Ma lasciamoli andare!
Anzi dobbiamo essere grati che i nostri giovani studiosi più dotati riescano a trovare paesi ospitali, che danno loro tutto il necessario per specializzarsi e realizzarsi professionalmente.
Se così non fosse, talenti umani andrebbero sprecati, visto che in Italia non avrebbero possibilità di coltivare la loro professionalità e men che mai di esercitarla.
Un ottuso campanilismo (o una furbesca ipocrisia per stuzzicare la plebe) fa schiamazzare politici e giornalisti nostrali, che recriminano la sottrazione di patrimonio nazionale da parte di avidi e astuti paesi stranieri, a danno di un paese, il nostro, distratto e generoso. Facciamoli tornare, anzi rubiamo i loro cervelli, qualcuno sobilla.
La triste realtà è che questo paese non solo non sa preparare i propri ricercatori, ma non saprebbe neanche che farsene, non sarebbe neanche in grado poi di utilizzarli. Non a caso l'industria italiana non finanzia la ricerca, come invece avviene altrove.
Una lacuna culturale ci nega una società moderna in cui la scienza giochi un ruolo primario, come avviene nell'insieme dei paesi occidentali, cui ci illudiamo di appartenere. Così purtroppo non è, all'occidente ci lega poco più di una semplice contiguità geografica. Nella nostra opinione pubblica l'ottica scientifica non è popolare, anzi suscita diffidenza, surclassata da quella fideista cattolica.
Quindi non conviene neanche porsi l'obiettivo di trattenere i nostri cervelli, investendo nella scuola. Creeremmo professionisti sprecati, che poi dovrebbero comunque andarsene all'estero a lavorare.
Lasciamo allora che se ne vadano subito, così almeno evitiamo la spesa improduttiva del loro addestramento e soprattutto lasciamo a loro la possibilità di ambientarsi in giovane età nei paesi dove comunque finirebbero a lavorare e vivere.
Ci consolerà vederli tornare da pensionati illustri a ricoprire cariche onorifiche e a raccontarci cos'è la ricerca, negli infiniti convegni che nel paese delle chiacchiere abbondano.