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La medicina

L'albergo "Albero verde" era in realtà una piccola locanda di poche stanze. Kevin vi soggiornava da quasi una settimana e aveva fatto in tempo a dimenticare qualsiasi cosa, perchè si trovava lì, come vi era arrivato, quando sarebbe dovuto andare via. Sapeva solamente di non avere documenti, di essere l'unico ospite e che lì stava d'incanto, nella quiete più assoluta.
Il locandiere non si era mai fatto vedere. Lo aveva sempre udito in lontananza mentre lo avvisava che il pasto era pronto in tavola. Colazione alle otto, pranzo a mezzogiorno, cena alle sei. Televisione fino alle undici per regolamento e poi a letto nella piccola e ordinata camera con servizi.
Una mattina fredda e piovosa si mise ad osservarsi allo specchio della sua camera. Si reputava un bell'uomo, nonostante i capelli quasi completamente bianchi e la barba ispida e incolta. Si chiamava Kevin, e non ne era nemmeno troppo sicuro.
Dopo dieci minuti buoni di contemplazione allo specchio, si infilò un pesante maglione blu scuro, jeans neri puliti e le inseparabili scarpe da ginnastica bianche e usurate.
Uscì dalla stanza e scese la rampa di scale per la colazione. Quando fece il primo gradino potè sentire distintamente il solito richiamo:
<<La colazione è servita!>>
Una tazza di tè caldo con limone, biscotti secchi, biscotti al cioccolato, brioches ripiene di marmellata. Il tutto in una grande sala vuota. Kevin non poteva desiderare di meglio. Si sedette e cominciò a sfamarsi.
Quando terminò il pasto allontanò da sè piattini e tazze, come era solito fare, per poi rimanere lì seduto senza fare nulla.
Con grande sorpresa trovò sotto la tazza da tè una piccola busta con stampato sul dorso il suo nome, "Kevin" e quello che pensò fosse il suo cognome "Kolten". Aprì con forza la busta, le mani tremanti gli crearono non poco impaccio. Estrasse la piccola cartolina contenuta nella busta e la tenne all'altezza del viso con le mani ormai sudate. Il tè bevuto, il maglione, l'emozione gli avevano portato il corpo in una condizione di forte e nauseante surriscaldamento.
Non capì.
Non c'era scritto nulla, solo bianco, sia sul fronte che sul retro.
<<Che significa?>> gli sfuggì dai denti.
<<Kevin>> una voce dietro di lui lo stava chiamando con voce suadente.
Un ometto paffuto vestito da cuoco lo stava fissando con occhi azzurri e buoni.
Kevin riconobbe quella voce, era la stessa che quei giorni in locanda lo avvisava che la tavola era pronta.
<<Quella cartolina è il mio regalo per te>>.
<<Ma cosa vuol dire?>> chiese Kevin perplesso e con una punta di viscerale dolore allo stomaco.
<<Tu non lo sai. Tu non sai chi sei. Credi di chiamarti Kevin. Da poco credi di chiamarti Kevin Kolten. Questo è solamente il tuo nuovo nome. Ti sei riposato qui all'Albero verde, e ora sei pronto per iniziare una nuova vita. Fino adesso hai passato le pene dell'inferno, ti meriti di poter ricominciare>>.

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8 commenti:

  • Claudia Ravaioli il 12/11/2010 15:47
    depositare... scusa, la tastiera del mio portatile dà segni di cedimento!
  • Claudia Ravaioli il 12/11/2010 15:46
    Bello! Mi è piaciuto! Unico dubbio come può "un ometto paffuto" depoitare un corpo esanime in una carriola?
  • Paola B. R. il 08/11/2010 00:11
    Perchè dargli un foglio bianco per fargli riscrivere la sua vita... se, sa che è finità???
    Piaciuto!!! C'è chi fa fare il lavoro sporco agli altri e chi se lo fa da sè!!!
  • valeria ste il 07/11/2010 19:43
    una bella favola macabra!
  • Carlo Araviadis il 07/11/2010 12:07
    Ringrazio per i complimenti!

    Un caloroso saluto a tutti quanti
  • Michele Rotunno il 07/11/2010 10:54
    In effetti condivido con Nunzio, o approfondirlo oppure non farlo comparire per nulla, usarlo come una voce fuori campo, magari la coscienza o la morte che gioca a scacchi senza apparire.
    Ottimo esordio, comunque.
  • Giacomo Scimonelli il 07/11/2010 10:27
    scritto molto bene... piaciuto
  • Anonimo il 07/11/2010 06:22
    Locanda "Albero verde". Una specie di confine tra due mondi, dove si trascorre del tempo in assoluta tranquillità in modo di disintossicarsi dei traumi di questa vita e prepararsi per l'altra. Un'idea veramente originale. Io avrei solo approfondito un po' di più il personaggio del locandiere.
    Eccellente.

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