prima, come si chiama, lei non mi risponde, si attacca la mia giacca, indica con l'altra mano il fast food a pochi metri, come se fosse venuta da lì, la prendo per mano e la accompagno all'interno.
C'è folla, chiasso, bambini che corrono, mamme che urlano, palloncini colorati, signorine su pattini, panini imbottiti e feste di compleanno.
Mi aggiro tenendo la bambina per mano, sperando che qualche mamma la riconosca, non è facile, la gente è molta. Poi mi lascio guidare da lei, mi tira in avanti, raggiunge una tavolata di bambini, io la lascio andare, ora corre verso qualcuno, una donna che sta parlando con delle amiche si volta, la vede, la saluta, e la bambina le salta addosso, la abbraccia, la donna la stringe a sé. Io osservo, senza accorgermene faccio qualche passo indietro, mi allontano. Bambini mi urtano alle gambe mentre corrono, ho sete, vedo un bicchiere di birra su un tavolo, mi chiedo se non ne abbia bisogno, se non sia un altro segnale del destino, mi metto in fila alla cassa.
Dopo un po' sono seduto al mio tavolino, la testa poggiata sulla mano, non devo avere un'espressione tanto felice, c'è che mi passa accanto e mi osserva con curiosità, io sorrido, non reggo l'alcol, un bicchiere di birra è sufficiente per stordirmi, do un morso al mio panino al filetto di pesce, mi ricorda viaggi all'estero, sono infelice, tutto mi sembra ingiusto.
La prima immagine, la prima immagine che ti viene in mente e ti dirò chi sei, ti dirò chi sono: siamo in auto, al lato dell'autostrada, tu mi guardi, all'improvviso alzi la voce, ti lamenti perché ti osservo in silenzio, mi chiedi perché non sei libera di amarmi, poi siamo in una stanza di albergo, siamo seduti ad un tavolo in una strana pizzeria di periferia, siamo distesi sul divano di casa mia, siamo all'interno di un bar, altrove osserviamo il mare, c'è sole, ricordo i riflessi.
La bambina va via con la sua mamma, mi osserva, mi saluta, io ricambio.
Tu sei in auto, ricevi una telefonata, una tua amica, ti dice che deve dirti una cosa importante, hai le batterie del telefono scariche, glielo dici, no, solo un secondo, è importante, il tuo telefono si spegne, batterie fuori uso. Sei vicina ad una stazione di servizio, sterzi all'improvviso, giusto in tempo, ti fermi ed entri in uno di quei strani posti in cui i genitori esauriti portano i figli a mangiare i panini.
Cerchi un telefono pubblico, la cosa ti innervosisce, è proprio una giornata storta, sei andata inutilmente all'aeroporto, volevi avere l'opportunità per chiarire le cose con me, ed invece chissà io dove ero. Non avevo fatto nemmeno una telefonata, evidentemente ti eri preoccupata per nulla, io probabilmente dovevo essere felice che tutto fosse finito, in realtà non me ne importava niente.
Ti aggiri alla ricerca di un telefono, il chiasso ti dà fastidio, sei nervosa, e poi c'è un uomo di spalle, seduto ad un tavolino, proprio dove è il telefono, tu dovrai chiedergli di spostarsi per farti passare.
Quell'uomo sta bevendo una birra, sono io.
Mi vieni vicino, e nei primi istanti, solo nei primi istanti, sei felice, pensi che il destino ha deciso per noi, poi immediatamente pensi alla nostra prossima caduta, alla prossima crisi, ti intristisci.
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