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È così che ci si ritrova
È così che ci si ritrova.
Stretti e scomodi come in un confessionale. Al tuo fianco c'è un ciccione con l'alito che sa di carne morta. Dorme mentre della bava gli cade dalla bocca. Due gocce sono già finite su un quotidiano di cui non riesco a vedere il nome.
Io ho un mal di testa atroce. È colpa di quella bottiglia di vodka scadente comprata in un discount di Whitechapel: il quartiere di Londra dove abito.
Mezza bottiglia di vodka era avanzata dal party che, Fabio e io, avevamo organizzato a casa nostra tre sere prima. Lui si era tirato nero come una scarpa nel fango di un rave e credo che avesse sniffato talmente tanta bamba da rischiare il decollo. Lo guardavo e avevo paura che da un momento all'altro il suo cuore sarebbe stato lanciato fuori dal petto per schiantarsi contro la mia faccia.
Non so come la vodka possa essere sfuggita dalle grinfie degli ospiti. Possiamo pensare ad un miracolo. Immaginate un ebreo salvo in un campo di sterminio nazista: quella è la mezza bottiglia di vodka avanzata.
Inizialmente non avevo pensato di bere. Volevo annullare ogni pensiero che si formava nel mio cervello, ma non sono riuscito a trovare nemmeno mezzo pezzo di eroina. Il mio pusher personale latitava, forse l'hanno beccato, ma non ha importanza adesso. C'è qualcosa che ha veramente importanza dopo tutto?
Ho dovuto ricorrere all'alcol. Era necessario.
È stata tutta colpa di quella telefonata.
Stavo guardando alla TV in sala un comico che prendeva in giro il Principe Carlo, ma non faceva molto ridere. Lo stavo guardando solo perché ero in attesa della mossa successiva. È questa la costante della vita. La mossa successiva. Non importa se è giusta o sbagliata. È il movimento quello che conta. Se non ti muovi, implodi. Muori.
Avevo appena finito di rollarmi una canna farcita di ottima erba WhiteWidow e una Guinness, quasi vuota, era sul tavolino in attesa di sentire le mie labbra per l'ultima volta.
Il telefono è suonato: era Dave.
Quando ho visto il suo nome, sono trasalito perché non me l'aspettavo.
Non sentivo Dave da mesi. Non ho più molti contatti con gli amici di vecchia data. Quelli della mia città natale. La nostalgia non va ricercata e sentirli mi faceva sentire così: nostalgico.
Alla mattina sono uscito di casa prima dell'alba. Londra a quell'ora è una città che si decompone. Puoi trovare i rimasugli della notte appena trascorsa.
Andando in direzione della underground, ho visto un uomo in giacca e cravatta, seduto vicino ad una saracinesca chiusa di un negozio. Era immobile come se fosse stato un cadavere messo lì da qualcuno. Aveva la giacca ricoperta di vomito.
È così che ci si ritrova.
Quando ho messo giù il telefono se mi avessero parlato non sarei stato in grado di dire niente. Dalla mia bocca non sarebbe uscito nessun suono. Il tasto OFF era stato premuto sulle mie corde vocali.
Sono andato in cucina, ho aperto il frigo e ho preso altre due Guinness e le ho bevute in meno di tre minuti. La voglia di autodistruzione, "self-destruction" come direbbero gli inglesi, si era impossessata di me. Una libidine dell'autodistruggersi incontrollabile.
Di chi era la colpa di tutto questo? Sicuramente anche un po' mia.
Sono tornato in sala e con uno sforzo immane ho provato a chiamare il mio pusher ma non ha risposto. Ero in piedi al centro della stanza pietrificato, come se avessi guardato la Medusa della mitologia greca e, ho visto la bottiglia di vodka sotto il divano. L'ho bevuta lentamente mentre prenotavo sul sito della Ryanair il primo volo disponibile. Ho dato l'ultimo sorso alla bottiglia nello stesso momento in cui mi chiudevo la porta alle spalle e sono uscito.
Fabio non era in casa, non lo vedevo da un giorno. Probabilmente si era perso nei meandri di qualche casa sconosciuta, In preda ad un "trip acido", da cui tentava invano di uscire. Ho comunque lasciato un biglietto per dirgli che per qualche giorno non ci sarei stato.
Ho preso la metropolitana che andava a Victoria Station.
Sul vagone c'era un bambino che suonava una chitarra, aveva il "sol" scordato e gli accordi erano completamente stonati. Mi sono stupito di trovarlo lì così presto, aveva le unghie lerce. Al collo aveva appeso un cartello, c'era scritto - i'm hungry, help me- i suoi occhi erano così tristi che non ho potuto guardarlo mentre gli davo 50 cent.
È Così che ci si ritrova.
Arrivato a Victoria Station ho preso il treno che porta all'aeroporto di Heathrow. Ora mi trovo su questo aereo vicino al ciccione addormentato che continua a sbavare sul suo giornale chiuso.
La parola del giorno è "ritorno". Ritorno alla città che avevo lasciato un anno prima inseguendo il sogno di Londra.
Ritorno alla casa dei miei genitori.
Ritorno allo sguardo vuoto e desolato di amici che ho abbandonato, perché non riuscivo più a sopportare l'idea di essere come loro.
Un'altra parola del giorno è "bara". La bara in cui si trova il mio amico Teo. Si è buttato giù dal ponte ieri e cadendo per fortuna ha sbattuto la testa su una pietra ed è morto subito. L'ha fatto perché il suicidio, quando vivi nel nulla, non è la soluzione ma rimane comunque un'eccellente opzione.
È così che ci si ritrova. Stretti e scomodi come in un confessionale.
In una bara o su un sedile di un aereo.
È così che ci si ritrova.
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