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Brandelli di vita dannata di Christopher Hancock
I primi anni della mia nuova vita da vampiro furono un incubo; ero dilaniato per la perdita della mia amata famiglia, ancora adesso, a distanza di 365 anni, ogni tanto la mia mente vola inseguendo il loro ricordo, l'immagino lassù, liberi e sereni nel Regno dei Cieli.
Lassù, immersi e illuminati da una luce che mai conoscerò.
Miei adorati genitori e fratelli, vi prego voltatevi, non guardatemi mentre rubo vite a ignare vittime e soprattutto non giudicatemi; non l'ho scelto io, non posso tornare indietro.
Il tempo passa e anche se il dolore più profondo non può essere rimosso, poco alla volta impari a conviverci.
Pensare alla mia famiglia mi riportava seppur per pochi istanti alla mia esistenza umana, pochi istanti per poi rendermi immediatamente conto di aver perso per sempre la mia essenza vitale e di nuovo precipitavo negli abissi oscuri in cui ero relegato.
Catherine, la mia creatrice, mi è sempre stata pazientemente vicina, fu in grado di capire il senso di smarrimento in cui mi trovavo. Mi aiutò ad accettare la mia natura. Era estremamente saggia ma anche molto misteriosa.
Catherine dannò la mia anima senza chiedere alcun permesso. Certo è terribile, ma una vita umana, con la sua fragilità, può esserlo altrettanto.
Il conte William Harvey alle volte era veramente insopportabile con la sua arroganza. Amava ostentare e vantarsi delle sue ricchezze. Spesso mi scontravo con lui, ma Catherine trovava sempre il modo di farci riappacificare. Nonostante tutto, gli ero comunque grato, mi aveva accolto nella sua casa nell'elegante quartiere di St. James's e grazie a lui potevo condurre una vita agiata.
Vita, che assurdità!
Non dovrei nemmeno pronunciare questa parola, io, che vivo nella morte.
Sophie, la mia pseudo-sorella vampira, all'inizio della sua trasformazione si nutriva esclusivamente di sangue di cani e gatti randagi, nemmeno Catherine riuscì a convincerla ad assalire gli umani; diceva che era innaturale, che mai e poi mai avrebbe commesso un omicidio.
Resistette pochi mesi, una sera mentre andava a caccia di quadrupedi, incrociò un uomo che apparteneva al gruppo sanguigno AB, molto raro oltre che irresistibile per quelli della nostra specie. Per quanta forza di volontà potesse avere, dovette cedere, un umano AB è in grado di scatenare la sete persino in un vampiro già sazio. Sophie fece brutalmente a pezzi la sua vittima succhiandone anche il cuore pregno di sangue, fu presa da un'incontrollabile frenesia, continuò il suo pasto uccidendo altri due uomini e una donna.
Pur risultando una famiglia piuttosto strana, nessuno degli umani che frequentavamo abitualmente pareva avere sospetti sulla nostra natura. Probabilmente erano troppo intenti ad ammirare la nostra austera bellezza e a cercare in qualche modo di farne parte.
Una volta a settimana davamo delle feste da ballo per gli amici aristocratici di William, odiavo quei ricevimenti, così come non sopportavo dover recitare la parte del perfetto damerino, ragion per cui a metà serata ero solito rifugiarmi in qualche sconosciuto e malfamato locale notturno della città.
Una sera, tremendamente annoiato e affamato scappai da una di quelle insulse feste, mi avviai sotto la pioggia battente lungo la sentiero lastricato che conduceva a un nuovo locale. Strada facendo m'imbattei in due prosperose prostitute che per due soldi mi offrirono le loro prestazioni.
Accettai, le due donne mi portarono nel loro misero appartamento, i muri erano scrostati e si sentiva un gran puzza di fritto e aria viziata. Le due donne, visibilmente eccitate, iniziarono a spogliarmi continuando a ripetere che non avevano mai trovato un cliente affascinante e di classe quanto me.
"State zitte e fate quello per cui vi ho pagato".
La mia voce tuonò rimbombando tra le pareti lerce.
Strappai i loro vestiti con impazienza senza guardarle in viso, non m'interessavano i loro volti o i loro occhi, come d'altronde non m'interessava la gente in generale.
Entrambe mi desideravano ardentemente, lo avvertivo dalla loro temperatura corporea che continuava a salire, mentre toccavo le cosce sudate di una affondai la testa in mezzo ai seni dell'altra, sentii il battito del suo cuore; il fluire della vita che era in lei rese insopportabile la mia sete. Bendai e legai al letto le due donne nude e ansimanti.
"Non lo facciamo mai con gli altri clienti, ma la prossima volta puoi venire gratis".
"Non ci sarà una prossima volta".
Infilai un fazzoletto in bocca alla prima per non farla urlare, la baciai sul collo facendo poi scivolare la lingua lungo tutto il corpo sino ad arrivare all'inguine dove le detti il bacio della morte, l'addentai, i miei affilati canini entrarono nella sua carne succhiando tutto la linfa vitale che aveva in corpo, riservai lo stesso trattamento alla seconda.
In quei momenti non esiste più niente, sparisce la rabbia, la solitudine, il tormento; d'improvviso tutt'intorno diventa nero mentre il mio cervello si annebbia di rosso.
Il sapore del sangue caldo è la mia pace nera, breve e sfuggente come la felicità umana.
Ripensai alla notte della mia trasformazione, anche allora mi sfamai con una prostituta, a quel tempo passavo intere giornate a farmi torturare dal senso di colpa.
Certo, non che ora sia soddisfatto di me stesso, ma mi è ben chiaro quello che sono e quello che mai potrò essere.
Dio ha permesso che gli uccelli si nutrano dei vermi, che il lupo si nutra delle pecore, che gli umani si nutrano di mucche o di galline e forse è lui stesso che permette che i vampiri si nutrano di umani.
Ci saranno sempre predatori e prede, è la legge della natura. Non vincerà mai il buono o il giusto ma il più forte.
Mi ripulii la bocca e uscii dall'appartamento.
La nebbia di Londra si era fatta ancora più fitta avvolgendo ogni cosa come a voler nascondere i segreti della città, mentre pallidi raggi di luna faticavano a filtrare attraverso le folte nubi.
Le foglie secche scricchiolavano sotto i miei passi spezzando il silenzio della notte.
Notai gruppo di pipistrelli che stava volando a bassa quota a caccia d'insetti, mi ritrovai ad invidiarli; anche loro sono creature della notte ma non sono dannati, non hanno bisogno di nascondere la loro natura. Il più grosso di loro smise di cacciare venendo verso di me, si appoggiò alla mia spalla come un docile pappagallino, mi girai verso di lui, mi stava fissando e i suoi occhi erano così espressivi da essere inquietanti; il suo sguardo sembrava in grado di scandagliare i pensieri più remoti. Avvertii una sorta di telepatia, più mi scrutava e più si apriva nella mia testa una sorta di tunnel in grado di mettermi in collegamento con l'animale. Gli altri del gruppo mi svolazzarono intorno finchè il pipistrello lasciò la mia spalla e la mia mente.
Era quasi l'alba.
Dovevo rincasare al più presto ma qualcosa, o meglio, qualcuno, catturò totalmente la mia attenzione.
Una ragazza.
Una ragazza, così apparentemente uguale alle altre ma così maledettamente diversa per ragioni che ancora mi erano sconosciute.
Stava osservando l'Abbazia di Westminster, sembrava sconfitta e rassegnata, fissò il portone d'entrata emettendo un sospiro che assomigliava più a un singhiozzo. Nei suoi movimenti c'era una grazia quasi innaturale. Allungò un braccio come a voler toccare le imponenti mura della cattedrale gotica ma poi indietreggiò, come se fosse stata respinta, si voltò lentamente e quel movimento mi portò il suo profumo, non era per niente appetitosa nonostante fosse un AB, sarebbe stato come per voi umani mangiare un insalata scondita. Probabilmente questo era dovuto al fatto che la sua temperatura corporea era più bassa rispetto a quella dei comuni mortali, piuttosto singolare.
Teneva le braccia incrociate sul petto e la testa bassa, alcune ciocche ribelli fuoriuscivano da un'elaborata acconciatura, le perle ai lobi le conferivano un'aria raffinata. Il bel vestito in seta e broccato era bagnato fradicio ma sembrava non curarsene. In quel momento, quasi per inerzia alzò lo sguardo incrociando il mio.
Nei suoi occhi castano chiaro vi erano delle striature gialle, assomigliavano a delle piccole fiamme dorate dentro cui vi bruciava un inferno d'inconsolabile dolore.
La disperazione che viveva in quelle iridi aumentò il disgusto nei confronti della mia non-vita.
Quello sguardo amplificava la mia sofferenza ma era difficile staccarsene.
Sentii il mio corpo marmoreo sopraffatto da una rabbia feroce.
Mi costrinsi ad allontanarmi.
Ero quasi giunto a St. James's Park quando sentii una voce stridula alle mie spalle.
"Ehi ti ho visto, sei stato tu a ucciderle, ti ho visto uscire dal loro appartamento. Maledetto vampiro!".
L'uomo che stava inveendo contro di me stringeva tra le mani un paletto, era un cacciatore.
Digrignai i denti pronto a colpire ma non ne ebbi bisogno. Un gruppo di almeno quaranta pipistrelli si fiondò su di lui che sparì sommerso dalla feroce danza delle loro nere ali. Con i minuscoli ma acuminati denti lo fecero a pezzi lasciandolo in pasto ai corvi che ne ripulirono i resti e gettando poi il paletto nelle torbide acque del Tamigi.
Riconobbi il pipistrello più grosso che poco prima si era appoggiato alla mia spalla e di nuovo si fece spazio nella mia testa quel tunnel in grado di metterci in collegamento. Avevano ucciso quell'uomo poichè nessuno sospettasse di un vampiro di cui i pipistrelli sono alleati da sempre; sono rari gli immortali in grado di poter comunicare con loro e quando ne trovano uno si mettono al loro servizio offrendogli protezione e aiuto. Mi sentii onorato nel possedere tale potere anche se non riuscii a gioirne appieno, ero turbato da una struggente e indefinibile malinconia.
Tornai a casa appena in tempo.
Osservai le finestre sprangate di camera mia sapendo che fuori il sole stava per sorgere.
Un nuovo giorno stava per iniziare per gli umani.
Tempo del sonno per i dannati.
Chiusi gli occhi, la nottata era stata intensa, molte cose erano successe ma riuscii a pensare soltanto allo sguardo doloroso della ragazza.
Quegli occhi mi torturavano scavando negli abissi più bui della mia misera esistenza.
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