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Tattiche sparse
Tattiche sparse
-l'apparenza inganna?-
Non smetteva di piovere, e la cosa di certo non migliorava l'umore, ma d'altronde che funerale sarebbe stato, senza una pioggia leggera e costante, che copriva lacrime e faceva da sottofondo alle parole del prete.?
Pioveva anche dai miei occhi, con la stessa lentezza e costanza, il volto fermo in quell'espressione rigida che lasciava intendere quanto poco quel che stava accadendo intorno a me fosse importante, fermo a guardare il legno dove lei era rinchiusa.
L'ospedale, la chiusura della bara, la messa, la marcia lenta al cimitero... tutte queste cose le avevo sopportate, ma quando la bara comincia a scendere sottoterra, allora ti accorgi che è davvero arrivato il capolinea per quella persona, e anche per una parte di te.
Non c'è ritorno una volta ricoperta la cassa, anche l'ultimo attimo di vicinanza viene sotterrato e ti ritrovi davvero senza più qualcosa, senza possibilità di riprendere quel che è caduto fin là sotto;fu allora che crollai, in ginocchio come se mi avessero segato i tendini delle gambe con un sol colpo.
Albert, come gli si confà, venne lì e si inginocchiò di fianco a me, senza pronunciare niente e senza guardarmi, o almeno così immagino stesse facendo, dato che in quel momento la mia percezione sensoriale era annullata.
Stette lì fintanto che io, tornato a "sentire", mi girai verso di lui; il suo volto, la sua espressione, era la solita maschera seria, ma fu rassicurante vederla e sentirla familiare, ora che avevo perso quella che era la mia famiglia, ora che lei era stata sepolta assieme a tutto quell' amore che pensavo la rendesse immortale... Patricia... mi sanguina il cuore... mi manchi...
mi alzai, senza che Albert mi aiutasse (seppur straordinariamente gentile per l'occasione, era comunque Albert), non salutai nessuno che non fosse la mia defunta moglie, e uscii dal cimitero lasciandomi alle spalle la mia vita, e tanta gente in silenzio.
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(5giorni dopo)
La gente entrava nel teatro in una fila ordinata, una vera e propria parata di personalità celebri della città, mischiati ad altri cittadini, i pochi appassionati e fortunati, che erano riusciti ad accaparrarsi il costoso biglietto per quello che era stato definito "l' avvenimento teatrale del decennio".
Jack Minadite aveva annunciato l'anno prima il suo ritiro dalle scene, e dichiarato che avrebbe tenuto il suo ultimo spettacolo una sola volta, e solo in quella cittadina che gli aveva dato i natali.
Una decisione che aveva fatto storcere il naso al pubblico di tutto il mondo, ma giustificata dalla bizzarria dell'attore, eclettico ed imprevedibile; in quella città era un vero e proprio eroe, l'unica persona tra i suoi abitanti che era riuscita a diventare una vera e propria eminenza in ambito mondiale, quindi il sindaco e tutte le autorità comunali erano fiere dell' evento, che avrebbe dato alla città un avvenimento di portata notevole.
Ovviamente non mancava nessuna delle succitate autorità.
I posti erano ormai stai tutti occupati in maniera frettolosa ma ordinata dai fortunati possessori di un biglietto, ed era quasi ora dell'inizio.
Come suo solito, Minadite non aveva accettato le richieste delle televisioni(nazionali e locali)di riprendere il suo spettacolo; nessuno dei suoi spettacoli era mai stato ripreso e trasmesso in tv, lui non voleva, era convinto che i suoi monologhi dovessero nascere dentro lui e morire nei teatri, questo ripeteva sempre a chi gli domandava il perché di questa sua decisione.
Tutti gli spettatori erano ormai seduti, le maschere fecero l'ultimo giro di controllo e chiusero i tendoni all'ingresso della sala, il mormorio dei presenti in sala andò pian piano scemando con l'abbassarsi delle luci, e quando il buio divorò il teatro, il sipario si aprì accompagnato dall'ordinato applauso del pubblico.
Un sola luce centrale illuminava la scena, spoglia di qualsiasi arredo scenico fatta eccezione che per una sedia al centro del palco.
L'applauso crebbe quando Jack Minadite fece il suo ingresso in scena, vestito con un lungo cappotto nero.
Camminò lento fino alla sedia, si girò verso il pubblico e attese il mutare dell'applauso in silenzio; quando ciò avvenne, si sedette sulla sedia, illuminata da quell'unica luce centrale.
Respirò a fondo, estrasse dalla tasca il suo unico oggetto di scena(oltre alla sedia)e cominciò il suo ultimo, attesissimo monologo.
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IL suono del telefono mi strappò da un sogno per nulla gradevole, e fui grato di questo a chiunque mi stesse chiamando.
Nel sogno ero in un tetro corridoio d'ospedale, che sapevo essere quello dove era ricoverata mia moglie. Le pareti erano fatiscenti e piene di crepe, la luce in generale fioca e "malaticcia", arrivavo davanti ad una stanza con sulla porta una targhetta recante una scritta strana: "sala di sospensione, festa dei tubi!!".
Entrai e la vidi; mia moglie stava sdraiata su di un letto bianco, immobile.
Dalle pareti e dal soffitto uscivano decine di tubicini e sonde che si andavano a ficcare ovunque nel suo esile corpo. nonostante gli occhi fossero anch'essi intubati, lei riuscì a girarli verso di me e, con la bocca piena di tubicini, riuscì comunque a parlarmi: -ciao tesoro, hai visto? Questi tubicini mi tengono in vita. Fanno un po' male all'inizio, ma i dottori dicono che mi ci abituerò!-
erano le parole che mi disse il primario il giorno del ricovero. stavo per andare a strappargli di dosso quelle cose, quando il suono invadente del telefono mi ripiombò nella realtà; mi ero addormentato sul divano, piangendo, il cuscino era ancora bagnato.
Mi alzai, sbandando nel mettermi in piedi, arrivato fino all'apparecchio sollevai il ricevitore,.
Se la telefonata che mi aveva annunciato il peggiorare delle condizioni di mia moglie fu la più brutta che ricevetti nella mia vita, questa fu sicuramente la più strana. riattaccai dopo aver ascoltato quel che mi venne detto dall'agente Gardner, rimasi in piedi davanti al telefono almeno per due minuti, muto a pensare a quel che mi era stato appena riferito, poi raccolsi quel che di intero rimaneva dentro di me ed uscii di casa infilandomi il cappotto.
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Quando l'applauso divenne silenzio, l'attore alzò la mano in cui stringeva il detonatore, ed alzandosi dalla sedia aprì il lungo cappotto, lasciando vedere a tutto il pubblico i pacchi di esplosivo, attaccati alla tuta bianca che indossava con dello scotch da pacchi.
Ci fu un po' di rumoreggiare in scena, ma quando Minadite attaccò a parlare, cessò di colpo;
-sarà l'ultimo temporale di parole che dirò in un tempio teatrale, e solo alla fine deciderò se seppellire me, e voi pure sebbene innocenti, sotto le macerie del simbolo della mia unica motivazione di vita!-
qualcuno sorrise, pensando che la trovata era davvero d'effetto, qualcuno abbozzò un timido applauso, altri rimasero impressionati dalla potenza di tale finzione.
-l'esplosione può cancellare e creare un nuovo caos da ordinare, per ripartire dal mucchio che poi diventa fila...-
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Arrivai al teatro dopo 10 minuti, in macchina la radio non parlava della cosa e mi sentii sollevato, niente panico significava niente ressa.
Fuori dall'edificio c'erano 3 macchine della polizia parcheggiate, 3 agenti stavano in piedi davanti all'ingresso, uno era sulla vettura a comunicare via radio(supposi col dipartimento);scese dalla vettura e si avvicino ai suoi colleghi
-commissario-disse Albert -la situazione è invariata-. lo guardai, rimanendo ancora sorpreso, dopo tanti anni, della sua impassibilità agli eventi
-ha chiesto di parlare con lei, solo con lei...-
-e come?-replicai, ancora stordito dallo sgradevole sonno serale
-ha il suo numero di cellulare, dovrebbe chiamare tra qualche minuto-
-rispiegami la situazione, Albert, per telefono era tutto un po' confuso-
-dunque:Minadite si è presentato sul palco, facendo vedere agli spettatori una serie di pacchi di esplosivo legati al suo corpo, quando lo spettacolo è cominciato ha mostrato al pubblico un detonatore, e ha detto che solo alla fine dello spettacolo deciderà se azionarlo o meno- fece una pausa- ovviamente gli spettatori pensavano si trattasse di una trovata scenica, ma lui stesso ha telefonato al commissariato dicendo che non la era, poi ha fatto espressa richiesta di parlare solo con lei, dicendo che se si fosse presentato avrebbe fatto uscire la gente dal teatro... ovviamente solo alla fine dello spettacolo... questo è quel che sappiamo...-
guardai per terra cercando sull'asfalto bagnato qualche parola da dire, ma mi venne da pensare solo
-assurdo...-
Conoscevo Minadite, eravamo amici dai tempi delle scuole, e anche se gli impegni lo avevano portato per anni in giro per il mondo, a volte si faceva ancora sentire, ogni tanto ci eravamo anche visti per bere qualcosa e fare qualche chiacchiera, nei suoi rari ritorni al paese.
-le entrate?-chiesi distrattamente ad Albert
-sono aperte, ma ha detto che se vede entrare qualcuno che non sia lei, farà saltare tutto... che dice, sta recitando o è vero...?-
Bella domanda! pensai. Minadite è sempre stato un tipo particolare, e del resto ha scelto di vivere nell'unico modo che sapeva fare, recitando ogni giorno. A volte, da ragazzo, partiva con sceneggiate e discorsi strani, si metteva in piedi ad interpretare i suoi personaggi inventati nelle lunghe pause silenziose che spesso aveva.
Del resto era anche per quello che andavo d'accordo con lui, era un eclettico, un artista, e mi affascinava tutta la fantasia che era in lui e che in me latitava. Ero anche uno dei pochi che non lo prendesse in giro per quel suo modo bizzarro di essere, a me piaceva.
Per la seconda volta in una giornata, il telefono mi staccò dalle mie astrazioni, solo che stavolta era il mio cellulare, e sapevo già chi mi stava chiamando;sollevai l'aggeggio e vidi il nome sul display(jack).
Schiacciai il tasto della risposta...
-Jack...?-
-Arold...-
La sua voce era calma.
-puntuale come sempre...-disse in tono sereno-suppongo che il tuo vice ti abbia già informato di tutto, e so anche che tu sai che non sto recitando... non completamente, almeno...-e in effetti aveva ragione, perché, non so per quale motivo, sapevo che stava facendo sul serio.
-Jack-dissi a voce alta, per farmi sentire dagli altri in modo che si preparassero-ora entro, va bene?-
silenzio, poi
-Perfetto! io ho finito pochi minuti fa, quando entrerai, ovviamente da solo, lascerò uscire il pubblico-riattaccò.
Rimasi pochi secondi immobile con il telefono in mano, poi mi girai verso Albert e gli altri ragazzi
-io entro, da solo. Voi aspettate qui, appena sarò entrato, lui farà uscire la gente;assicuratevi che stiano tutti bene e poi mandateli a casa, non voglio casino...-
Albert annuì, gli altri risposero con un deciso si, ed io mi incamminai verso l'ingresso del teatro
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scostai la tenda rossa che separa l'atrio dalla sala del palco, e sentii immediatamente il vociare della gente che, comunque seduta ordinata, tradiva il panico di chi è in ostaggio. qualcuno piangeva senza fare troppo rumore, come se l'opera fosse ancora in atto, e guardando sul palco lo vidi.
Quando la gente si accorse di me, il mormorio diventò più sostenuto.
Una voce, che riconobbi essere quella del sindaco, disse
-commissario, grazie a dio!! vuole far saltare tutto, è impazzito! faccia...-si accorse che non lo stavo ascoltando, la situazione assurda mi aveva catturato, ora guardavo solo jack-... qualcosa-
Mentre mi avvicinavo al palco, jack stava immobile e mi sorrideva, con in mano quel piccolo attrezzo dall'enorme potere.
Quando fui quasi sotto al palco, mi salutò
-buonasera commissario! giusto in tempo per portare la gente lontano da tutto questo... prego!-disse alzandosi e facendo un inchino-salga su...!-
Salii usando una scaletta di lato al palco. Quando fui su, Jack si rivolse al pubblico in tono gentile ed impostato.
-Ringrazio lor signori per aver assistito al mio ultimo monologo, spero che vi sia davvero piaciuto! Ora gradirei che lor signori ringraziassero il commissario, che con il suo tempismo ed il suo coraggio vi permetterà di tornare al sicuro(in tono sarcastico)nelle vostre deliziose casette!-
La gente rimase per qualche attimo in silenzio, poi, in una scena surreale, i primi "grazie" cominciarono a levarsi dalle loro bocche, fino ad essere un coro disomogeneo.
Assurdo! pensai ancora.
-Bene!-disse Jack-commissario?-
deglutii, e mi rivolsi al pubblico.
-Ora... potete uscire... ordinatamente dal teatro, senza accalcarvi... non c'è più pericolo alcuno qui, per voi...-guardai Jack, lui annuì-fuori, ci sono alcuni agenti di pattuglia... che si accerteranno delle vostre condizioni... dopo di ché, vi pregherei di tornare a casa, non sostate qui fuori... vi terremo informati... sugli avvenimenti...-
La gente cominciò a muoversi, inghiottita dalla tenda rossa uscì in maniera sorprendentemente calma dalla sala;nell'uscire, il sindaco si voltò e si rivolse a Minadite-Sei un pazzo! un delinquente..!-sua moglie lo prese per un braccio, dicendogli di calmarsi.
Minadite, abituato tanto alle lodi quanto agli insulti del pubblico, non si scompose
-vedo che non avete ancora perso l'arroganza che vi ha sempre contraddistinto, signor sindaco... ora, se volete lasciarmi solo con il mio amico commissario...-disse indicando con un plateale gesto delle braccia l'uscita.
Il sindaco rimase fermo a ribollire di rabbia, poi incontrò il mio sguardo, rassicurante ma severo, si girò e se ne uscì, dicendo a voce alta-BASTARDO, PAZZO!-.
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Il teatro era rimasto vuoto, o almeno lo erano i posti a sedere.
Quando la gente uscì, mi girai verso Jack, il quale mi fissava con un sorriso compiaciuto(lo stesso di sempre)sul volto.
-ciao jack-dissi
-buonasera, commissario-rispose in tono impostato e sereno
-mi... mi spieghi che stai cercando di combinare...?-
si sedette sulla sedia che stava giusto dietro a noi, in maniera ovviamente molto teatrale, incrociò le dita delle mani, e dopo aver guardato a terra per alcuni secondi, alzò la testa in mia direzione.
-Vede, commissario..-
-chiamami con il mio nome...-
non sarebbe scenico, siamo sopra un palco...-
-... va bene..-
-dicevo.. vede commissario, sono nato in questa città e vi ho vissuto per parecchi anni, pensando che non fosse esattamente il posto migliore del pianeta, soprattutto per me. In gioventù, a parte lei, non avevo molti amici con cui giocare, gente che accettasse il mio... diciamo "bizzarro" modo di essere... e credo che se noi siamo andati d'accordo era solamente perché anche lei era piuttosto particolare...-
cercai di non distogliere lo sguardo dal suo, e di tenere d'occhio il piccolo detonatore che stringeva nella mano... sembrava calmo, nonostante avesse nel suo palmo il potere di far esplodere quel posto; poi pensai una cosa e feci una domanda:
-è vero quel detonatore, jack?-
mi guardò in silenzio...
-certo, commissario...-
dal suo tono, non ebbi più ragione di dubitarne... ma c'era qualcosa che non capivo, qualcosa di sbagliato che strideva nel sottofondo dei miei pensieri...
-C'erano delle persone, commissario, che non accettavano il mio modo di essere; normalmente si pensa che se una cosa non ti piace, la eviti... ma quando una cosa ti fa paura, perché mina a quella che è la tua normalità, il tuo mondo semplice e soprattutto il tuo orgoglio, allora le muovi guerra.-
ora il suo parlare mi distolse dal resto.
-vede, lei commissario ha sempre avuto un carattere forte e cocciuto, è sempre stato un poliziotto e la sua mente, nonché la sua persona, erano impegnate in pensieri che lasciavano ben poco spazio ad altro... è sempre stato rispettato perché tutti gli altri ragazzi sapevano quanto lei fosse forte e determinato, quanto fosse un acuto osservatore, nonostante non ne avesse mai fatto sfoggio... certe cose vengono percepite a livello inconscio... lo sa che molti animali, quando lottano per la supremazia sul branco o per una femmina, nemmeno si toccano? basta uno sguardo, un ruggito, e l'avversario capisce se il suo rivale è più o meno forte di lui.-
ancora sentivo stridere qualcosa...
-io invece, sono sempre stato un artista, un eclettico, e come tutti gli artisti avevo un dono... vedevo, elaboravo ed esternavo... e loro lo sapevano, sapevano che io riuscivo a vedere, come lei commissario, tutte le loro debolezze, le loro banalità, il loro essere ignobili e vuoti.-
silenzio
-ed è per questo che avevano paura... di lei, ma con lei non potevano prendersela! ma con me... lo sfigato, il diverso, quello scemo e strano... con me si, con me potevano prendersela...-
sapevo che quel che stava dicendo era vero..
-Le prese in giro, gli scherzi, anche le botte... ovviamente sempre quando lei non c'era, commissario... tutto per esorcizzare la paura, la paura che i miei... i nostri occhi facevano a quella gente... poi me ne sono andato, ho messo la mia arte in opera e sono diventato quel che sono ora... una leggenda vivente...-
si interruppe e deglutì.
-la paura, commissario, la paura perché noi vedevamo, e sapevamo quel che questa gente aveva davvero dentro, le debolezze... tutte... ed ora, che queste persone sono diventate chi il nostro caro sindaco, chi l'imprenditore più ricco di questo paese, chi ricco per eredità e si fregiano di blasoni nati dal nulla come fossero titoli nobiliari ancestrali, sono costretti a venire a vedere il mio ultimo spettacolo!!!-
disse le 2 parole finali alzandosi di scatto, istintivamente portai la mano alla fondina, se ne accorse e mi tranquillizzò.
-No, commissario, stia tranquillo... ha capito? mi odiano, hanno ancora paura di me, ma sono costretti ad osannarmi!!! le stesse persone che hanno reso la mia vita in questa città un inferno!!!!! ed io...-tornò a sedersi-non posso far altro che continuare a guardarli, a vedere quanto siano miseri... e prendermi la mia rivincita... rumorosa, roboante! ESPLOSIVA!!!-
il mio telefono squillò, rompendo il silenzio tra le parole di Jack.
-risponda, commissario, interessa anche a me quella telefonata...-
senza capire il vero senso di quella frase, risposi
-pronto?-
-commissario sono Albert! come va li dentro?-
-... bene, Albert-anche se in realtà non capivo affatto come stesse andando, capivo ben poco di quel che stava succedendo, e quel fastidioso stridere in fondo al cervello...
-commissario volevo avvisarla che la gente è stata mandata tutta a casa, ci siamo accertati che nessuno avesse subito danni e che arrivassero nelle loro abitazioni, ora il piazzale del teatro è libero, siamo rimasti qui io, firkin, o'malley, brown, stancy e claym-
-bene... bene Albert.. Rimanete li, vi chiamo io più tardi...-
-commissario..-per la prima volta in da quando lo conosco, avvertii un inflessione preoccupata nel tono di Albert-.. è sicuro che vada tutto bene...?-
no
-si, Albert... almeno spero... a dopo..-
riattaccai, e tornai a guardare Minadite, che mi guardava come in attesa di sapere qualcosa
-era Albert, il mio vice... ottimo poliziotto... magari un po' burbero, ma ottimo... ha detto che la gente è arrivata nelle rispettive abitazioni... tutto regolare...-
-bene...-disse Jack con il tono compiaciuto di chi vede che tutto va secondo i piani, e lo stridio nel mio cervello aumentò.
-già, commissario... noi su di un palco, e nonostante questo saremo gli spettatori!-
non capivo
-come?-
lo stridio aumentava ancora...
-vede commissario... c'è solo un luogo che ho sempre amato in questo paese, ed è proprio questo teatro...-
c'era qualcosa che non andava, qualcosa di sbagliato!
-ma allora perché lo vuoi distruggere...?-domandai, mentre il mio cervello cercava di capire.
-...-silenzio, poi si alzò lentamente
-... non lo voglio distruggere... voglio che sia il mio rifugio... mio e di chi stimo... il nostro rifugio...-
lo stridio ora era altissimo, copriva quasi le parole di Jack!
-... non si é chiesto perché ho voluto che lei fosse qui?-
-... no... non lo so, non riesco a capirlo...-
lo stridio mi stava per far cedere la testa
-... perché lei abita di fianco al sindaco, commissario...-
ora il rumore era insopportabile e...
Lo stridio cessò di colpo, proprio quando Minadite alzò la mano nella quale stringeva il detonatore, e cessò perché tutto divenne chiaro nella mia testa.
Quel che non mi tornava era un particolare, che divenne palese quando Jack alzò il braccio:non c'erano cavi che lo collegassero all'esplosivo indossato da Jack, ma una piccola e tozza(nonché potente)antenna su di esso. La seconda cosa, fu l'ultima frase pronunciata da Minadite; cercai la pistola nella fondina, consapevole che mai sarei stato veloce abbastanza da fermare quel che stava inevitabilmente per succedere, ma tentai comunque... alzai l'arma proprio mentre Dinamite stava premendo il bottone, ed una rassegnazione pesante quanto un macigno mi stritolò.
Il rumore delle esplosioni arrivò attutito dalle pareti insonorizzanti del teatro.
Riuscii a contare solo le prime tre, poi smisi e, con la pistola che puntava terra e i miei occhi sul volto di Jack, che era serio e immobile, lasciai che l'adrenalina finisse il suo effetto.
-qua... quante sono...?-
chiesi in tono catatonico
-7... tutte quelle persone che hanno reso la mia gioventù un inferno, commissario...-
non aggiunse altro. Si tolse il finto giubbotto esplosivo, mi porse le sue braccia per essere ammanettato.
Mentre uscivamo dal teatro, i rumori di sirene e camion di pompieri impazziti cominciarono a resuscitare dalla strada, invadendo le nostre orecchie... mentre il mio cervello era ancora ammutolito...
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- Ottimo esordio con un ottimo racconto. Davvero piaciutissimo. Tecnicamente perfetto con un ottimo dosaggio della souspance.
Complimenti