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La donna del lago-verso la fine-
"Buona sera dottore".
"La vedo più tranquillo, è riuscito a concludere?"
"... Sì, direi di sì".
Lo psicoanalista lo guardò negli occhi aspettando. Questa volta Filippo si era seduto nella poltrona di fronte a lui, era più calmo, il tono muscolare precedentemente rigido aveva ceduto il posto ad un corpo rilassato, a suo agio. Accavallò le gambe, allungò la mano sulla scrivania e cominciò.
"Non ero del tutto convinto ma, ho fatto come mi ha detto lei. Sono tornato a Montespertoli da mia nonna e ho cercato, ho frugato ovunque. Niente di particolare. Allora sono salito in soffitta, là mia nonna teneva le cianfrusaglie che non voleva buttare via, anche lì solo mobili e vecchi oggetti. C'era un grande baule con un lucchetto che mi ha incuriosito, non le sto a raccontare quanto ci ho messo per rompere quel lucchetto; ne è valsa la pena, purtroppo." Sospirò.
"Ancora non ci posso credere. Uno vive trentacinque anni con le sue sicurezze, le sue consapevolezze e... basta un baule per capire che io non so niente di me, NIENTE, su chi credevo di amare."
Il dottore non proferì parola, questo caso l'aveva incuriosito da subito. Non era il classico depresso o mitomane; aveva annusato immediatamente l'aria di mistero intorno a Filippo.
"All'inizio ho visto delle vecchie foto di mio padre insieme ad una ragazza, ho subito pensato ad una relazione precedente a quella con mia madre. Una ragazza carina, mora con uno sguardo dolce e le dirò, più la guardavo e più mi veniva da pensare che, in qualche modo lei avesse più affinità con me, rispetto a mia mamma.
Sembravano felici, almeno lei, sì.
Poi, nascosti sotto, dei ritagli di giornali che parlavano di una ragazza misteriosamente scomparsa. Era di qualche paese più in là, viveva con la zia e un giorno non fece più ritorno. Quella ragazza era la stessa della foto, mio padre la conosceva! Non volevo crederci, oppure, non potevo crederci!
Si chiamava Viviana e aveva ventiquattro anni.
Ho pensato che mio padre l'avesse conosciuta dopo mia mamma ma, guardando l'anno dei giornali ho avuto un brutto presentimento. Viviana è scomparsa nel 1975, mia mamma stava già con mio padre perché io sono nato in quell'anno.
Mi sono ricordato di un particolare: la mamma mi diceva spesso, da piccolo, che aveva aspettato tanto per avermi. Ho guardato dietro le foto e anche quelle erano state sviluppate nel 1974/75.
A quel punto ero sicuro che i miei genitori fossero coinvolti nella scomparsa di Viviana, ma non capivo come e perché."
Filippo fece una pausa, i suoi occhi divennero lucidi almeno per un attimo.
Ho dormito lì sperando di essere ispirato in qualche modo, lei voleva il mio aiuto e non me ne sarei liberato finchè non risolvevo. Ripensavo alle sue parole, un passo mi aveva colpito: 'diceva di amarmi mi ha affogata '. Possibile che mio padre avesse affogato quella ragazza? No, con me era sempre stato corretto.
Il giorno dopo sono stato al giornale locale, ho detto di essere un parente di Viviana e così mi hanno lasciato a visionare i files degli articoli passati. In uno di quelli sua zia raccontava che era felice, aveva trovato un compagno che presto le avrebbe fatto conoscere; lei non era sparita di sua volontà. Nessuno conosceva il compagno, si diceva fosse di un paese vicino ma nessuno li aveva visti insieme.
A quel punto è giunta la consapevolezza che fosse mio padre e che probabilmente la frequentava di nascosto alla mamma. Mi è caduto un mito, mia madre incinta e lui che aveva l'amante! No, non poteva essere lo stesso uomo che conoscevo io.
Pensavo di andare nel paese di Viviana a parlare con qualche suo parente, invece la macchina mi ha portato al lago. Stavo in cima al pontile e guardavo quelle acque scure, aspettavo, stavo in ascolto.
Poi un forte impulso; una chiamata, un comando, non so perché ma, mi sono tuffato.
E lì, sott'acqua guardavo quei suoni ovattati e qualcosa ha sfiorato la mia guancia ma non c'era niente. Mi apprestavo a tornare su, mi mancava l'aria e l'ho sentita. Viviana era lì, nel lago, per trentacinque anni sepolta nelle acque. Quello che mi ha detto, ha sconvolto l'ordine della mia vita; ho vissuto fino a pochi giorni fa nella menzogna, tutta la mia vita è poggiata nella falsità. Non sono chi credevo di essere".
Lo psicanalista di solito lasciava che i suoi pazienti rispettassero i loro silenzi, prendendosi tutto il tempo che volevano. Questa volta non ce la fece e lo incalzò a parlare.
"Cosa le ha detto?"
"L'ultimo tassello della filastrocca, non so se ero pronto per sentirlo...
Vieni da me
bambino mio
dalla mia pancia
a quest'oblio.
"Capisce dottore?"
Il dottore lo guardava ma non sapeva, una volta tanto, cosa volesse dire.
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