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Come i maiali
"Lei sta insinuando che io sto mettendo all'ingrasso mio figlio per...". Il signor Foster sembrava indispettito e divertito allo stesso momento. I suoi denti bianchi lo guardavano e Matt guardava i suoi denti bianchi.
'Si, è quello che sto dicendo', pensò Matt. Anche se adesso non ne era più molto convinto; anzi, iniziava a sospettare della sua stessa sanità mentale. Come gli era potuta venire in mente un'idea del genere? 'È solo uno dei tanti bambini obesi che popolano la nostra città anche se prima era magro come un chiodo e sorrideva sempre'.
Il poliziotto lo guardava con aria divertita. Aveva ricevuto una chiamata dalla stazione dieci minuti prima: bambino in pericolo o qualcosa del genere. Aveva acceso le sirene e si era precipitato sul posto. Ora si stava grattando la fronte, in evidente imbarazzo. "Signore, farò finta che questa chiamata non sia mai arrivata. Lo sa che potrebbe passare un brutto guaio se il signor..."
"Foster". Denti bianchi famelici.
"... se il signor Foster decide di denunciarla?" Il poliziotto guardò Matt. Il suo sguardo di comprensione era lo sguardo di comprensione che si rivolgeva di solito ad un pazzo, ad uno da rinchiudere, la tipica persona che vostra nonna affetta da uno stato avanzato di Alzahimer non ci penserebbe un attimo a definire 'strano'. Questo sguardo infranse per un momento tutte le convinzioni di Matt.
"Io... ecco...", aveva la gola secca. "Penso che... no, no, lasciamo stare, chiedo scusa, mi scusi tanto".
Matt si girò e tornò verso casa a testa bassa. Solo quando la porta fu chiusa alle sue spalle iniziò a provare un po' di sollievo e la convinzione di quello che aveva fatto (chiamare la polizia per denunciare un tentativo di omicidio) riprese vigore in lui.
Aveva le prove, e anche se non poteva dimostrare facilmente quello che il signore e la signora Foster avevano intenzione di fare a loro figlio... be, qualcosa avrebbe fatto. Aveva visto la metamorfosi del bambino, il suo corpo gonfiarsi di grasso e lo sguardo affamato e bramoso del padre mentre guardava i salsicciotti che Cory ormai aveva al posto delle gambe.
Si era accorto della situazione un pomeriggio assolato, un mese fa circa. Anzi, per essere precisi, si era accorto di questo molto tempo prima, ma solo quel pomeriggio aveva preso consapevolezza di quello che stava succedendo (la lingua del signor Foster, gli sguardi e i denti bianchi).
La famiglia Foster si era trasferita di fronte a casa sua nel marzo dello scorso anno, tre mesi dopo la morte di sua moglie Tracy. L'amava tanto e il distacco era stato molto doloroso. A sessant'anni suonati si può ancora amare come a venti, questo è sicuro.
Da quando Tracy non c'era più, le sue giornate erano vuote e stramaledettamente lunghe e noiose. Si alzava dal letto e si dirigeva in cucina, metteva il caffè sul fuoco e poi si sedeva al tavolo da pranzo a fissare l'orologio appeso di fronte a lui. Il caffè si bruciava sempre.
Leggeva il giornale, andava a fare la spesa, ogni tanto passava al circolo di scacchi della città, ma ormai non riusciva più a rimanere concentrato per molto tempo. Riempiva le sue giornate mettendosi in veranda e stando lì, in un apatia densa come petrolio. Stava seduto e guardava. Guardava tutto e notava tutto e si annotava mentalmente tutto. La signora Kerry che spiava la sua vicina; il cane del dottor Wilson che si svegliava dal suo ozio ogni volta che il sole colpiva il suo muso e si trascinava nella calura inseguendo l'ombra dell'albero; il dottor Wilson che tradiva la moglie (l'aveva capito dal cambio di espressione del suo viso ogni volta che varcava la soglia di casa); il ragazzo dei giornali che aveva bisogno di una ragazza; il postino che tentava di nascondere goffamente la sua omosessualità. Guardare e annotare, questa era la sua giornata.
All'inizio i Foster non gli avevano fatto né caldo né freddo. Una famiglia modello, da pubblicità di merendine per bambini. Il padre: uomo di successo, 35 anni, bella presenza, sempre sorridente con quei suoi denti bianchi da cartone animato. La madre: donna attraente, un po' più giovane del marito (ma al giorno d'oggi chi può dire l'età esatta di una donna senza guardare la sua carta d'identità?), cattedra in sociologia nella vicina università. Il figlio: Cory, 7 anni, fino a tre mese fa 38 kg, sempre sorridente. Ma Cory era cambiato, ora pesava circa 80 kg e non sorrideva più.
Alle 7. 20 del mattino i Foster uscivano di casa. La madre partiva a razzo con la sua Camaro del '68, il padre invece accompagnava il figlio a scuola con una più modesta berlina nera. Si ricordava ancora quando qualche mese fa Cory usciva di casa sorridendo, pieno dell'energia tipica dei ragazzi a quell'età. In quel momento gli venivano in mente i suoi figli nel periodo della loro vita in cui nessuna minaccia poteva fermare la loro forza prorompente.
Più passavano i mesi e più Cory ingrassava e più triste diventava il suo sguardo. I suoi occhi erano quelli di un prigioniero che chiede aiuto ma non può (vuole) gridare. All'inizio non si era dato molta pena. 'Nel mondo ormai ci sono molti ragazzini che, per colpa di genitori non attenti (dei criminali, avrebbe detto Tracy), diventano obesi dall'oggi al domani', pensava seduto in veranda. Ma ben presto si accorse che l'obesità di Cory non era quella tipica di un McDonald's dipendente. Lo colpì un particolare che nessun altro avrebbe notato - a meno che non fosse stato anch'egli un grande appassionato dell'hobby giornaliero di Matt: quando il signor Foster guardava suo figlio, si leccava le labbra.
Si leccava le labbra come un uomo che brama del cibo. Come una persona che stia pregustando un piatto prelibato preparato con molta cura e in molto tempo. Come Jerry guardava Tom quando pensava di averlo ormai nel suo piatto. Ecco, era questa l'immagine che l'aveva colpito di più. Il gatto che brama il topo e che finalmente sta per affondare i suoi denti nel suo corpo.
Gli sembra follia la loro (non la sua, lui aveva capito tutto). Aveva paura ma anche tanta rabbia. Aveva anche pensato di affrontare di petto la situazione, ma poi si era guardato allo specchio e aveva desistito. Come mai poteva sperare di uscire vivo da una colluttazione con mister Denti Bianchi? Ormai era sicuro: il signore e la signora Foster stavano mettendo loro figlio all'ingrasso per poi mangiarselo.
Con questa consapevolezza aveva aumentato le sue gite in veranda. Guardava Cory uscire di casa per andare a scuola e tornare verso le 17, sempre con sua padre, sempre con il suo cuoco a fargli da autista. Tentava di incontrare il suo sguardo per fargli capire che lui era lì, che aveva capito e che lo avrebbe aiutato se lui glielo avesse concesso.
Si dice che i maiali non possano portare il loro sguardo al di sopra della linea dell'orizzonte, Cory ormai viveva a testa bassa. Non alzava mai il capo, come una vergogna indicibile da nascondere o come la rassegnazione di chi conosce già il suo futuro.
Alle 19 circa tornava la moglie perfetta con sacchetti contenenti cibo indiano, messicano, cinese, italiano, molto spesso con torte e borse della spesa sempre piene. Il cibo. Per il maiale.
Un giorno Matt decise che era giunto il momento di passare all'azione e di lasciare il rifugio della sua veranda per una breve passeggiata lungo la sua via, in attesa dell'arrivo della Mercedes nera. Ormai camminava lentamente e poteva solo sperare di essere vicino alla casa dei Foster quando questi fossero arrivati. Nell'impresa era aiutato da una vista sempre più debole e dalle gambe sempre più tremolanti. Tracy avrebbe sorriso di lui.
Fece un giro intero dell'isolato e tornò davanti a casa dei Foster. Si fermò per guardarsi intorno. Ancora non si vedevano. 'Sarà per domani, allora... Sperando che non sia troppo tardi'. Iniziò ad incamminarsi verso casa quando con la coda dell'occhio vide un movimento: una berlina nera si stava avvicinando lentamente. Arrancava come se al suo interno trasportasse due pachidermi che con il loro peso schiacciavano il suo corpo di metallo sull'asfalto.
Matt piroettò su se stesso e con la massima indifferenza di cui era capace riprese a camminare lentamente verso casa dei Foster, pronto ad intercettare lo sguardo di Cory.
La macchina si fermò davanti al vialetto che conduceva alla porta di casa. Si fermò anche Matt. Dalla macchina scese per primo il signor Foster, impeccabile come al solito. Vide il vecchio vicino di casa e gli lanciò un saluto con un cenno del capo. "Hey signor Matt, come andiamo?"
"Signor Foster, che piacere". Non ci credeva neanche un po', ma doveva fingere per il bene di Cory. "Tutto bene, grazie. Lei come sta? Si è ambientato nel quartiere? E sua moglie?"
In quell'istante si aprì la portiera posteriore della macchina. Si udirono dei grugniti, dei respiri affannosi. Un piede si abbatté per terra e una mano rotonda, senza più dita, si appoggiò alla portiera. L'essere che si stava issando fuori dalla macchina stava facendo uno sforzo micidiale.
'Che cosa ti hanno fatto...' pensò con profonda pena Matt. Non poteva non guardare e anche il signor Forster si godette lo spettacolo. Quando Cory finì tutte le sue manovre, si sentì uno scricchiolio e la macchina si alzò di dieci centimetri.
"Ciao Cory", fece Matt, "Come va, ragazzo?"
Cory alzò lo sguardo (inarcò la schiena) e i loro occhi si incontrarono per un attimo. E Matt in quel momento capì che quanto aveva immaginato era vero. I suoi genitori volevano mangiarlo. I suoi occhi chiedevano.
Foster aveva avvertito lo scambio che era avvenuto tra i due. "Dai Cory, a casa che devi fare i compiti", il tono di Foster non era duro, ma Cory ubbidì subito come un cane pavloviano alle scosse di corrente. Poi si rivolse ad Matt, con un tono diverso da quello del buon vicino: "Arrivederci signor Matt, mi stia bene".
Il suo sguardo incenerì Matt. 'Questo cibo è mio!' sembrava dire. 'Non ti avvicinare'. Ad Matt venivano in mente gli sguardi di quegli animali che si vedevano nei documentari, quegli animali che lottavano per il cibo e che erano pronti ad uccidere pur di difendere la gazzella ammazzata dopo una lunga corsa faticosa per le pianure africane.
Matt tornò a casa e si chiuse la porta alle spalle. Ormai sapeva che domani Cory sarebbe morto. Mr Denti Bianchi avrebbe affondato le sue zanne onnivore nella carne morbida e grassa del figlio. Lo avrebbe cucinato, forse in padella, con del vino rosso.
Quella notte non riuscì a dormire, pensava a quel ragazzo biondo che ormai era un pezzo informe di carne. Cory divenne un maiale che rotolava nel fango della sua cucina e Matt tentava di fermarlo ma non riusciva ad afferrarlo.
Verso le sei del mattino decise che era inutile continuare a stare a letto. Decise di andare dalla polizia a denunciare i signori Foster. Si vestì in fretta e uscì di casa. Entrò alla stazione di polizia verso le otto e si diresse con passo deciso verso il poliziotto dietro il bancone. "Vorrei sporgere una denuncia, c'è un minore in pericolo di vita". Il poliziotto lo fece accomodare e chiamò il suo collega.
"Deve venire subito con me, c'è un minore in pericolo di vita, i suoi genitori lo vogliono uccidere stasera". Ci mise tutto l'impegno del mondo per non sembrare un vecchio svitato. "Non so come e non so perché, ma mi deve credere. Le chiedo solo di venire a controllare la situazione".
Il poliziotto lo mandò vai, in modo gentile. Come si manda via una farfalla che si è posata sul nostro panino.
Matt tornò a casa. Si sentiva impotente ed inutile. Come poteva aiutare Cory? Non lo sapeva. Si sedette in veranda e chiese aiuto a Tracy ma non ottenne risposta. Stette tutto il pomeriggio lì, seduto a fissare il vuoto e a pensare.
Alle 17. 18 arrivò la macchina dei Foster, Come al solito ne scesero Cory e il padre. Cory si girò (un piede per volta, con estrema cautela e lentezza) e lo guardò ancora. Matt si alzò, sempre più preoccupato. "Cory!", gridò.
Il signor Foster prese il bambino per le spalle e lo condusse dentro casa. Lanciò ad Matt uno sguardo pericoloso.
Matt chiamò la polizia. A mali estremi, estremi rimedi. "Pronto?", adesso era veramente spaventato. "Si, polizia, ho bisogno immediatamente di una pattuglia. Nella casa di fronte stanno per commettere un omicidio".
Diede l'indirizzo, dall'altra parte del cavo gli dissero di stare calmo e di rimanere in casa, non uscire.
Dopo circa dieci minuti arrivò la polizia, una pattuglia, due uomini armati. Matt tirò un sospiro di sollievo, uscì di casa e si diresse verso di loro. Il resto lo sapete. Solo un pazzo poteva sperare che qualcuno credesse alla sua storia.
La pattuglia se ne andò e Matt tornò in casa. Si sedette in cucina a fissare l'orologio, a pensare a cosa fare.
Tic-tac, tic-tac...
Si decise. Doveva salvare Cory, anche a costo della sua vita. Tracy avrebbe fatto lo stesso. Lei diceva sempre che i bambini non avevano mai colpa. Non aveva un piano, avrebbe improvvisato. Forse questo gesto avrebbe dato la forza a Cory per ribellarsi e scappare dalla polizia. Non lo sapeva, ma doveva lo stesso provare.
Si fece forza, due bei respiri profondi. Aprì la porta di casa. L'odore dell'erba umida colpì il suo naso e gli fece venire in mente le notti d'estate di molto tempo fa. Aveva l'età di Cory e giocava con gli amici nel parco di fronte casa. Correva e rideva, sempre. Scese i tre scalini della veranda e attraversò la strada. Nella via tutto taceva.
Si diresse verso casa dei Foster e si fermò davanti alla porta. Diede una sbirciata dalla finestra. Il padre era in cucina e stava trafficando vicino ai fornelli. Cory era seduto e mangiava qualcosa che Matt non riusciva a capire bene. La madre non c'era, forse era di sopra.
Altri due respiri profondi e Matt si trovò dentro casa di mister Denti Bianchi. Era stato un attimo. Aveva messo la mano sulla maniglia, aveva abbassato la maniglia ed era entrato. Facile. Si diresse a passo spedito verso la cucina. Rumore di qualcosa che friggeva e di qualcosa che mangiava qualcosa.
Entrò in cucina. Cory smise di mangiare e lo guardò felice come non mai.
"Signor Foster, so tutto e voglio che Cory ora venga via con me, ora, SUBITO!".
Il signor Foster si girò lentamente e lo guardò con indifferenza. Cory si passò la lingua tra le labbra. 'Si, Cory, sono teso anche io', pensò Matt.
Matt percepì un movimento dietro di lui, un ombra si allungò sull'uscio della cucina. Matt si girò di scatto.
"Bene" disse la moglie di Foster "Abbiamo un ospite a cena".
Il signor Foster scattò e colpì Matt al petto con un coltello mentre la signora Foster gli teneva la bocca chiusa per non far sentire le sue urla. Non aveva idea di quante coltellate ricevette e dopo quanto tempo morì, sapeva solo che mentre la vita lo stava lasciando, Matt sentì Cory chiedere alla mamma se poteva mangiarlo questa sera stessa o se doveva aspettare fino a domani.
"No, piccolo mio, lo sai che prima bisogna spellarlo e dissanguarlo".
Cory si passò la lingua tra le labbra, pregustando il suo prossimo pasto.
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- Grazie mille!
- bè, nel suo genere avvincente e inquietante, cioè buono, nel suo genere