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Nel nome del padre (Terza parte)
La pioggia bucherellava le acque inquiete del fiume e picchiettava sulla testa grottesca di Goffredo, che tuttavia non provava alcuna repulsione e, anzi, accettava quel tocco brioso come un'energica eppur tenera carezza. Se era vero, infatti, che tutto quanto nasceva, sgorgava, si ergeva dal suolo era opera del diavolo, era altrettanto vero che ogni cosa che veniva giù dal cielo o in esso viveva era una benedizione del Signore.
Aprì il rubinetto di una piccola cisterna da raccolta e si versò un generoso bicchiere di pura acqua piovana. Non ne beveva altra e non mangiava che uccelli, perché quelle erano le offerte di Dio e lui lo rispettava. Il ponte dell'imbarcazione ondeggiò e lui con esso, rischiando di rovesciare l'acqua, ma riuscì a bilanciarsi sulla gamba più corta e rientrò in coperta.
Quella vecchia motonave turistica era la sua casa, una casa che poggiava sulla disgustosa urina di Satana ma che, in effetti, lo faceva sentire come Caronte, un traghettatore di anime dannate. Inoltre aveva il vantaggio di tenerlo alla larga dalla gente, gente che poteva tentarlo, gente che poteva incriminarlo. Lui non camminava spesso per le strade, e teneva le proprie lezioni sempre a pochi passi dal Po, per poter sparire senza lasciare tracce. E, infatti, non l'avevano mai preso.
Ma lo faranno, lo rimproverò suo padre, perché semini indizi ad ogni passo. Ti prenderanno, è solo questione di tempo, quindi datti una mossa!
I richiami di suo padre lo ferivano, ma erano giusti, sempre. Lui faceva quel che poteva con ciò che aveva a disposizione, perciò doveva necessariamente lasciare corde e ami sui luoghi delle lezioni, essendo le uniche cose di cui disponeva; e, ovviamente, c'erano le impronte, le impronte irregolari lasciate dai suoi piedi diversi. Avrebbero messo insieme i pezzi, prima o poi, magari avrebbero scoperto il cadavere del vecchio da cui aveva preso la barca ed il cappotto che indossava, ma lui sapeva cosa fare in tal caso, aveva un posto dove andare.
Le pareti di legno erano foderate di foto. Le foto dei peccatori, delle vittime, delle loro case, ma anche centinaia di foto di quel posto, il posto nel quale desiderava essere quando l'avrebbero preso, il luogo nel quale voleva morire. Era alto, il posto più alto della città, ed appuntito come una siringa che avrebbe iniettato la sua anima direttamente in paradiso. Ne aveva scattato foto da ogni lato, ne aveva prese alcune dai giornali, e tutte gli davano sollievo, perché suo padre aveva ragione, l'avrebbero preso, ma lui non vedeva l'ora di conoscere Dio.
Osservò con rammarico il buco che aveva sul cappotto, dove mancava un bottone, strappato insieme a un po' di stoffa dall'ultimo peccatore durante un'inattesa colluttazione. Lo aveva punito poco distante dall'ingresso dell'Ospedale Molinette per la sua avidità: lo aveva legato in modo tale da tenerlo seduto contro un muro, immobile e a testa china, gli aveva tappato la bocca e lo aveva coperto con un cappotto stracciato, da barbone, poi gli aveva sistemato un piattino sulla mano distesa a forza con una stecca nascosta. Il gomito poggiava su un innesco, l'innesco era fissato alla bocca di una tanica di carburante da imbarcazioni. Il peso del suo peccato, era il caso di dire, lo aveva ucciso. Aveva pagato la sua avidità, ed un benefattore troppo generoso ne aveva subito le conseguenze.
Bevve l'acqua, posò il bicchiere e si dedicò al lavoro da svolgere. La ragazza, legata ad uno dei seggiolini sui quali un tempo si accomodavano i turisti, lo implorava con lo sguardo. Il suo corpo poteva risultare eccitante, ma Goffredo non conosceva la tentazione grazie a suo padre, che aveva ammazzato sua madre e sua sorella prima che potessero far maturare in lui pensieri impuri e gli aveva mostrato quanto orrore vi fosse sotto una pelle in apparenza sensuale.
Si chiese quale fosse il peccato della giovane, poiché tutti ne hanno uno, ma lasciò perdere perché in questo caso lei era la vittima, la conseguenza. In verità quella divisa poteva essere considerata un peccato sufficiente, la divisa della polizia, dell'esercito del demonio, coloro che salvavano i peccatori anziché dispensar loro le giuste punizioni. Ma adesso gli interessava altro, gli interessava il detective lussurioso, Lentini, il prossimo peccatore. Lo aveva seguito per qualche giorno, lo aveva visto mentre abbordava maldestramente la ragazza e le dava il numero di telefono. Lei non lo avrebbe mai chiamato, ma lui si.
Le frugò le tasche e trovò tesserino e cellulare, ciò che cercava. Le dita tozze gli rendevano difficile usare il telefono, ma riuscì comunque a selezionare il numero di Lentini e ad inviargli un messaggio d'invito. Dal tesserino prese l'indirizzo della ragazza, Corso Moncalieri 45, e si sforzò di scrivere ciò che quel peccatore voleva sentirsi dire. Inviò il messaggio e si immaginò Lentini sulla scena del suo ultimo delitto, a vomitare per via del puzzo di cadaveri bruciati, che leggeva quel messaggio e si fiondava dalla ragazza tronfio d'orgoglio.
Rise forte, divertito, anche all'idea della punizione che avrebbe architettato a casa della giovane poliziotta, poi notò il nome scritto sul tesserino e si arrestò, limitandosi a sorridere incredulo. Conosceva già il suo nome, ma solo adesso si rese conto di quanto fosse simpatico. Ilaria Stella, si chiamava.
Accostò il proprio viso a quello di lei, respirò la paura emanata dal suo corpo, e le cantò la sua filastrocca preferita senza smettere di sorridere.
<<Stella stellina, la morte si avvicina...>>
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l'autore Vincenzo Mottola ha riportato queste note sull'opera
Il seguito di questa storia sarà pubblicato da Roberta Pizzuto, perciò basterà fare riferimento al suo profilo, come accaduto con la seconda parte e come accadrà con la sesta ed ultima. Buona lettura.
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0 recensioni:
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- @ Mottola: ahahahah! Ho pensato la stessa cosa riguardo al suono delle campane!
Eh sì, davvero... speriamo che i tempi di attesa per la pubblicazione della quarta, la quinta e la sesta parte, siano minori.
Ahah! Un killer di babbi natale... potrebbe essere un'idea.
@Ste: ahahah! Dal momento che non dipende solo da me, non posso promettere nulla... ma vedrò comunque di fare del mio meglio affinchè la povera Stella stellina ne esca viva!
- Si, la filastrocca funziona sempre, un po' come una giostra cigolante, ci sono cose innocenti che risultano agghiaccianti. Devo dire, Stefano, che avevo finito questa terza parte proprio una settimana fa, l'avevo scritta proprio sull'onda della parte di Robi, il ritardo è causa di forza maggiore, una lunghissima attesa per la pubblicazione!!
Sperando che il sito sia più clemente d'ora in avanti, ti ringrazio tanto e ti auguro di leggere presto la parte seguente di Robi.
- "Stella, stellina, la morte si avvicina..." Caspita, concordo in pieno con Robi... nessuna filastrocca poteva essere più azzeccata di questa
Già, c'è voluto parecchio per finire questa terza parte, ma devo dire che il risultato è ottimo... oltretutto ho l'impressione che tu abbia "indirizzato" molto bene il racconto. In pratica il cerchio si stringe sempre di più.
Ho anche notato che il tuo killer ha parecchia fantasia... ma davvero parecchia
Robi... ora sai cosa devi fare!!! La povera Stella stellina è nelle tue mani!!
- Sento un suono come di campane a festa, una settimana piena suppongo sia record!!
Grazie ancora, dunque, anche a nome della canzoncina!!
Speriamo di aspettare meno per vedere la parte successiva, altrimenti facciamo Natale, e un killer a Natale è un po' fuori posto, a meno che non si tratti di un killer di babbi natale!!
- ALLELUIA!!! Finalmente!
Ti rinnovo i miei complimenti anche per questa terza parte.
Vabbè, ormai è risaputo che nelle descrizioni sei un genietto! E quella canzoncina... azzeccatissima!
La fine si avvicina... sei pronto a dire addio al tuo killer? Auahahah! Scherzo, dai!
Okay, ora tocca nuovamente a me! Vado a creare!
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