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Il gemello
Io e Simon ci conoscevamo dai tempi del liceo e ancora la nostra amicizia pareva solida sebbene a volte ci capitasse di litigare e non vederci per un po' di tempo. Conoscevo pure la sua famiglia. Il padre morì di un improvviso attacco cardiaco quando aveva solo ventidue anni.
Non ho mai capito il suo atteggiamento piuttosto distaccato nei confronti della disgrazia poichè non mi risultava ch'egli avesse mai avuto alcun particolare attrito verso di lui. È vero però che non me parlava mai, fino a farmi pensare che un padre non l'avesse mai avuto. La madre era stata sempre affettuosa col figlio che, dal canto suo, era cresciuto senza fatica e senza traumi. La sorella Lara era un tipo ombroso ma dai modi gentili e raffinati. Il mio amico invece era diverso: esuberante quanto basta per essere definito interessante, attivo, affidabile anche se piuttosto irascibile e permaloso. La sua passione era la biochimica. Lavoravamo insieme alla University of Science di Boston. Lui era allora vice-direttore del settore biogenetico dell'istituto. Io gli facevo da assistente e soprattutto da confidente. Collaborare con lui era un'avventura; la dedizione che ci metteva era per me contagiosa e del resto lo seguivo volentieri nelle sue idee, talvolta stravaganti.
In quel periodo notai nel mio amico una sorta di eccitazione ch'egli non riusciva quasi a contenere. Nei miei confronti divenne più chiuso, oserei dire più freddo, diffidente. Eppure negli ultimi mesi nulla di particolare era accaduto, almeno così pareva. Tale atteggiamento durava da tre settimane e a me sembrarono un'eternità. Era giunto il momento di affrontarlo.
Trascorsero due giorni senza che riuscissi a trovare il modo di metterlo alle strette. Dal canto suo egli perseverava in quello strano atteggiamento e anzi pareva volesse addirittura evitarmi. Era diventato taciturno, chiuso in un riserbo davvero anomalo a giudicare dal suo carattere. La situazione mi dava sui nervi, non ne potevo più. Non ero più partecipe dei suoi esperimenti e soprattutto dei suoi pensieri. Era vicino a me e allo stesso tempo lontano anni luce.
L'indomani pomeriggio ci ritrovammo faccia a faccia davanti al tavolo dell'esperimento. Ogni tanto gli lanciavo un'occhiata furtiva per vedere se i suoi lineamenti avessero un aspetto differente. Niente, nessun segno di miglioramento, anzi essi assunsero un tratto ancora più duro. Si congedò qualche minuto per andare in bagno e restai un momento assorto tra mille controversi pensieri. Ma non posso esprimere ciò che vidi quando ne uscì.
Il suo volto, o la sua maschera, aveva assunto un colorito paonazzo, gli occhi sottili emanavano dei lampi di luce inspiegabilmente crudeli, la bocca inarcata come in una smorfia di trionfo... ebbi un sobbalzo, le membra mi si irrigidirono, le pupille si dilatarono come quando si incombe in un improvviso spavento. Non riuscii a parlare per una buona mezz'ora quando mi decisi a reagire e gli domandai: "C'é qualcosa che non va? Qualcosa che dovrei sapere?" e lui: "Assolutamente, mi sento anzi davvero in forma!". Mentre proferiva queste parole, un sorriso sardonico gli invase il volto.
Di nuovo ebbi un fremito e rimasi come bloccato. Simon era tornato al suo esperimento come niente fosse, per nulla sorpreso dalle mie domande.
Era incredibile con quanta non curanza e apatia egli dava importanza ai fattori esterni, me incluso. Ad un certo punto non potei più sopportare il silenzio di tomba che si era creato e me ne andai, lasciando il mio amico tutto assorto nel suo lavoro. Dovevo lasciare l'istituto per quel giorno, dovevo e volevo rimanere da solo. Tornai a casa e mi gettai sul letto rattistrato. Simon non stava affatto bene anche se sosteneva il contrario.
E doveva dirmi il perchè, altrimenti gli avrei fatto sputare il rospo, se necessario.
La mattina seguente ero già al mio posto mentre Simon era evidentemente in ritardo. Attesi venti minuti quando la porta finalmente si aprì. Aveva corso a perdifiato perchè sudava discretamente.
"Wayne, scusa se hai dovuto aspettarmi ma il traffico oggi sembrava impazzito!". Scusa?? mi ripetei la parola più volte nella testa. Non mi parlava così direttamente ormai da quasi un mese... decisi allora di andare al contrattacco.
"Simon, ascolta, noi due dobbiamo parlare" dissi fermamente.
"No, forse sono io che avrei dovuto farlo prima..." replicò un poco imbarazzato.
"Spero tu capisca cosa intendo dire".
"Certo, riguardo... al mio comportamento?"
"Proprio così..."
"Wayne, ti sembrerà strano ciò che sto per dirti..."
"Strano sinora è stato solo il tuo modo di fare".
"Hai ragione, ma colui che hai visto... non ero io!"
"Ah, no?? E chi allora?"
"Vedi... io ho... un fratello gemello!"
Di colpo realizzai come il mio amico non fosse più quel sincero confidente che ero abituato a considerare ma bensì un individuo inaffidabile e distante, capace di serbare sorprese.
"Ma..."
"Come mai non te l'ho mai detto? " mi interruppe in tempo, prendendosi la responsabilità di quell'affermazione.
"È una storia lunga ma diciamo che, prima che noi due ci conoscessimo, mio fratello scappò di casa e raggiunse mia nonna nel Vermont..."
"Posso avere l'onore di sapere perchè ? " chiesi seccato.
"Certo... egli è sempre stato il ribelle della famiglia e, non sopportando quell'ambiente, decise di andarsene..."
"E come l'avete presa?"
"Non bene, soprattutto mia madre."
"E si può sapere perchè ora è qui??"
"Desidera seguire le mie orme e gli sto mettendo a disposizione il laboratorio..."
"Perchè non vi ho mai visto assieme? "
"Non c'ero, in quei giorni. Ero a Toronto per lavoro."
Strano, questo non me lo aveva riferito. Un'altra ombra si era aggiunta alla persona che stentavo credere fosse Simon.
"Perchè non si è presentato? "
"Gli ho detto di rivelarlo quando sarei tornato, per evitare equivoci. Nessuno sa che ho un gemello e temevo che non sarebbe stato creduto..."
Tali parole mi lasciarono davvero perplesso perchè non potevo credergli. C'era sicuramente un altro, più complesso motivo. Ma gli diedi corda.
"Bhè, ora non ci sarò nessun problema per presentarmelo, giusto? "
"Giusto. Ma dovrai aspettare domani, ora non c'è."
"D'accordo".
Era stato un colloquio piuttosto surreale...
Quella notte non dormii tanti erano i pensieri che mi affastellavano la mente.
Ed eccomi di nuovo in laboratorio, come sempre in orario. Curioso ero di vedermeli davanti tutti e due... dopo dieci minuti, il mio desiderio fu avverato.
"Wayne, ti presento mio fratello Trent."
"Piacere di conoscerti, Trent."
"Il piacere è mio."
Davvero una grande somiglianza, pensai a prima vista. Almeno per quel che riguardava l'aspetto fisico.
Pensavo e ripensavo alla strana situazione che si era presentata.
C'era qualcosa che non quadrava anche se non sapevo esattamente cosa. Avrei comunque tenuto il gioco, aspettando sviluppi.
Trascorsero quattro giorni e ciò che osservai nei due era una perfetta somiglianza fisica. Ma per Dinci! Stessa statura, stessi lineamenti, stesse mani...
non un tratto o difetto a testimoniare una reale differenza... eppure una qualche distinzione doveva esserci.
Cercai di trovare delle posizioni di privilegiata vicinanza soprattutto verso Trent. Con la scusa di esaminare più dettagliatamente dei campioni, cominciai a scrutare la sua pelle in cerca di prove. Guardai i più piccoli elementi: venature, punti neri, eventuali cicatrici, segni vari. Non notai nulla di particolare o almeno cose che già l'altro non avesse. Sulla loro straordinaria somiglianza non vi era niente da dire, ma la personalità dei due aveva dei tratti piuttosto caratterizzanti. L'uno, Simon, ero più estroverso, dinamico, irascibile, volitivo; l'altro, Trent, più calmo, riflessivo, controllato, razionale. Sembravano l'uno il rovescio della medaglia dell'altro.
Trascorse così qualche settimana nella quale sempre più notai come la personalità di Trent stridesse con quella di Simon. Eppure, questa c'era da dirlo, i due andavano d'accordo, essendoci tra loro una specie di compensazione.
Un giorno però qualcosa accadde nel solito ménage quotidiano. Simon era apparso più stanco e demotivato e non ne capivo il motivo. Trent, invece, era più vitale del solito, sembrava avere più energie.
Nulla faceva presupporre un tale cambiamento. Ero curioso di vedere cosa sarebbe potuto nascere tra i due fratelli. Ormai tutto stava assumendo i connotati di un film di cui ero involontariamente lo spettatore.
Il giorno fatidico esplose in tutta la sua imprevedibilità e drammaticità. I fatti sono i seguenti: giovedì 18 marzo 2009, ore 8. 15. Entro in laboratorio e saluto i due gemelli.
Tutto tranquillo. Simon sempre più emaciato, Trent in piena forma. Dopo quasi tre ore di lavoro mi accingo a fare una pausa. Esco a prendere un caffè. Bevvi qualche sorso quando all'improvviso un urlo spaventoso squarciò la quiete dell'intero corridoio. Proveniva dal laboratorio. Corsi all'impazzata e in pochi secondi raggiunsi la porta. Una terribile scena stava davanti ai miei occhi: Simon, mi sembrava lui a giudicare dal pallore del volto, era riverso sul tavolo con la gola tagliata in una pozza di sangue color rubino.
Trent teneva ancora il braccio alzato con l'arma, un bisturi d'acciaio. Sul volto l'orrida maschera che avevo visto giorni prima.
"Hiii, hiii, hiii!!!" rideva sguaiatamente il carnefice.
"Non ti sei accorto di nulla? O i dubbi annebbiavano la tua mente? Suvvia Wayne, in cuor tuo lo hai sospettato, non sono il gemello di Simon... sono il suo... clone!! E adesso che ho messo le mani sul segreto della mia generazione, chi mi potrà fermare?? Quel debole di Simon?? Non mi serve più, io sono il suo completamento, il suo potenziamento, una divinità al confronto! Non devo credere più nelle vane speranze degli esseri imperfetti, essere vittima delle loro folli convenzioni e passioni, dell'odio, dell'ira, della violenza, della vendetta nè tantomeno delle loro illusorie filosofie, delle loro religioni o del loro stesso Dio... haaa, haaa, haaa!!! " gridava impazzito...
Simon ebbe appena il tempo di sussurrare "u... cci... dilo, per... do... nami, Wa..." e spirò. Allora Trent, la "cosa", mi venne incontro urlando con il suo bisturi e il camice lordo del suo stesso sangue, mostrando tutta l'arcata dentaria, che era poi quella di Simon. Uno, due, tre, quattro interminabili secondi e riuscii a raggiungere e ad aprire la finestra. Con uno scatto ruotai il corpo a sinistra e il mostro precipitò nel baratro... la morte sopraggiunse all'istante, dopo nove piani di altezza e la spina dorsale spezzata di netto.
Gridai tutto l'orrore che avevo dentro, fugii in strada e in quell'istituto non vi misi mai più piede.
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- Mi è piaciuto molto. Sono un'appassionata del genere e ti faccio i miei complimenti!

- Interessante, davvero.
Mi aspettavo un finale diverso - nn pensavo assolutamente al clone - e questo mi ha spiazzato. Ed è una cosa buona.
Solo che, ma questa è un'opinione assolutamente personale, io avrei osato un po' di più: come sarebbe finito uno scontro tra Wayne e il clone? Avrebbe vinto la "vera" umanità o la "falsa"?
Chissà...
Comunque, bello.

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