Un pugno in pieno volto può causare tutta una serie di strane sensazioni, alcune inaspettate. Non è il dolore la prima cosa che si percepisce, come forse verrebbe spontaneo pensare, anzi nell'ordine degli eventi è quasi sempre l'ultima.
La prima è una preoccupazione cosciente, perché, se lo si vede arrivare, e in genere si fa in tempo a vederlo, invariabilmente un pensiero ancora coerente attraversa il cervello, ed è "mi farà molto male, forse mi spaccherà qualcosa". Questo pensiero dura solo una frazione infinitesimale di secondo e, mentre il maglio si sta avvicinando alla sua incudine, si fa ancora in tempo a provare un senso di rassegnazione, di fatalismo e di speranza, la speranza che non sia un evento devastante.
Poi arriva il colpo.
Di per sé non è una cosa così tremenda, al momento; si avverte l'urto, ma ancora nessun dolore, nessuna sensazione veramente spiacevole. L'attimo in cui le nocche sprofondano nella carne è quasi come fosse la liberazione da un indugio che sembra eterno; se ne sente la durezza, la forza dell'impatto che si propaga nella testa con il moto di una lunga frusta, ma è come se colpissero qualcun altro.
Subito dopo, però, il cervello sembra esplodere, come un vetro caldo immerso nell'acqua gelata, e per un po' smette completamente di pensare; da questa esplosione una miriade di frammenti luminosi e colorati si proiettano sulla faccia interna delle palpebre serrate, rimbalzando l'uno sull'altro fino a spegnersi, alla maniera delle scintille di braci smosse.
Spente le scintille resta solo il buio, un buio totale che non si dissolve neppure se si trova la forza di riaprire gli occhi; ma non è ancora finita, perché, a questo punto, si perde del tutto il contatto con il proprio corpo e si diventa incapaci di compiere qualsiasi movimento, qualsiasi percezione viene annullata e per qualche istante non si esiste più.
La penultima fase è quella del ritorno; si sente la mente mentre si riappropria di ciò che le appartiene, per gradi, partendo dalla testa fino alle estremità, come se facesse l'inventario di tutte le parti di sua competenza.
E in ultimo arriva lui, il dolore. Arriva come una conferma e ti dice che sei ancora vivo, che tutto sommato poteva andarti anche peggio e che dovresti essergli grato perché ti restituisce l'idea di te stesso. E un certo senso di gratitudine lo provi davvero, e assieme a questo, per il fatto di essere ancora vivo e di poter pensare, ti fai prendere da una gioia strana, che si mischia al sapore del sangue che ti riempie la bocca.